di #LilliKnowsItBetter (alias Liliana Onori @cipensailcielo)
Stephen King una volta ha scritto che nessuno conosce in anticipo quali saranno i giorni che gli cambieranno la vita e che probabilmente è meglio così, ma forse Sarah Connor avrebbe voluto saperlo che in quel giorno del lontano 1984 un cyborg avrebbe provato ad ucciderla con ogni mezzo e ad ogni costo per impedirle così di generare un giorno il futuro leader della Resistenza nella guerra contro le macchine.
È questa, in parole povere, la trama del cult movie Terminator del regista James Cameron.
Nella Los Angeles di trentacinque anni fa, infatti, un cyborg assassino con l’endoscheletro metallico ma dalle fattezze umane (un T-800, un Terminator per l’esattezza) viene inviato indietro nel tempo dal 2029 con l’obiettivo di eliminare una ragazza, Sarah, il cui destino è quello di diventare madre di un figlio, John Connor, che in un futuro spaventosamente prossimo guiderà l’intera umanità quando le macchine prenderanno il sopravvento e inizieranno la loro personale battaglia contro gli uomini. Oltre all’automa, nello stesso momento e dallo stesso futuro, viene inviato anche un soldato della Resistenza, Kyle Reese, con il compito di proteggere Sarah e far sì che John possa nascere e salvare così il mondo.
Il nemico che farà scoppiare questa guerra è Skynet, una rete di difesa di intelligenza artificiale che raggiungerà l’autocoscienza ribellandosi all’umanità e scatenando un olocausto nucleare il 28 agosto del 1997, una data che verrà definita come il Giorno del Giudizio.
Questo primo capitolo della saga dei Terminator ha funto da apripista per una nuova visione della tecnologia e della scienza dando vita a ben cinque sequel che sfruttano ogni volta linee temporali alternative e l’idea, quindi, che si possano modificare gli eventi passati nella speranza di cambiare quelli nefasti del futuro così come li si conoscevano nel 1984.
I viaggi nel tempo descritti nei vari Terminator ruotano sui due perni causali dei paradossi temporali e del destino. Quello del paradosso temporale è un concetto complicato da spiegare ma si basa fondamentalmente sulla violazione proprio del principio di causalità e quindi sulla contraddizione logica che nasce da una modifica degli eventi del passato rispetto a come si sono verificati in origine. Per i meno esperti, il tutto viene parafrasato con il semplice Paradosso del nonno: un nipote che torna nel passato per uccidere suo nonno, causerà la non nascita di suo padre e quindi anche la sua. L’uccisione del nonno rende automaticamente impossibile l’esistenza del nipote e quindi del suo viaggio nel tempo. In Terminator, per esempio, il processore della rete neuronica che porterà allo sviluppo di Skynet, e quindi alla guerra nucleare, verrà creato da Miles Dyson, scienziato della Cyberdine Systems Corporation, partendo proprio da un microchip recuperato dal T-800 che, durante la sua caccia a Sarah Connor, era finito schiacciato e terminato in una pressa idraulica. Lo stesso Kyle Reese, inviato indietro di quasi cinquant’anni dal John Connor del futuro per proteggere sua madre Sarah, si innamorerà di lei e con lei concepirà John.
La teoria dei multiversi, che nasce dall’idea che la variazione di un evento del passato possa modificare il futuro, creando così una lunga serie di realtà parallele, è in netta contrapposizione con quella della predestinazione secondo cui cambiare il passato non è invece possibile e che, nonostante tutto quello che si provi a fare, se una cosa è destino che accada, alla fine accadrà comunque. Il destino è perciò ineluttabile e nessuna forza, mai, potrà combatterlo od opporglisi abbastanza energicamente da modificare il suo percorso e la sua meta. Neanche un super cyborg indistruttibile. Agatone scrisse che persino gli dèi sono privi del potere di fare in modo che le cose passate non siano avvenute.
Gli antichi romani credevano che la vita e il destino di ogni uomo stessero nelle mani di tre divinità, le Parche, che tessevano manualmente i fili dell’esistenza: Cloto reggeva i fili dei giorni, bianchi per quelli belli e neri per quelli di dolore, Lachesi li intrecciava tra loro e Atropo li tagliava al momento della morte. Nei film di Terminator, il concetto di destino è un po’ diverso da quello della mitologia romana. Il destino appare infatti come un insieme di inevitabili eventi e per quanti cyborg potenziati viaggino a ritroso nel tempo o per quante volte Sarah e John riescano a sconfiggerli, il futuro torna sempre a riscrivere se stesso nello stesso modo, in una sorta di tetris cosmico dove, ogni volta, tutto torna al proprio posto e il corso degli eventi si ripete: le macchine ad un certo punto prevalgono e l’umanità dovrà lottare e combattere fino alla fine per sopravvivere.
