di Franco Raimondo Barbabella per “Nuovi Orizzonti per Orvieto”
Partiamo dai dati di fatto.
1. Dopo anni di studi e discussioni pure documentate e approfondite non si è approdati ad alcuna certezza risolutiva, né tecnico-scientifica né tanto meno politico-strategica.
2. Ogni soggetto sembra voler andare per conto suo ignorando gli altri, anzi nei fatti prevalgono, soprattutto a livello politico-decisionale, ambiguità ed inganni.
3. La regione Umbria ne è il simbolo, sia nella componente di governo che in quella di opposizione.
4. I sindaci si allineano ai movimenti ecologisti ma non elaborano nessuna posizione che suoni come strategia di sviluppo alternativa sia allo sfruttamento inconsulto e speculativo che al non fare.
5. Alla fine il Governo decide a favore del progetto e di chi lo vuole realizzare ignorando proteste e pronunciamenti delle istituzioni locali e sposando di fatto l’interesse della sola azienda titolare del progetto. Seguono proteste e manifestazioni di alcune componenti sociali e istituzionali, ma alla fine è evidente che, se si restasse solo su questo piano, il risultato sarà, come altre volte, o la sconfitta o lo stallo. In ogni caso il territorio, stando alla situazione di oggi, ne esce con le ossa rotte: è evidente che non conta niente, che è trattato solo come serbatoio di voti, in sostanza come territorio da colonizzare. Il punto politico è se si vuole uscire e come da questa situazione.
Che cosa infatti non va in tutto questo.
1. Non va che per anni e anni non si sia nemmeno tentato un coordinamento istituzionale di territorio per assumere un ruolo significativo sia rispetto alle regioni sia rispetto allo stato.
2. Non va che per anni e anni ci si sia accontentati di dire no a tutto ciò che è modificazione dell’esistente come se questo garantisse di per sé un futuro sano e felice, mentre tutto diceva che non fare vuol dire inevitabile declino.
3. Non va che non si sia nemmeno tentato di impostare una strategia di sviluppo alternativa ai diversi no, perché ci sarà pure un si da dire su qualcosa sulla base di uno studio e di un lavoro impostato bene e condotto sapientemente sotto controllo pubblico, insomma un progetto di sviluppo territoriale serio, credibile anche nel senso dell’ecocompatibilità.
4. Infine, non va che tra le forze politiche si giochi a chi è più furbo e si nasconde meglio rispetto alle proprie responsabilità; in particolare fa rumore il silenzio di lega e cinquestelle dell’Umbria rispetto ad una decisione del governo nazionale a trazione appunto pentaleghista, decisione contro la quale si schierano in particolare sindaci dello stesso orientamento. È lecito rilevare che questa situazione dimostra che non contano nulla le omogeneità politiche e che invece conta ciò che si pensa e si fa per gli interessi reali delle popolazioni?
Quale posizione dunque?
1. Non si può che chiedere (e quindi si deve chiedere) al governo nazionale di sospendere la decisione già presa; analogamente si deve chiedere alle regioni di sostenere tale richiesta.
2. I sindaci e i consigli comunali non si limitino a protestare formalmente ma, nel caso non si venga ascoltati, organizzino una clamorosa azione di protesta con una manifestazione a Roma davanti a Palazzo Chigi e al Ministero dello sviluppo economico e del lavoro.
3. I sindaci e i consigli comunali diano corpo a forme di coordinamento che finalmente affrontino il tema del tipo e delle modalità di sviluppo del nostro territorio. 4. Poiché la vicenda dimostra che al documento di VIA non si dà il necessario credito in funzione delle garanzie per l’ambiente e la sicurezza, appare evidente la necessità di procedere ad ulteriori approfondimenti approdando poi a scelte istituzionali non ulteriormente aleatorie né di parte.
5. In definitiva dunque è ora di sapere, con motivato pronunciamento istituzionale, quali si sono da acquisire come incompatibili e quali al contrario come compatibili con la conformazione geologica, storica ed estetica, di questa vasta area non solo umbra ma interregionale. D’altronde d’ora in avanti tutte le amministrazioni dovranno sforzarsi di uniformare le rispettive linee d’azione agli obiettivi fissati dall’Agenda 2030.
6. Si chieda per tutte queste ragioni con estrema determinazione, al fine di un governo razionale delle cose, alla regione dell’Umbria (da subito, anche se si sa che si dovranno poi aspettare le elezioni) di varare finalmente un piano energetico regionale (oltre che un piano dei rifiuti, un piano sanitario, ecc. ecc.) che sia finalmente frutto di un rovesciamento della politica, da centralistica a policentrica territoriale.
Il messaggio che ne deve derivare è la fine contemporanea della politica rinunciataria da parte delle forze territoriali e della politica delle briciole e dello sfruttamento da parte dei poteri regionali e nazionali. Solo con strategie complessive di governo del territorio si eviteranno speculazioni, sfruttamento violento e imposizioni.