ORVIETO – Gestire gli affetti, quando si è in carcere, non è facile. “Tornerò, aspettami” è forse l’unica frase che un detenuto può dire al proprio caro per mantenere vivo in lui il ricordo e la speranza. Sentimenti che dentro le mura di una casa di reclusione risuonano un po’ come pugni nello stomaco se associate a un ambiente dove la libertà è privata, vigilata, centellinata.
A Orvieto, nel carcere di via Roma, succede però qualcosa di nuovo, un tentativo forse inedito di dialogo con la città. Un esperimento di umanizzazione della pena dove il detenuto è sì reo di aver commesso un reato e quindi privato della sua libertà ma, allo stesso tempo, è uomo, individuo e spesso padre. Ed è da questa consapevolezza che il nuovo direttore del carcere di Orvieto Paolo Basco, subentrato a Sardella a marzo scorso, ha deciso di sperimentare “A pranzo con papà”. Sabato 28 settembre le porte del carcere si apriranno alle famiglie dei detenuti, ai loro bambini, per godere tutti insieme di un momento speciale, come quello del pasto, solitamente dedicato al dialogo e alla condivisione. In uno spazio, però, che seppure veda la presenza di poliziotti in divisa e ambienti vigilati, divenga un luogo di abbracci, sorrisi e racconti tra padri e figli. Tra marito e moglie, tra madre e figlio.
A rendere possibile l’iniziativa è stata la fondamentale collaborazione della Cooperativa Sociale Mir presieduta da Alessandra Taddei, dell’Associazione P285 di Mr Tamburino e dei ristoratori orvietani che hanno subito accettato di cucinare per un centinaio di persone, tra famiglie e detenuti.
A presentare l’appuntamento, ieri, oltre al direttore Basco erano presenti il Comandante Enrico Gregori, il vicecomandante Alessandra Onofri, le educatrici Maria Vittoria Carbonari, Letizia Troianelli e Isabella Ianni. Questi i ristoratori che hanno aderito: Pizzeria del Ponte, Pizzeria Moscatelli, Pizzeria Barzelletta, Oreto Norcineria, Ristorante Maurizio, Ristorante Mamma Angela, Forneria di Riccardo Marcucci, Bar Montanucci e Casalinda. Ad allietare il tutto, il Gruppo musicale “Elena no”.
“Questa occasione di incontro nasce dalla necessità di dialogare con la città – ha esordito Basco – Il carcere, diversamente da quanto si potrebbe pensare, è una realtà viva e vivente. La persona deve esser riscattata dalle sue colpe e stiamo cercando di fare proprio questo, facendo uscire i detenuti, facendogli fare lavori socialmente utili e facendoli lavorare”. E’ formata da circa un centinaio di persone la popolazione del carcere di Via Roma e tutti, ogni giorno, si dedicano ad attività lavorative come falegname, fabbro, sarto e cuoco.
E molti dei lavori prodotti ad Orvieto come lenzuola, componenti in ferro, mobili in legno, raggiungono diversi penitenziari italiani. Istituto di Custodia Attenuata è questa la giusta definizione della struttura di Via Roma dove, come ha sottolineato il direttore, i detenuti sono talmente impegnati durante la giornata che non hanno nemmeno il tempo di compiere una qualche azione non giusta. Le loro celle, infatti, sono sempre aperte. Non c’è la classica “ora d’aria”. I carcerati qui, sono trattati bene, con dignità.
“I detenuti – continua Basco – vengono formati per un loro reinserimento lavorativo ma anche sociale. Ė necessario mettere in atto iniziative che risollevino il senso di umanità per tirare fuori il meglio delle persone”. E “A pranzo con papà” vuole fare proprio questo, mettere al centro l’uomo, rieducandolo alla vita giusta.
“Questa iniziativa – è intervenuta Alessandra Taddei – è stata possibile grazie al lavoro di squadra di chi ha deciso di aiutarci. La nostra città non è chiusa, ha dimostrato di esserci e di credere negli uomini. Siamo felici di aver trovato una così ampia partecipazione, parlare di reinserimento è impossibile se non lo si fa insieme”. Uno degli obiettivi del nuovo direttore, prima del suo pensionamento ad aprile 2020, è quello di arrivare a costituire una carta d’indenti insieme al Comune per costruire una nuova visione di carcere che non sia una cittadella chiusa, piuttosto un luogo dove chi ha sbagliato riconosce i propri errori e rinasce a nuova vita. Passa da qui l’idea di aprire una ludoteca insieme a Telefono Azzurro.
“Che sia però all’aria aperta – sottolinea fermamente Basco – in modo tale che i bambini non siano costretti ad aspettare nell’androne ma in un luogo colorato, arioso, stimolante. Dobbiamo trovare dei fondi, li troveremo. Voglio che questo sia il mio ultimo atto di correttezza istituzione e professionale garantendo quei due pilastri di umanità e legalità, come monito per tutti”.
Già realizzata, invece, la sistemazione delle celle secondo le normative mentre in essere c’è il progetto di aumentare la capienza del carcere di otto unità, recuperare parte della sala regia. In essere attività teatrali, scolastiche e di consapevolezza insieme alla polizia Penitenziaria, corsi di pittura . Si chiama “Come a casa” un altro progetto atto a favorire la genitorialità. “Il nostro operato – ha consluso Basco– si fonda su due concetti fondamentali: umanità e legalità, entrambi reggono la nostra filosofia e quindi nel loro bilanciamento noi siamo fieri di fare questo mestiere e avere questa responsabilità nei confronti delle famiglie. Condannare è facile, recuperare no”. (Sa.Simo)