Nuovo appuntamento con la sfiziosa rubrica curata dalla scrittrice Liliana Onori che ci consiglia un libro e una canzone. Oggi troviamo il primo volume di L’anello di HellCity (Seme Bianco ed.), scritto da Francesco Di Giulio. Un autore emergente.
Francesco Di Giulio: L’anello di HellCity
di #LillyKnowsItBetter (alias Liliana Onori)
Non credevo che sarebbe stato difficile commentare questo libro (Amazon: https://www.amazon.it/Lanello-HellCity-Rinascita-Francesco-Giulio/dp/8833611299) ed invece devo ammettere di non sapere bene quali sono le parole giuste da usare per descrivere e riportare non solo la sua trama ma anche il suo messaggio. Credevo di averlo capito semplicemente parlando con l’autore, ma non era così. Avevo sottovalutato il senso di quello che viene raccontato in queste pagine, il senso dei protagonisti che vivono tra le mura di cemento di questa città, HellCity, protetta da videocamere di sorveglianza, dove ogni cittadino è monitorato da microchip sottocutanei che registrano ogni movimento, ogni loro azione, ogni reazione. Benché il libro presenti tutti gli elementi tipici e imprescindibili del classico romanzo distopico, c’è qualcosa che lo rende diverso dagli altri. La distopia è la rappresentazione negativa di uno stato futuro di cose in cui l’uomo vive schiavo di un regime totalitario dove la tecnologia e la politica sono padrone della sua intera esistenza.
HellCity ha ed è tutto questo: un governatore che tiene in mano le redini di ogni cosa, una Polizia che controlla che le leggi vengano rispettate anche a costo di usare la violenza spinta al limite estremo, una natura distrutta dalle guerre nucleari e un’umanità divisa, tornata agli albori della civiltà fuori dalle mura o prigioniera della tecnologia al suo interno. Ma c’è di più. Anzi, c’è qualcosa che manca. Niente sentimenti a HellCity, niente relazioni, nessun legame. Niente libertà. Questo è il nodo centrale intorno a cui si svolgono le vicende dei protagonisti e della città stessa: la libertà. Libertà che non è solo assenza di catene e di padroni ma una condizione più profonda, che non ha a che fare solo col corpo, ma principalmente col pensiero. Ed è qui che è arrivata la mia difficoltà nel descrivere questo romanzo. Non ho mai pensato realmente al concetto di libertà, forse perché sono nata libera, in un mondo libero, in cui non ho mai dovuto lottare per un diritto che mi veniva negato perché quando ci sono arrivata io in questa parte di mondo non esistevano più né padroni né schiavi e chi aveva combattuto perché così fosse stava già sui libri di storia e chi invece ancora lo faceva era solo una figura al telegiornale della sera con in mano fucili o cadaveri, guerriero in terre lontane da me fisicamente e culturalmente. Dopo questo libro, invece, ho iniziato a valutarla questa libertà, a ragionare su cosa sia davvero e allora ho capito che avevo compreso le parole dell’autore solo in parte. Ho capito che la libertà di essere quelli che si è, di vivere la vita a proprio modo, di fare o non fare, di dire o tacere, di partire o tornare è la libertà di scelta. La possibilità di scegliere, questo è la libertà. Niente di più semplice eppure niente di più importante. In una discussione tra tre dei protagonisti, ci si interroga proprio su questo: Abram sostiene che avere un padrone che dice quando, come, dove e perché si debba vivere sia una salvezza, perché senza la necessità di dover scegliere con la propria testa non c’è margine di errore, non ci sono conseguenze, non ci sono rimorsi, né caos; Geoffrey invece vuole una libertà assoluta, la libertà fisica di scappare, di non avere catene né imposizioni, di poter andare senza paura di voltarsi e, poi, Jayson che in qualche modo ancora non lo sa, ma che sente che qualcosa deve cambiare a HellCity, che deve esserci una giusta via di mezzo tra le due strade che permetta all’uomo di scegliere senza superare il confine del caos, della guerra e del non ritorno. Si deve poter scegliere anche se essere schiavi. Sembra un paradosso perché, in fondo, chi lo sceglierebbe mai? Eppure, in qualche modo, tutti siamo liberi e schiavi, e me lo ha fatto capire questo libro. Siamo liberi nella scelta e schiavi dei sentimenti che ci animano. Ma ciò che ci salva da questo è che siamo anche liberi di cambiare la scelta fatta, di tornare indietro e aggiustare il tiro, di prendere un’altra strada e rimediare lì dove si può, di provarci almeno, oppure di voltarci e continuare sulla stessa strada o su un’altra che chissà dove potrebbe portare.
La canzone che mi ha ispirato questo romanzo è dei Blind Guardian, la gotica The Bard’s song sulla strofa: “In a world far away, we may meet again’’ perché una frase che mi ha colpito molto di questo romanzo recita: ‘’La salvezza è altrove”. E forse è così. Forse siamo già tutti predestinati, forse ogni scelta è già stata prevista e decisa dalle Parche o da qualche Dio che ci aspetta al di là di questa vita. Forse invece è solo tutto caso e coincidenza, o forse esistono davvero i multiversi dei fumetti Marvel in cui ci sono tante vite e tanti noi che fanno scelte diverse da quelle di qui, e che vivono la vita che sarebbe potuta essere se… Ma magari è solo bello pensarlo, però come dice una vecchia canzone, il vantaggio di questo nostro mondo è che ‘’il tempo passa e quindi il peggio può già essere stato superato.’’. Non ci resta che vivere quindi, credo, e vedere dove ci porta la strada che abbiamo imboccato. Ricordandoci e sapendo di poter cambiare direzione in ogni istante.
L’anello di HellCity. Rinascita. Volume 1, la trama (link al catalogo): HellCity è una città-regime, protetta da mura di cemento e controllata da telecamere. I cittadini vivono subordinati a leggi restrittive e, a seguito di una guerra nucleare che ha quasi estinto l’intera razza umana, sono convinti che la città sia l’unico luogo sicuro sull’intero pianeta. I cittadini non percepiscono la loro reale situazione e vivono schiavizzati da un sistema totalitario che li fa credere liberi, invece, tramite il bombardamento di false informazioni, l’istallazione di microchip sottocutanei e l’utilizzo di palmari, l’apparato di sicurezza cittadino tiene sotto controllo l’intera comunità. Jayson però si renderà conto del condizionamento mentale e risveglierà la sua mente dall’oppressione che grava sulle loro vite.
L’autore Francesco Di Giulio, classe 1984, vive a Roma con la sua famiglia. Viaggiatore anarchico tra cuore e mente, questi ultimi anni, nei suoi continui viaggi tra l’Italia e l’Olanda, ha fatto parlare il suo cuore trovando l’arabesco di un amore letterario. Istintivo e comunicatore di passioni, ha scelto la strada della Libertà. Puoi seguirlo anche sul suo profilo Instagram: @fdgwriter
#LillyKnowsItBetter è la rubrica ideata e curata da Liliana Onori, l’autrice di Come il sole di Mezzanotte, Ci pensa il cielo e Ritornare a casa (ed. LibroSì). In collaborazione con LibroSì Lab, Liliana ci racconterà dal suo particolarissimo punto di vista di bibliotecaria e soprattutto di abile narratrice di storie, cosa ne pensa di libri, fiction, personaggi e molto altro. Seguila anche sul suo canale Instagram: @cipensailcielo