di Franco Raimondo Barbabella
Per ragioni non volute dagli umbri, l’Umbria è stata per qualche settimana al centro della scena politica nazionale. Ci resterà ancora per poco e poi sarà di nuovo di fronte ai suoi numerosi e gravi problemi. E Orvieto con essa. Poco importerà ai partiti che l’hanno trasformata in cavia dei giochi romani di quanto e di come morde e morderà la crisi sul tessuto sociale, delle ragioni del progressivo impoverimento economico e delle cure possibili, dei pericoli del degrado culturale e del tessuto valoriale.
Il cambiamento politico è stato radicale, e se ne può meravigliare solo chi vive con la mente chiusa nei propri schemi o chi ha deciso di aprire per la prima volta gli occhi sulla realtà intorno a sé. Ma chi può dire, come le tre scimmiette, “non so, non c’ero, se c’ero dormivo”? È infatti il risultato di un lungo percorso, di condizioni e comportamenti evidenti, e infine di dati che parlano senza equivoci. In dieci anni il PIL della regione è sceso di più di 15 punti, tre volte più della media nazionale; così la società umbra presenta ormai tutte le caratteristiche di una società meridionale, statica, chiusa, impoverita, sfiduciata, arrabbiata. E una società insicura, impaurita del futuro, si affida a chi promette sicurezza e avvenire, vuole cambiare e infatti cambia.
Il punto però è vedere poi se si cambia davvero e come si cambia.
I nuovi governanti si sono di fatto caricati di un grande compito e di una grande responsabilità. Come lo faranno? Ne saranno all’altezza? Lo capiremo presto, non tanto da quello che aggiungeranno a ciò che hanno già detto (perché si sono sentiti molti slogan, si è fatto un gran rumore, mentre in realtà di programmi veri non si è vista traccia), ma dalla composizione dell’esecutivo e dalle priorità che verranno scelte, cioè da che cosa si farà davvero e dal verso che questo indicherà. In particolare si capirà dal rapporto che il governo regionale stabilirà con le realtà diverse dell’Umbria e con i problemi che assillano le relative comunità.
Anche qui da noi l’esito è stato quello che era ampiamente preventivato: successo di voto delle forze che già avevano vinto le elezioni comunali orvietane, ma nessun eletto al consiglio regionale. Ed è iniziata subito la solita tiritera sul perché. Si è parlato di nuovo di infantilismo politico come se il problema fosse un mancato accordo tra partiti per un candidato comune. Ecco, questo si che è infantilismo! Ma è anche infantilismo fare finta che al problema si possa ovviare con i rapporti personali con questo o quell’esponente politico dello schieramento vincente o con l’atteggiamento storicamente consolidato di accettazione di ciò che passa il convento.
L’Umbria deve cambiare nel senso che può uscire dal tunnel solo se ricostruisce una prospettiva di sviluppo partendo dai suoi territori e facendo di essi, e in particolare dei territori cerniera la vera nuova risorsa per ripartire. Umbria dei Territori ha sintetizzato questo con l’immagine del rovesciamento della piramide. Orvieto, in similitudine con tutti gli altri territori marginali e pesantemente colpiti dalla crisi e dal degrado della regione, anche per proprie responsabilità, ha come interesse primario di sviluppare una iniziativa ad ampio raggio, lucida e determinata per uscire da questo stato.
Due iniziative coordinate tra loro sono quindi urgenti e necessarie:
1. Riproporre la modifica della legge elettorale regionale che come movimenti civici presentammo già cinque anni fa e che allora con pochissime eccezioni fu snobbata soprattutto da coloro che in teoria avrebbero avuto interesse a sostenerla. Una proposta che prevede per ogni territorio almeno il diritto di tribuna. Spero che venga assunta come propria anche dagli altri amministratori civici dei diversi comuni e che come tale diventi una proposta di livello regionale e dunque con possibilità di successo. Comunque io la presenterò al Consiglio comunale di Orvieto.
2. Elaborare un progetto di sviluppo territoriale condiviso. Sviluppo: priorità da affrontare e da presentare come pacchetto e non come semplici rivendicazioni al governo regionale. Territoriale: scelte che abbiano valore per l’intero territorio orvietano, sul piano economico, ambientale, turistico, culturale, in quanto dotate di forza strategica. Condiviso: si deve prendere atto che nessun soggetto o forza politica o istituzione locale ha di per sé forza tale da essere interlocutore esclusivo del governo regionale; perciò il superamento delle barriere ideologiche, politiche, di schieramento, oltre all’esasperato e perdente individualismo, è una necessità incontrovertibile; solo se si avrà questa lucidità e il connesso coraggio, forse riusciremo a porci nel modo giusto in interlocuzione con gli organismi decisionali della regione.
La prova di voler uscire da quello che è stato chiamato il nostro infantilismo politico sta in questa capacità di proposta. Il resto è pura chiacchiera o al massimo autoassolvimento per debolezza congenita, quando non sia pavoneggiamento futile e politichese inutile.