Liliana torna con un’intervista-racconto in cui ci parla di una grande amicizia con una persona molto importante nella sua vita. E ci svela che è per lui la dedica del libro Ritornare a casa … e anche qualcosa in più sul perchè i personaggi di questa storia sono appassionati di volo!
di #LilliKnowsItBetter (alias Liliana Onori)
Una volta ho letto che il calabrone ha una struttura alare che non è adatta al volo ma che nonostante questo ci riesce lo stesso, perché non ne è consapevole quindi si affida semplicemente al suo istinto e vola. Credo che per chi sogna di volare sia esattamente la stessa cosa. Quando conosci una persona da tanto tempo, sei convinto di sapere tutto quello che c’è da dire su di lei, ma a volte capita di accorgersi che non è così.
Avevo ventun’anni quando ho conosciuto Dino. Ero una ragazzina per certi versi, ancora. Non sapevo nemmeno bene che fare di me stessa, avevo solo la testa piena di sogni che riguardavano tutti diventare una scrittrice, ma nessuno con cui parlarne. Finché non ho trovato lui. Non so spiegare bene come siamo diventati amici, onestamente. Mi ricordo che abbiamo cominciato a parlare di cinema, un giorno, e che da lì non ci siamo più fermati. Passavamo le ore, ma davvero le ore, a parlare. Io non ho mai avuto un carattere semplice, mi sono sempre nascosta dietro muri altissimi che non permettevo a nessuno di scavalcare e sparavo a vista a chiunque ci provasse, e devo dire che in molti infatti si sono arresi presto.
Lui, invece, non lo ha fatto. Mi ripeteva che non aveva paura dei miei silenzi, che li poteva capire e che avrebbe aspettato che li rompessi io, che tanto non aveva fretta e che non andava da nessuna parte. E non è andato da nessuna parte per i seguenti diciannove anni. Mi ha insegnato davvero tante cose, prima tra tutte che se anche perdi qualcosa dentro di te, non è detto che tu lo abbia perso per sempre. Puoi ritrovarlo, col tempo, o puoi lasciare che un amico ti accompagni durante il viaggio e ti aiuti a raccogliere i pezzi. Lui ha rimesso a posto gran parte di questi pezzi di me stessa che mancavano, oltre a quelli che erano finiti nel posto sbagliato, ovviamente. Ha avuto pazienza, davvero tantissima. Più di chiunque altro mai nella mia vita.
Una delle cose che ci ha unito è stata essere due sognatori, perché i sognatori tra loro si capiscono, in fondo, capiscono che cosa significa provare quella sensazione continua di bisogno estremo di seguire i propri sogni, e la riconoscono subito in chi ce l’ha. Noi eravamo davvero inguaribilmente innamorati persi dei nostri sogni. Io ho sempre e solo voluto essere una scrittrice, lui invece un pilota d’aerei. Ma questo non è stato il più facile dei sogni, per lui. Non è stata neanche una strada dritta che dalla partenza lo ha condotto subito in una cabina di pilotaggio. Diciamo che ha fatto il giro lungo. É passato per più lavori, ha fatto tanti sacrifici, scelte sbagliate e altre giuste, ma che completamente giuste non lo sono mai state, forse, perché continuava a sentire che qualcosa in fondo in fondo mancava, ma soprattutto perché continua ad alzare gli occhi verso il cielo immaginando solo di essere lì. Leonardo Da Vinci dice che quando qualcuno è stato nel cielo e poi torna a camminare sulla Terra sarà sempre verso il cielo che continuerà a guardare, perché sarà per sempre lì che vorrà tornare. E per Dino è stato così, anche prima di imparare a volare.
Un sogno non è qualcosa che si possiede, è qualcosa che si è. E Dino pilota lo è stato sempre, anche prima di saperlo lui stesso, in qualche modo. Non ti puoi scegliere la tua natura, nasci come nasci e resti per sempre quello che sei. Lui è nato pilota e sarà sempre pilota, anche senza un aereo. Un po’ come gli Avengers: una volta vendicatore, per sempre vendicatore. E proprio per questo, nonostante tutto quello che il suo sogno gli ha tolto, lui dice che rifarebbe ogni volta tutto da capo, perché alla fine non importa chi ti abbandona, chi non crede in te, chi ti deride e chi non ti capisce, non importano i sacrifici, le delusioni, la solitudine, le lacrime e nemmeno il dolore. L’unica cosa che conta è il tuo sogno. Non ci sta altro nella tua testa, mai. E magari ci sono volte in cui il tuo sogno non è proprio come te lo aspettavi, a volte è difficile, a volte lo odi, altre addirittura lo maledici, ma è tuo, e benché per te non abbia pietà un attimo, non vorresti mai non averlo avuto.
