Quattro anni fa, oggi, piangevamo la scomparsa di Dante Ciliani, straordinario interprete del ruolo di guida operativa e morale dei Giornalisti umbri. Ne piangevamo la morte sopraffatti dal dolore, ma consapevoli fin da allora che il suo messaggio non sarebbe svanito. Oggi, a distanza di quattro anni, pur nel dolore inevitabilmente accompagnato alla ricorrenza, possiamo affermare che Dante vive ancora nell’impegno di chi fa Giornalismo in Umbria e di quanti come noi tentano, con alterne fortune, di gestirne le sorti.
Siamo, grazie a Dante, una delle regioni d’Italia nelle quali la Formazione professionale marca indici positivi nonostante siano ancora presenti consistenti sacche di inadempienza; riusciamo ancora a realizzare corsi formativi a costo zero e con docenti sempre più qualificati; da sette anni, pur con evidenti sacrifici, riusciamo a mantenere inalterata la quota annuale per non gravare ulteriormente sugli impegni di spesa di colleghi sempre meno pagati; insieme al sindacato umbro abbiamo ottenuto il riconoscimento di una Legge Regionale che, seppur insufficiente, garantisce fondi, sostegno, e uno scorcio di futuro alla categoria.
Tutto questo è stato conseguito nel solco dell’impegno che Dante Ciliani ci ha indicato con la sua vita e la sua dedizione ai Giornalisti e all’Ordine.
In questi mesi siamo impegnati in una nuova missione, quella di superare gli incomprensibili steccati ideologici, politici e sociali che nel frattempo si sono frapposti tra chi fa informazione professionale e il pubblico dei fruitori, cioè i lettori, i telespettatori, i radioascoltatori e i navigatori on line. Lo facciamo con il format “Giornalisti tra la Gente” che già ci ha portato in varie località umbre a confrontarci direttamente e senza infingimenti con la società civile. Abbiamo la presunzione di ritenere che Dante stesso, precursore del contatto diretto tra Giornalisti e utenti della professione, avrebbe apprezzato e magari sorriso. Grazie, Dante, non ti dimentichiamo
Il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria
Roberto Conticelli