Lilly torna con la sua rubrica del venerdì e ci presenta un libro famosissimo le Notti bianche di Fedor Dostoevskij che legge però sotto una luce completamente diversa. L’abbinamento è con la canzone Mirrors di Justin Timberlake, “Sembra un po’ blasfemo – ci dice – associare la musica pop ad un romanzo di Dostoevskij, ma devo dire che il ritornello della canzone recita così…”. E allora scopriamolo!
di #LilliKnowsItBetter (alias Liliana Onori)
Un minuto intero di beatitudine, è forse poco per colmare tutta la vita di un uomo? Se lo chiede, proprio sul finale, il protagonista di questo romanzo famosissimo Le notti bianche, qui proposte nell’edizione degli Oscar Mondadori (credits fotografici: Liliana Onori).
Quanto amore basta? Quanto ne serve per essere felici? Il giovane scrittore che si aggira di notte per le strade di San Pietroburgo è in cerca di ispirazione, ma soprattutto di emozioni che possano risvegliare in lui il caos di sentimenti necessario per scrivere. Non prova più nulla, il nostro scrittore. Cammina tra case e vicoli e strade che ormai conosce bene, ma che lo fanno sentire estraneo a se stesso, ramingo nel suo mondo. Non c’è più niente in lui a guidare la sua mano e la sua penna sul foglio di carta. Un pellegrino a caccia di se stesso e dell’amore. E poi l’amore all’improvviso arriva. E arriva in una figura minuta che sta piangendo e sembra essere sul punto di gettarsi dal ponte. Nasten’ka. Una giovane che vive con la nonna, un’anziana signora cieca che la tiene sempre sotto stretto controllo, spillando addirittura i bordi dei loro vestiti insieme in modo che sappia sempre dove è e cosa fa. Un’asfissiante convivenza allietata solo dall’amore per l’affittuario che condivide l’appartamento con loro, un giovane che ricambia i suoi sentimenti ma che è partito un anno prima con la promessa di tornare da lei e sposarla. Ma l’anno è passato e lui non ha fatto ritorno. Per questo Nasten’ka piange. Per questo è pronta a morire: non ha più senso nulla per lei, senza il suo amore. E in quella notte, in quella loro condivisa disperazione e nella loro solitudine, le loro anime smarrite si trovano, si consolano e si danno la pace. Il nostro sognatore finalmente sente di aver ritrovato la sua musa, l’ispirazione persa e tanto attesa, e lei ha di nuovo il cuore pieno di amore. Tutto cambia in quella notte. Niente sarà più lo stesso. Lui saprà di nuovo di cosa scrivere e lei non si sentirà più sola. In un attimo lungo una notte, tutto cambia, tutto sembra tornare a posto, tutto il dolore viene dimenticato e tutto sembra di nuovo possibile e bellissimo. Ma è davvero così? È così che sarà per sempre tra loro? Avranno quattro notti per scoprirlo. Quattro notti in cui parleranno semplicemente di loro stessi, unendosi in un’intimità più profonda di quella fisica. Notti che non saranno solo notti, ma fusioni profonde di due essenze, di ricordi, di rimorsi, di speranze e di sogni, di illusioni e brutti risvegli, di ferite e tradimenti. Di due vite, quindi. Di due estranei che il destino ha messo sulla stessa strada affinché si trovassero e si guarissero, affinché da due si potesse diventare uno, un intero perfetto, chiudendo un cerchio, al contrario, imperfetto, mancante di un pezzetto di curva. Un intero per sempre.
Ma è davvero così che succede tra le persone? Basta davvero trovarsi? È così semplice? Forse, sì. Forse è così che va, per tutti. Ci si trova e tutto cambia di conseguenza. Noi non siamo più gli stessi. Qualcosa viene come deviato dal suo corso per un attimo. Come quando si getta un sasso in un fiume: per un attimo, il corso viene interrotto, deviato. Non cambia tutto il flusso, ovviamente. Un solo sasso non ce la fa a farlo. Ma quel sasso comunque resta lì, nel fiume, sul fondo. E non se ne va. Magari la corrente può muoverlo, può portarlo più a valle, può spostarlo verso destra o verso sinistra, di poco o di molto, ma il sasso non lascia mai più il fiume. Resta col fiume. E in qualche modo, anche se impercettibilmente sia agli occhi della gente che per il fiume stesso, il fiume non sarà mai più come era prima di quel sasso.
