ORVIETO – In prosecuzione del percorso già avviato dalla Zona Sociale n. 12 di cui il Comune di Orvieto è capofila, presso il palazzo comunale, è stato sottoscritto il Protocollo d’Intesa (di durata triennale) per la promozione di Strategie condivise finalizzate alla prevenzione e al contrasto del fenomeno della Violenza contro le Donne, in attuazione della DGR 199 del 25 febbraio 2019.
Intanto, prosegue l’attività del Centro Antiviolenza di Orvieto. L’Assessorato Comunale alle Pari Opportunità e Politiche di genere, sin dal luglio scorso, si è infatti attivato per sbloccare ed erogare l’importo di 7.177 Euro equivalenti alla 2^ tranche del 2018 da destinare al CAV di Orvieto gestito dall’Associazione di Promozione Sociale “Albero di Antonia” che, insieme all’Ente di Terzo Settore “Libera…mente” di Terni, rappresentano gli unici due Centri di Anti-Violenza di tutta la provincia. Lo comunica il Sindaco, nel ricordare che si trattava di fondi stanziati per il 2018 dal Dipartimento delle Pari Opportunità in favore dei CAV di tutto il territorio nazionale.
Per il 2019, invece, il Piano Operativo nazionale prevede 30 milioni di euro a favore delle Regioni, la creazione di una task force per monitorare l’attuazione del Piano e l’utilizzo delle risorse finanziarie, infine, l’istituzione in via sperimentale di un fondo per le donne vittime di violenza. Ed è su questa linea si colloca il Protocollo d’Intesa siglato ieri.
Sul tema della lotta alla violenza sulle donne, l’Assessore con delega alle Pari Opportunità e Politiche di genere stigmatizza, infatti, i dati dell’ultima indagine ISTAT-CNR, ovvero: al 31 dicembre 2017 erano complessivamente 338 i centri e i servizi specializzati nel sostegno alle donne vittime di violenza, ai quali hanno fatto ricorso almeno una volta in un anno 54.706 donne, in media 172 per ciascun centro/servizio; di queste il 59,6% ha poi iniziato un percorso di uscita dalla violenza, in media 103 per ogni centro/servizio. I dati sul sommerso sembrano essere rilevanti.
Di qui la necessità, sottolinea l’Assessore, di attuare misure di prevenzione per comprendere le cause sociali della violenza maschile sulle donne e le sue conseguenze, mettere in campo attività volte alla sensibilizzazione, al riconoscimento della violenza e all’ottenimento delle pari opportunità in ogni ambito della vita pubblica come privata; rafforzare misure di protezione e di sostegno finalizzato alla tutela della vittima nel percorso di uscita dalla violenza sia della donna che dei minori se presenti. Sul versante penale, un notevole passo avanti è stato raggiunto con la recente approvazione al Senato del DDL 1200/2019, denominato “Codice Rosso” che introduce importanti novità che vanno dalla velocizzazione dello svolgimento di indagini preliminari a livello processuale, all’obbligo per il magistrato di sentire la vittima di maltrattamento tempestivamente e in modo protetto, all’inasprimento delle pene, all’introduzione di alcuni reati come la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla vittima, per citarne uno. Il rafforzamento dei servizi sanitari, infine, è sicuramente uno strumento efficace per il contrasto del fenomeno della violenza sulla donna ed in particolare il pronto soccorso che è un osservatorio privilegiato che favorisce l’emersione della violenza di genere in ambito relazionale e di quella sul minore.
Non meno importanti sono il monitoraggio e la valutazione dei risultati e degli effetti via via conseguiti, necessari per sviluppare nel tempo adeguate ed efficaci politiche del settore. Per fare tutto ciò, è necessario partire a livello locale da un protocollo operativo ed aggiornato per la promozione di strategie condivise tra i vari soggetti istituzionali, enti ed associazioni coinvolte finalizzate alla prevenzione ed al contrasto del fenomeno e per promuovere la costituzione di una “rete” territoriale integrata efficiente ed efficace.