Guardando per l’ennesima volta questo film, mi sono ritrovata a pensare che dietro il messaggio di avvertimento su quello che potrebbe o meno accadere nel futuro per colpa della tecnologia (in fondo, è da quando l’uomo ha inventato la ruota che la macchina ha iniziato a prendere il sopravvento), c’è la forte tematica della predestinazione che mi ha fatto ragionare su questa cosa del destino, su quanto sia o meno tutto già prestabilito per natura o da Dio, quanto di esso dipenda da noi e dalla nostra volontà e se il nostro arbitrio sia davvero libero o al contrario servo. Forse in qualche modo è tutto già scritto nelle stelle e, ammetto, io un po’ ci credo che sia così. Credo nel destino e credo che ci siano cose e persone letteralmente destinate a noi, nel bene e nel male. Cose e persone che ci sono state mandate per un motivo, anche se non è facile capire subito quale sia. E credo anche che ci siano destini straordinari per cui alcuni di noi vengono al mondo.
La mia amica Claudia dice che il destino non è del tutto prestabilito ma che l’uomo, quando si trova di fronte ad una scelta, è come se si trovasse di fronte a tre porte che conducono in tre direzioni diverse e che quindi sarà in base alla porta scelta che il destino di quella persona si compierà in un determinato modo oppure in un altro.
Se fosse davvero tutto già scritto, non avrebbero più senso la speranza, la fede, le preghiere o i sogni perché tanto il futuro sarebbe ormai deciso, non servirebbe tirare i dadi ma solo aspettare che la giostra si fermi e il gioco finisca, ed effettivamente è un’immagine un po’ triste, quindi deve esserci di più. Forse è vero che ogni giorno è un nuovo inizio, una nuova opportunità di trasformare se stessi e quindi anche il proprio futuro e che finché non si è morti c’è possibilità di cambiare la sorte, ma è anche vero che ci sono tante strade che portano nello stesso posto e che a volte, come scrive Jean De La Fontaine, una persona incontra il suo destino proprio sulla strada che aveva preso per evitarlo. O forse, semplicemente, come per tante cose, la verità e il giusto stanno del mezzo e infatti mi piace pensare che siano veri entrambi gli scenari e cioè che il domani sarà sempre un’occasione di ricominciare da capo e di cambiare tutto, ma anche che l’universo, in qualche modo, trami affinché alcune cose accadano e che quelle destinate a noi trovino il modo di raggiungerci quando è il momento.
La canzone
All’inizio, volevo abbinare a Terminator la Sinfonia numero 5 di Beethoven, l’Eroica, perché un mio amico, appassionato di musica classica, mi ha spiegato che è stata composta proprio pensando all’uomo che lotta contro il suo destino e che alla fine riesce a vincerlo, ma poi ho scelto Human di Rag Bon Man perché, come dice Sarah Connor a un cyborg durante un combattimento, noi non siamo macchine, noi abbiamo il cuore ed è questo a salvarci, anche quando il destino ci mette a dura prova.
Insomma, forse è tutto già scritto, forse è ancora tutto da scrivere, forse ad ogni domani corrisponde un determinato futuro o forse nessuno ha alcun potere sul destino, ma una cosa è certa, di fronte a questo domani che è chiaramente un mistero, l’unica cosa da fare per sapere cosa c’è in serbo per noi è vivere.
In fondo, nessuno sa davvero cosa accadrà domani e in parte il bello sta proprio in tutte le incognite che ci aspettano. In fondo, tutto può essere. Tutto.
#LillyKnowsItBetter è la rubrica ideata e curata da Liliana Onori, l’autrice di Come il sole di Mezzanotte, Ci pensa il cielo e Ritornare a casa (ed. LibroSì). In collaborazione con LibroSì Lab, Liliana ci racconta dal suo particolarissimo punto di vista di bibliotecaria e soprattutto di abile narratrice di storie, cosa ne pensa di libri, fiction, personaggi e molto altro. Seguila anche sul suo canale Instagram: @cipensailcielo