Le persone che incontriamo sono un po’ come dei sassi e noi siamo il fiume: entrano in noi e si depositano sul fondo. Alcune sono sassolini, altre sabbia, altre macigni, altre ancora montagne. Di alcuni sassi ci dimentichiamo, quasi, di altri no, ne sentiamo il peso della presenza, nel bene e nel male. E sono preziosi, più del diamante, più dell’oro. Diventano necessari alla nostra stabilità, alla nostra capacità di stare in piedi e di farcela. Diventano parte di noi, quasi come un appendice, come un organo aggiunto, indispensabile al pari di cuore, polmoni e cervello.
E a nostra volta, noi siamo i sassi dei fiumi degli altri. Cambiamo inevitabilmente la vita di chi ci trova. Nasten’ka, parafrasando un po’ le sue parole, dice al sognatore proprio questo: ‘’La mia mano trema e brucia come il fuoco perché tu l’hai stretta ed io non sono più stata la stessa. Qualunque cosa posa accadermi, noi non ci separeremo mai.’’.
Ma la domanda resta la stessa: quanto è l’amore che basta? Quanto ce ne vuole in una vita per sentirsi felici? Per non volerne di più o di meno? E quando l’amore è un amore giusto?
Ci ho pensato tanto in questi giorni, ma la risposta non me la sono saputa dare. Sicuramente, perché nemmeno io lo so quanto è ‘abbastanza’ o cosa è ‘giusto’. Forse, non lo sa nessuno. L’amore è una delle poche cose che non ci possiamo scegliere nella vita, perché è una delle poche su cui non abbiamo controllo. E non ce lo abbiamo nemmeno sulla sua intensità o sul suo destinatario. L’amore nasce da sé, non ti chiede il permesso e nemmeno scusa. Mio nonno dice che l’amore è come il temporale: quando arriva, lo senti. Altri dicono di essersi innamorati senza neanche accorgersene. Alcuni dicono che bisogna essere simili per stare insieme, altri sono convinti che invece bisogna essere diversi per completarsi. Dove sta, quindi, la verità? Forse solo nel fatto che tutto quello che viene detto o scritto sull’amore è vero. Un amore è quello che è, si arrende a quello che può essere. L’amore è amore, anche quando non fa per te, anche quando gli altri non lo capiscono e anche quando ti manda al manicomio. Forse, l’unica verità, è proprio questa. Ognuno sa solo la verità del suo amore.
La canzone
La canzone che mi ha ispirato questo romanzo è Mirrors di Justin Timberlake. Sembra un po’ blasfemo associare la musica pop ad un romanzo di Dostoevskij, mi rendo conto, ma devo dire che il ritornello della canzone che recita così: “The vacancy that sat in my heart is a space that now you hold, it’s like you’re my mirror, my mirror staring back at me […] and now it’s clear […] that we’re making two reflections into one” mi è sembrato perfetto per il messaggio del romanzo. Due diventano uno. E uno non è mai più solo perché avrà se stesso sempre anche nell’altro.
La trama: Passeggiando solitario lungo il fiume in una notte bianca, l’eroe del racconto – un tipico “sognatore romantico” che trascorre i suoi giorni immerso nella dimensione del sogno – incontra una ragazza che risveglia in lui il sentimento dell’amore. Coraggiosamente decide di fuggire dal regno dei sogni e delle fantasticherie e di aprirsi alla vita. Ma quando la ragazza gli rivela di amare un altro, la sua speranza svanisce, annullata dalla vendetta del destino, ricacciata nella dimensione del sogno, a un tempo capace di dare felicità e sofferenza. Un regno delle illusioni che è anche metaforicamente simbolo del male.
#LillyKnowsItBetter è la rubrica ideata e curata da Liliana Onori, l’autrice di Come il sole di Mezzanotte, Ci pensa il cielo e Ritornare a casa (ed. LibroSì). In collaborazione con LibroSì Lab, Liliana ci racconterà dal suo particolarissimo punto di vista di bibliotecaria e soprattutto di abile narratrice di storie, cosa ne pensa di libri, fiction, personaggi e molto altro. Seguila anche sul suo canale Instagram: @cipensailcielo