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Il Protocollo d’Intesa, n. 12 per la costituzione della Rete Interistituzionale Territoriale Antiviolenza R.I.T.A. n. 12, partecipato dalla Conferenza dei Sindaci della Zona Sociale nasce per contrastare e prevenire in modo efficace un problema complesso, multiforme, come quello della violenza contro le donne è importante riuscire a lavorare in modo multidisciplinare e su più livelli, sul singolo caso, sulle istituzioni e sulla società. Le donne vittime di violenza sono portatrici di bisogni complessi che nessun operatore può riuscire a soddisfare lavorando singolarmente. Il lavoro di rete diventa, quindi, una necessità perché rappresenta lo strumento che consente la costruzione di un percorso integrato contro la violenza alle donne. Il riconoscimento della violenza nel territorio non può rimanere slegato dalla collaborazione reciproca dei diversi attori che se ne occupano, nel rispetto delle reciproche competenze. Per lavorare in rete occorre partire da alcune basi condivise, da una univoca lettura del fenomeno e con un approccio condiviso alla problematica, avendo ben chiari compiti e necessità degli altri operatori. A partire dal 2011 la Regione Umbria ha sollecitato e promosso una rete territoriale regionale per la partecipazione a bandi nazionali rivolti al potenziamento degli interventi in materia di contrasto alla violenza di genere; nel 2014 il Centro di Ascolto antiviolenza di Orvieto, promosso e gestito dall’Associazione “Albero di Antonia”, acquisendo i requisiti previsti, è diventato un CAV. La Zona Sociale n. 12, di cui Orvieto è il Comune capofila, ha adottato nel novembre 2014 un protocollo Territoriale Interistituzionale sottoscritto dai 12 Comuni della Zona Sociale, dalla Usl Umbria 2, dall’Ordine degli Avvocati di Orvieto e dall’Associazione Albero di Antonia. Successivamente, a gennaio 2018 è stato firmato il Protocollo Regionale nel quale, tra gli altri compiti, la Regione Umbria ha predisposto le linee guida per la sottoscrizione dei protocolli specifici.
Il Protocollo si compone di 7 articoli e persegue i seguenti obiettivi: garantire il funzionamento della Rete territoriale interistituzionale antiviolenza R.I.T.A.12; partecipare attivamente all’attuazione e al funzionamento del Sistema regionale di prevenzione e contrasto della violenza di genere; effettuare riunioni periodiche dei soggetti appartenenti alla Rete; attivare azioni ed interventi per il contrasto del fenomeno della violenza contro le donne nell’ambito della programmazione territoriale dei servizi; promuovere e sostenere l’applicazione della legge regionale n.14/2016; coordinare ed incrementare la raccolta dei dati sulla violenza, anche tramite il sistema S.E.Re.N.A., per le finalità dell’Osservatorio regionale del fenomeno della violenza; favorire la presa in carico socio-sanitaria-assistenziale e la messa in sicurezza della donna vittima di violenza e dei suoi figli minori attraverso percorsi che garantiscano la continuità e l’integrazione degli interventi; rafforzare i percorsi di tutela per le donne vittime di violenza e diminuire i tempi dell’accoglienza e della presa in carico, grazie alla condivisione di protocolli e procedure; ridurre le conseguenze sulla salute delle donne e i costi sociali relativi alle conseguenze della violenza di genere; promuovere interventi di prevenzione della violenza contro le donne; promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione sul fenomeno della violenza di genere; mettere a punto azioni integrate tra i diversi organismi.
In tal senso, le Istituzioni, le Associazioni e le Organizzazioni aderenti alla Rete Territoriale interistituzionale antiviolenza si impegnano a: predisporre un progetto condiviso da sottoporre all’approvazione e finanziamento regionale come previsto dalla programmazione regionale, individuandone il referente; fornire le informazioni relative ai propri servizi, comunicando costantemente eventuali aggiornamenti; dare ampia informazione agli altri aderenti alla Rete rispetto alle modalità di accesso ai propri servizi. Ed inoltre, intraprendere un confronto permanente, attraverso la partecipazione/promozione a percorsi formativi e/o seminariali, con l’intento di sviluppare la conoscenza reciproca e migliorare le metodologie d’interazione; analizzare le necessità verso le quali la Rete deve intervenire, individuando le possibili soluzioni operative; condividere ed utilizzare strumenti di lavoro comuni, adeguati ad affrontare le criticità individuate.
Il Comune Orvieto, capofila della Zona Sociale 12 si impegna a: coordinare la Rete Territoriale e le azioni tra i soggetti interessati; attuare le azioni così come definite nella proposta progettuale e descritte nella scheda tecnica approvata con atto del Comune entro i termini ivi indicati, assicurando il pieno rispetto del Protocollo unico regionale; raccogliere le proposte provenienti dalla Rete Territoriale o dai suoi singoli componenti, collaborando nella individuazione degli strumenti e dei canali utili a realizzarle; promuovere il ruolo sociale e le attività della Rete nelle opportune sedi istituzionali; dare visibilità alle attività della Rete all’interno del sito web istituzionale del Comune; collaborare con i soggetti facenti parte della Rete al fine di promuovere o partecipare a percorsi formativi e/o seminariali; ricercare le risorse necessarie allo sviluppo delle attività della Rete Territoriale mediante richieste di finanziamento; istituire il servizio di emergenza-urgenza, ove possibile; garantire l’ospitalità e la messa in sicurezza dei minori vittime di violenza assistita con le risorse nazionali, regionali e comunali previste per i servizi e gli interventi della rete dei servizi sociali dei territori dal Piano sociale regionale ivi comprese quelle messe a disposizione dal Fondo sociale europeo. assicurare che per la messa in sicurezza non vengano separati i figli minori dalle madri.