Ammetto di avergli dovuto fare tantissime domande per scrivere questo pezzo, perché di aerei capisco solo la paura che ho quando ci salgo a bordo, e Dino mi ha spiegato le manovre e i termini tecnici e mi ha raccontato di incidenti a bordo, di impatti da volatili, di avarie e di tutto il resto e la prima cosa che mi è venuto spontaneo chiedergli è se ha mai paura quando è lassù, ma lui mi ha risposto che entrare in una cabina di pilotaggio è un po’ come passare per un portale. Esci da te stesso, da tutto quello che hai intorno e dentro di te. Non ci sono più pensieri, non ci sono paure, niente distrazioni né tentennamenti. Neanche il pensiero di avere nelle mani la responsabilità della vita di tante persone lo agita. Lui pensa solo all’aereo, ma non si tratta soltanto di manovre e traiettorie di volo, perché quando poi è davvero lassù e guarda tutto quello che c’è sotto di lui e che si estende fino alla linea curva dell’orizzonte, non può fare a meno di sentire qualcosa che gli si agita nel petto. Quello che sente quando vola, non ha saputo descrivermelo, quindi provo a farlo io. É la felicità, secondo me. Quella cosa che a noi sognatori ci si muove dentro come una bestia e ci afferra senza scampo, ci stritola e ci ammazza, facendoci rinascere però ogni volta, è la felicità. É il sogno quando non è più solo un sogno. E l’unica cosa che puoi fare in quei casi è metterti una mano sul cuore e riprendere fiato man mano che ricomincia a battere regolarmente. Ma è una sensazione che non ti scordi più, che ti si fissa dentro e di cui non puoi più fare a meno. Dino dice che tutto quello che vede dai finestrini del suo aereo, anche se lo ha già visto tante volte, è sempre, e cito testualmente, fonte di grande emozione e che quando indossa la sua divisa, si sente fiero e orgoglioso. Non esiste fatica quando ha quella divisa addosso. Le ore di volo non lo sfiancano e quando scende dal suo aereo, pensa solo a quando ci potrà risalire.
Il decollo è il momento che gli piace di più, ovviamente. e secondo me non è soltanto perché rappresenta l’inizio del volo. C’è molto di più. In quel momento, quando l’aereo si muove, tutto quello che Dino è dentro di sé si espande al punto tale che non esistono più soltanto un corpo umano e un aereo. Esiste un tutto, un intero e l’intero diventa una macchina di ferro con le ali e con un cuore nella testa. Dino è un calabrone con le ali di ferro, in un certo senso.
Oggi Dino è Primo Ufficiale di una compagnia aerea che lo fa viaggiare in tutta Europa e nel corso degli anni ha vissuto in tanti posti, alcuni belli, altri meno, e dice che in ogni posto ha conosciuto qualcuno che gli ha lasciato qualcosa di sé che poi lui si è portato via. Non solo colleghi o ufficiali più alti in grado, ma anche semplici persone incontrate per caso. Quindi non è mai il posto in cui è stato ad avergli reso il viaggio indimenticabile, ma le persone che ha trovato lì, le cose che gli hanno insegnato e che hanno cambiato il suo modo di vedere e sentire il mondo e quello che ci sta dentro.
La prima volta che ha volato da solo, confessa di non aver neanche capito quello che gli stava succedendo. Ha parlato con la Torre chiedendo l’autorizzazione per il decollo, ha decollato, ha volato e poi è atterrato. E per una settimana intera ha vissuto come se non fosse successo niente, ma poi un giorno tutta l’emozione del suo Primo Solo gli è arrivata addosso con una violenza tale che non si è più ripreso e ancora oggi non riesce a spiegarlo quello che ha sentito nel pilotare per la prima volta, sa solo che è una delle cose più belle che gli siano mai successe nella vita, seconda soltanto alla nascita di suo figlio.
Questa è una rubrica letteraria, è vero, e probabilmente potrà sembrare che non c’entri niente parlare di un pilota di aerei, ma in qualche modo stavolta c’entra perché a questo pilota è stato dedicato un libro, il mio (Ritornare a casa, ndr). E poi comunque credo che ci siano cose che devono essere raccontate e persone di cui si deve scrivere, perché anche gli altri sappiano che esistono dei sognatori straordinari che hanno cambiato la vita di altri sognatori.
Una cosa che ho imparato da Dino è che esiste un posto tra quello che è giusto in assoluto e quello che è invece giusto soltanto secondo noi, e che è in quel posto di mezzo che stanno i legami che uniscono le persone. Un rapporto è quello che è, a volte invece è solo quello che può essere, ma sono sempre le persone che si incontrano in quel posto, a metà strada, a dare valore a ciò che le unisce. A distanza di quasi vent’anni posso dire con tutta la sincerità di cui sono capace che Dino è il mio migliore amico e che la dedica sul mio libro è una delle cose di cui vado più orgogliosa. E se questo non lo sapeva già, da adesso almeno sì.
La canzone
Decidere che canzone associare a questa intervista non è stato semplice. Ne ho pensate tantissime, tutte perfette tra l’altro, ma alla fine ho scelto Nothing else matters dei Metallica perché alcune cose contano davvero più di tutto il resto. I sogni e le amicizie, per esempio. E io sono particolarmente fortunata perché grazie a Dino, e a pochi altri, li ho entrambi.
#LillyKnowsItBetter è la rubrica ideata e curata da Liliana Onori, l’autrice di Come il sole di Mezzanotte, Ci pensa il cielo e Ritornare a casa (ed. LibroSì). In collaborazione con LibroSì Lab, Liliana ci racconterà dal suo particolarissimo punto di vista di bibliotecaria e soprattutto di abile narratrice di storie, cosa ne pensa di libri, fiction, personaggi e molto altro. Seguila anche sul suo canale Instagram: @cipensailcielo