Liliana in questa puntata della sua rubrica #LillyKnowsItBetter ci fa volare sulla Luna, con il suo romantico e appassionato racconto To The Moon and Back. In occasione dei festeggiamenti del primo uomo atterrato sul suo suolo 50 anni fa, la Luna ha sempre un fascino meraviglioso. Ci accompagnano le note di Moonlight Shadow di Mike Oldfield.
To The Moon And Back
di #LilliKnowsItBetter (alias Liliana Onori)
Nel 1865, Giulio Verne raccontò in un libro del viaggio di tre uomini che, dentro una navicella spaziale sparata da un cannone, tentarono di arrivare fino alla Luna. Sarebbero dovuti passare ben 104 anni prima che un semplice racconto immaginifico potesse uscire dalle pagine stampate di un libro e diventare realtà.
È dalla notte dei tempi che l’uomo ammira, teme, interroga e studia la Luna.
Secondo alcune teorie scientifiche, la Luna si è formata dall’aggregazione dei detriti rimasti in orbita dopo la collisione tra la Terra e un planetoide chiamato Theia. Dista diverse centinaia di migliaia di chilometri da noi, ma non così tante da non rendercela visibile. Alcuni infatti dicono che, ovunque ti trovi nel mondo, se strizzi un occhio e tieni ben aperto l’altro, puoi sempre tenerla stretta tra il pollice e l’indice della tua mano. La sua rotazione sincrona fa in modo che ci rivolga sempre la stessa faccia. Gira insieme a noi, praticamente, nello stesso verso e pressappoco con gli stessi tempi. È quasi una danza in cui è la Terra a guidare.
Prima ancora della scienza, però, c’è stato il folklore a dare un’origine, un senso e un destino alla Luna. Alcune culture credevano che la Luna fosse una sorta di spirito che moriva ogni notte, scendendo oltre la linea dell’orizzonte fin nel mondo dei morti, altre invece che fosse una donna innamorata che inseguiva disperata il suo amore impossibile, il Sole, senza fermarsi mai un giorno.
I Greci la impersonificavano nella dea Selene mentre gli Ebrei raccontavano di una Luna punita da Dio per la sua arroganza nel credersi importante tanto quanto il Sole, finendo così relegata nella notte con solo le stelle a tenerle compagnia.
Nel corso della storia dell’uomo, le leggende sulla Luna hanno riempito racconti, romanzi, film e canzoni. Una di queste narra che la Luna, di notte, raccoglie i sogni delle persone spargendoli poi la mattina, sotto forma di rugiada, in tutto il mondo, in modo che non vadano perduti; un’altra che lei e il Sole fossero amanti, colpevoli però di un inconsapevole incesto, ma quella che mi piace di più narra di una zingara che supplicò la Luna di far tornare il suo uomo, il re dei gitani, da lei e che l’astro, in cambio di questa grazia, le chiese il suo primo figlio. La donna strinse il patto con la Luna e nella primavera successiva nacque un bambino. Il piccolo però aveva la pelle chiara e gli occhi azzurri, proprio come un Figlio di Luna, che era il modo in cui gli zingari, notoriamente di carnagione olivastra, definivano i bambini privi di questa caratteristica. Il re, di fronte al pallore del bambino, urlò al tradimento della sua donna, dicendo che non poteva essere suo figlio e che non lo voleva. Ferito nel cuore e nell’onore, pugnalò a morte la donna, correndo poi in cima ad un monte, abbandonando lì il bambino. La Luna lo raccolse e da allora fu madre. Gli zingari dicono che quando la Luna è piena, il suo bambino dorme tranquillo, mentre se il piccolo piange, cala e si fa culla per consolarlo.
Ci sono anche credenze poetiche e romantiche legate alla Luna, come per esempio il fatto che quando è piena riesca a trasformare alcuni uomini in lupi mannari, o miti neri come quelli secondo cui, nelle notti di plenilunio, i crimini aumentino. Si può credere o meno alla causa celeste della delinquenza, ma un ispettore inglese, Andy Parr, afferma che in quelle notti si registra regolarmente il bisogno di più pattuglie in giro per la città per sedare i crimini violenti. Forse quindi ha ragione William Shakespeare a dire che quando la Luna si avvicina troppo alla Terra fa impazzire tutti gli uomini.