Garantisce, inoltre, la partecipazione alle attività formative/informative predisposte dalla Regione anche tramite il Centro Pari Opportunità; individuare al proprio interno un/una dirigente che avrà il ruolo di referente nei confronti della Regione Umbria e responsabile degli adempimenti previsti; dare immediata comunicazione alla Regione, qualora intendesse rinunciare al progetto, provvedendo contestualmente alla restituzione delle risorse ricevute; dare comunicazione al Dirigente regionale competente delle eventuali variazioni rispetto a quanto indicato nella domanda; assicurare: il cofinanziamento delle azioni oggetto dell’accordo di collaborazione per almeno il 20% delle risorse assegnate anche al fine di garantire la sostenibilità e la continuità delle azioni e dei servizi attivati nel tempo; agli uffici di competenza (nei termini previsti dalla programmazione nazionale e regionale) quanto previsto in relazione alle attività di monitoraggio e rendicontazione; l’utilizzo e la tempestiva implementazione del sistema informativo regionale da parte dei centri antiviolenza e delle case rifugio con cui si sottoscrivono le convenzioni, quale strumento finalizzato alla conoscenza del fenomeno della violenza, delle utenti prese in carico dai Centri antiviolenza e dei servizi erogati; e la trasmissione alla Regione Umbria di tutti gli strumenti e i prodotti di informazione e comunicazione, ai fini della condivisione e dell’autorizzazione all’apposizione del logo regionale.
Quanto agli impegni dei singoli componenti della rete il riferimento è il “Protocollo unico regionale per la realizzazione del sistema regionale di contrasto alla violenza di genere” sottoscritto il 30 gennaio 2018. In particolare:
Le Aziende sanitarie sono tenute a dare attuazione alle “Linee guida nazionali per le aziende sanitarie ed ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne che subiscono violenza” di cui al Dpcm 24 novembre 2017, e in modo particolare devono:
– attivare il “Percorso per le donne che subiscono violenza” per garantire adeguata assistenza, accompagnamento/orientamento, protezione e messa in sicurezza della donna che subisce violenza;
– coinvolgere nel Percorso anche le/gli eventuali figlie/i minori della donna, testimoni o vittime di violenza, tenuto conto della normativa riguardante i minori e delle vigenti procedure di presa in carico socio-sanitaria delle persone minorenni;
– garantire le rilevazione della violenza in tutte le sue strutture, maggiormente interessate (pronto soccorso, pediatria, psicologia, geriatria, traumatologia, consultori) senza tralasciare altre strutture sentinella;
– Individuare precocemente le donne a rischio o vittime di violenza nell’ambito dei diversi setting assistenziali (attività consultoriale, programma di screening, assistenza domiciliare integrata ecc.)
– operare una tempestiva rilevazione del rischio di recidiva e letalità;
– garantire una risposta in emergenza per le prime 72 ore alle vittime di violenza che si rivolgono presso le proprie strutture con un rischio medio/alto;
– assicurare che i medici che entrano in contatto con la donna che ha intrapreso il Percorso per le donne che subiscono violenza, a partire dal medico che farà la prima visita, provvedano a refertare in modo dettagliato e preciso tutti gli esiti della violenza subita;
– assicurare che l’esame obiettivo includa un’attenta descrizione dello stato emotivo, psicologico e relazionale della donna;
– assicurare una successiva assistenza psicologica, qualora la donna lo desideri, che potrà essere effettuata dalla psicologa dell’ospedale specificatamente formata, se presente, o da una professionista della rete territoriale antiviolenza;
– garantire una stretta collaborazione con gli altri soggetti della rete e i relativi servizi, in modo particolare con il CAV, destinatari anch’essi delle medesime Linee guida;
– garantire la formazione ed aggiornamento del proprio personale;
– partecipare a tavoli di confronto periodici con istituzioni e soggetti pubblici e privati della rete antiviolenza territoriale;
– assicurare il monitoraggio costante del fenomeno della violenza maschile contro le donne, attraverso la rilevazione e il controllo degli strumenti in uso (scheda del triage, schede di dimissione);
– coordinare e supervisionare il percorso per le donne che subiscono violenza e trasmettere periodicamente, ai competenti referenti regionali, una relazione aggiornata sullo stato e sugli esiti delle procedure, nonché comunicare e far confluire i dati raccolti nell’ambito del sistema di monitoraggio previsto a livello regionale e nazionale.