Metafora di vita, morte e rinascita a causa delle sue fasi, che vanno dal novilunio alla luna calante, l’uomo ha sempre creduto, e poi dimostrato, che la Luna influisca sui raccolti, le carestie e la fertilità, che regoli il ciclo riproduttivo degli animali, che agisca sulle maree e che incida persino sull’asse di inclinazione della Terra.
Buon compleanno Luna!
Nel mese di luglio, la Luna ha festeggiato cinquant’anni. Il 20 luglio 1969, infatti, così come Verne aveva in qualche modo previsto, tre uomini partirono in una capsula lanciata nello spazio e atterrarono sulla superficie lunare. Nessun uomo prima lo aveva mai fatto. L’Apollo 11 lasciò la Terra e viaggiò per i 400 mila chilometri che la separano dalla Luna, giungendo su di lei alle 2:56 di notte. E da allora, in un certo senso, il mondo non fu più lo stesso, e nemmeno il nostro modo di guardare le stelle e il cielo lo è stato.
I tre astronauti americani lasciarono una targa sulla Luna che riportava questa dicitura: “Qui, uomini dal pianeta Terra posero piede sulla Luna per la prima volta. Luglio 1969 A.D. Siamo venuti in pace, per tutta l’umanità”. E l’umanità intera rimase ferma e attonita quella notte a guardare e ad ascoltare Neil Armstrong che camminava, prima di qualsiasi altro uomo prima di lui, sulla Luna e descriveva tutto quello che vedeva.
First Man
In questi giorni, proprio in onore del suo compleanno d’oro, ho avuto modo di vedere il film First Man, di Damien Chazelle, che racconta la storia di Armstrong, della Nasa e di tutti gli astronauti che hanno studiato, lavorato e dato perfino la vita affinché quel viaggio diventasse possibile. Quello che mi ha colpito tanto di questo film è stato il lato umano di Armstrong che viene a galla in modo molto prepotente, nonostante fosse per natura taciturno e schivo. La morte di sua figlia lo aveva segnato tantissimo nell’animo e quando si trova lì sulla Luna, dopo il primo impatto che gli mozza il fiato e dopo i primi discorsi di rito, lascia il braccialetto della sua bambina su una pietra, quasi come a volerla seppellire lassù. È stato il momento più emozionante del film, secondo me, forse perché mi piace pensare che anche io avrei fatto un gesto simile, lasciando custodito al sicuro sulla nostra Dea Bianca qualcosa, per me, di immenso valore. In questo film – secondo me – non si coglie appieno il miracolo tecnologico dell’allunaggio, forse è per questo che l’unica cosa a cui sono riuscita a pensare mentre lo guardavo è a come si dovessero essere sentiti quei tre uomini. Armostrong aveva sognato fin da bambino di diventare un astronauta e non posso fare a meno di chiedermi come deve essere stato camminare su quella superficie per lui. È vero che è stato qualcosa di globale che ha riguardato tutto il mondo, ma lassù ci sono stati loro, non noi, e soprattutto ci sono stati per primi. Nessuno li ha preparati, li ha potuti consigliare o mettere in guardia. Sono partiti convinti che non sarebbero mai tornati dalle loro famiglie. Sono partiti, e hanno cambiato il mondo. E chissà se è stato come lo sognavano. Chissà come si sono sentiti quando sono tornati. Chissà se sono riusciti a non pensarci almeno un giorno della loro vita, alla Luna.
Una critica che è stata fatta al film riguarda l’assenza della scena in cui viene piantata l’asta con la bandiera americana, indicando il gesto come una mancanza di rispetto per le origini di chi fece l’impresa, ma per come la vedo io è stata una scelta azzeccata perché quel Giant Leap, come lo definì Armstrong, doveva rappresentare non solo un momento che non sarebbe mai stato dimenticato da nessuno, ma un evento che trascendesse qualsiasi bandiera.
Una leggenda metropolitana racconta che in realtà quel viaggio non ci sia davvero stato nel momento in cui noi tutti lo abbiamo visto alla tv, ma che fosse solo un film girato in uno studio cinematografico. La pellicola Capricorn One del 1978, diretta da Peter Hyams, è centrata proprio su questa teoria del complotto sull’Apollo 11 secondo cui la missione relativa al primo sbarco umano sulla Luna fosse tutto un inganno orchestrato dalla Nasa nella corsa allo spazio coi sovietici, durante gli anni della Guerra Fredda.
Causa di pazzia periodica, paladina delle nascite e padrona di raccolti, terremoti e maree, la Luna resta musa per molti artisti. I Pink Floyd hanno dedicato un intero album di canzoni al suo lato oscuro, Ludovico Ariosto le ha affidato il senno del suo cavaliere nell’Orlando Furioso, poeti come Leopardi e Keats hanno scritto versi per lei, la casa di produzione DreamWorks l’ha scelta addirittura come suo logo e le persone la usano come metro per misurare la grandezza dei propri sentimenti (Ti amo fino alla Luna e poi ritorno).
Liliana e la Luna
Io mi sono chiesta a lungo cosa rappresentasse la Luna per me, ma devo ammettere di non aver trovato una risposta da dare. In fondo, la Luna è solo la Luna per me. La vedo tutte le notti in cielo, ma non ho mai pensato a cosa potesse ispirarmi. Allora queste notti l’ho osservata parecchio per trovarla questa ispirazione, ma non so quanto io ci sia riuscita. La Luna è la notte, rappresenta il tempo che ci separa da ciò che sarà domani, dalle paure, dalle prove da superare, dalle gioie che ci aspettano. È piena di attese, di preghiere e di ricordi. Gli studenti la vorrebbero rallentare il giorno prima di un esame per avere più tempo per ripassare, chi si deve alzare presto la vorrebbe più lunga, chi ha paura del buio, invece, la vorrebbe più breve, i viaggiatori la vorrebbero accorciare per arrivare prima a destinazione e chi sa che l’indomani l’aspetta la felicità vorrebbe che passasse immediatamente. La Luna è, per tutti, l’attesa del domani. E in qualche modo, nonostante alcuni domani possano fare paura, è consolante pensare che finché ci saranno lune, ci saranno anche altrettanti domani. E allora, ecco cosa è la Luna! È la speranza nel domani, non solo la sua attesa.
Quindi può darsi che non sia solo un satellite nato dal caso. Avendo una scocca dura intorno e un nucleo caldo al suo interno, è un po’ come se fosse una persona viva. E chissà che pensa di noi e di quello che vede, osservandoci da lassù. Magari aspetta solo che andiamo a trovarla di nuovo o magari ci teme. Forse per questo su di lei non c’è vita: ha capito che un mondo senza le persone è un mondo migliore. Di certo, qualcosa che riesce a sollevare gli oceani e a influenzare le vita degli uomini non può essere solo un ammasso di detriti che viaggiavano per caso nello spazio e che, sempre per caso, si sono trovati.
La canzone
La canzone che mi ha ispirato questo anniversario è Moonlight Shadow di Mike Oldfield proprio perché ognuno di noi, almeno una volta, si è trovato solo nel chiarore lunare a riconoscere nelle sue ombre volti umani e a pensare ai propri sogni, ai propri errori, alle proprie speranze credendo che qualcuno le avrebbe ascoltate per realizzarle.
Goethe scrive: ‘’Fosse questa l’ultima volta, oh Luna, che tu guardi sopra di me travagliato!”. Non è forse quello che vogliamo tutti?
#LillyKnowsItBetter è la rubrica ideata e curata da Liliana Onori, l’autrice di Come il sole di Mezzanotte, Ci pensa il cielo e Ritornare a casa (ed. LibroSì). In collaborazione con LibroSì Lab, Liliana racconta dal suo particolarissimo punto di vista di bibliotecaria e soprattutto di abile narratrice di storie, cosa ne pensa di libri, fiction, personaggi e molto altro. Seguila anche sul suo canale Instagram: @cipensailcielo