I Centri antiviolenza e/o le Case rifugio devono essere riconosciuti dalla Regione in possesso dei requisiti minimi previsti dalle disposizioni nazionale e regionali e sono tenuti in particolare a: possedere i requisiti strutturali ed organizzativi previsti dall’Intesa del 27 novembre 2014, con la possibilità di strutturarsi con sportelli sul territorio; aderire al Protocollo unico regionale; garantire a titolo gratuito, come previsto dall’Intesa del 27 novembre 2014, i servizi minimi di: ascolto, accoglienza, assistenza psicologica, assistenza legale, pratiche di auto-mutuo-aiuto, supporto ai minori vittime di violenza assistita, orientamento al lavoro e all’autonomia abitativa; assicurare il percorso personalizzato di uscita dalla violenza alle donne garantendo alle donne il supporto in tutte le sue fasi; garantire una apertura minima di almeno cinque giorni ed una reperibilità h 24; aderire al numero nazionale 1522.
E ancora: essere dotato di personale esclusivamente femminile con adeguate competenze professionali e con il divieto di applicazione delle tecniche di mediazione familiare; operare secondo la metodologia di relazione tra donne riconosciuta dalla prassi dei centri antiviolenza; assicurare la formazione continua delle proprie operatrici; garantire l’operatività in rete con gli altri soggetti del presente protocollo ed anche con gli altri centri antiviolenza e case rifugio del territorio regionale; utilizzare il sistema S.E.Re.N.A. per la rilevazione del fenomeno della violenza, la gestione, il monitoraggio e la definizione del percorso di uscita dalla violenza; assicurare l’accoglienza anche alle donne provenienti fuori regione stabilendo un contributo all’ospitalità a carico del Comune di residenza o di altro ente individuato dalla Regione di provenienza; promuovere interventi di sensibilizzazione, seminari, convegni ecc. sul tema della violenza di genere rivolti sia alla cittadinanza che al mondo della scuola.
La Casa rifugio a indirizzo segreto e il Centro antiviolenza residenziale, se presenti, devono fornire, a titolo gratuito, un alloggio sicuro alle donne e ai loro figli minori con l’obiettivo di salvaguardarne l’incolumità fisica e psichica ed in particolare: definiscono e attuano il progetto personalizzato volto alla fuoriuscita dalla violenza, provvedendo anche alla cura di eventuali minori a carico, nei tempi e con le modalità condivise con la donna accolta; operano in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo conto delle necessità fondamentali per la protezione delle persone che subiscono violenza e fornisco adeguati servizi educativi e di sostegno scolastico nei confronti dei figli minori delle donne che subiscono violenza.
Infine, le organizzazioni di donne che gestiscono le strutture assicurano le attività dei centri antiviolenza e delle case rifugio anche attraverso un contributo significativo del volontariato.
Le Forze dell’Ordine, fatti salvi gli obblighi di legge e le esigenze investigative, assicurano ai soggetti firmatari del presente Protocollo fattiva collaborazione per una valutazione dei casi di violenza e per la rapida attivazione sia delle procedure di tutela della vittima che di quelle di individuazione del responsabile del reato. Attivano, in caso di necessità, il Servizio di Emergenza/Urgenza;
Il Presidio Ospedaliero di Orvieto si impegna a favorire l’emersione del fenomeno della violenza di genere che spesso è silenziosa e “invisibile” sostenendo le donne vittime di violenza che si rivolgono ai vari reparti del presidio;
Il Centro per le pari opportunità della Regione Umbria assicura il funzionamento del numero unico regionale 800861126 di accesso ai servizi del sistema antiviolenza regionale h 24.
I componenti della Rete territoriale danno mandato al Comune coordinatore della Rete a espletare tutte le procedure necessarie alla sottoscrizione dell’accordo di collaborazione, comprese quelle relative alla negoziazione con la Regione del progetto definitivo.
Il Comune capofila può individuare nel territorio della zona sociale di competenza ulteriori soggetti, tra quelli firmatari del Protocollo unico regionale o che si riconoscono nei contenuti dello stesso, che si impegnano attivamente a partecipare alla Rete territoriale interistituzionale antiviolenza. I sottoscrittori del Protocollo si impegnano, infine, a monitorare e verificare gli obblighi assunti e gli accordi previsti nell’atto.