L’esperienza del cammino portoghese centrale per Santiago di Compostela
di Mario Cusmai
Solitamente le aspettative ci fregano nelle relazioni umane e, più in generale, nei nostri vissuti esperienziali. Quando pianifichiamo un viaggio, progressivamente, ci facciamo un’idea di come potrà essere e la nostra mente inizia a viaggiare. Ci siamo incamminati, Valentino ed io, da Porto sabato 20 aprile. E siamo giunti a Santiago lunedì 29 dopo oltre 300 km percorsi stanchi ma felici e commossi.
Mai avrei pensato che il cammino di Santiago potesse riservarci così tante sorprese! Incontri magici e fulminanti: le immagini raccontano storie e, in questo caso, percorsi narrativi dalle mille sfaccettature e dai colori cangianti, ce ne sono davvero una miriade. Regina, nome d’arte Matilda (Matilda are you mitic gli abbiamo detto, ricordandole il film con Danny De Vito), clown di corsia in Germania, Nicoletta di Fiumicino che, insieme al compagno ha preso in gestione un punto di ristoro in Portogallo rivolto ai pellegrini: quando l’abbiamo conosciuta stava preparando il suo famigerato tiramisù – che non abbiamo potuto assaggiare – e appena ci ha visto con i nasi rossi al collo ha chiesto informazioni sull’Associazione di Clownterapia, Antas Onlus , con cui svolgiamo attività di volontariato. Il giorno dopo mi ha scritto su facebook: lei e il compagno avevano effettuato una donazione all’Associazione… speechless.
Federica e Ilaria designer di Milano, Henrique e Vanessa dal Brasile, con cui abbiamo vissuto un’esperienza incredibile. La domenica di Pasqua, il 21 aprile, stavamo camminando insieme a loro in direzione di Barcelos. A un certo punto, con la coda dell’occhio, notiamo che si apre la porta di una casa ed esce una signora (le nonne sono uguali in tutto il mondo avrebbe detto poi il mio amico Valentino) e ci invita a mangiare, unendoci alla sua famiglia… in Portogallo, in particolare, abbiamo riscontrato una sorta di “adorazione” per i pellegrini, un mix di rispetto profondo e cura relazionale, che non abbiamo poi ritrovato così sincero e sentito in Galizia.
Guilherme, signore 62enne di Lisbona, arzillo come un giovanotto, al suo settimo cammino (la seconda volta che stava “affrontando” quello Portoghese) che al nostro arrivo all’ostello di Tui, il primo “avamposto” spagnolo dopo Valenca (ultima località portoghese prima del confine), vedendo i miei piedi “martoriati” dalle vesciche, senza proferire parola, mi ha preso un piede, l’ha poggiato sul suo ginocchio e mi ha curato una delle fastidiose vesciche che avevo. A Valentino ha invece massaggiato i piedi con l’arnica. Episodi come questi contribuiscono a farti riscoprire e toccare con mano una generosità spontanea che genera una reciprocità relazionale autentica.
Rudi insegnante in pensione che vive a Bolzano e che ha completato l’intero Cammino Portoghese Centrale partendo da Lisbona, Giorgia che sta facendo un’esperienza di Servizio Volontario Europeo in Algarve, Paolo di Madrid che ci ha prospettato un invito, ospiti a casa sua, incuriosito di conoscere e praticare lo Yoga della Risata
Jonas simpatico 21enne tedesco, Alexandre di Bruxelles, Luca di Anagni Milia e Marra (figlia e mamma finlandesi); Milia di una bellezza disarmante, bella anche mentre dormiva. Ana e Antonio coppia messicana, Eugenio e Valeria di Roma, Max e Silvia di Torino, quest’ultima dotata di una curva vivace e calamitante: il suo dolcissimo sorriso
Muscia dal Brasile, Martina e il suo compagno di Monaco, Marianna ragazza portoghese che mi ha regalato un’ampolla di stelle, Desirè ragazza spagnola di La Coruna matta come un cavallo conosciuta una sera a Santiago che appena ci ha visto si è messa a cantare “com’è bello far l’amore da Trieste in giù” … e avrò sicuramente dimenticato qualcun*. Un grazie di cuore a Valentino … abbiamo riso e pianto insieme, abbiamo camminato con il sole, con la pioggia e con la grandine attraversando paesaggi immersi in ritratti fiabeschi. Ti voglio bene amico.
“Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo ancora imparato la semplice arte di camminare uniti come fratelli”
(Martin Luther King)
A valle di questa sorta di breve diario di bordo, mi fa piacere riportare l’estratto di un articolo de Il Corriere della Sera ripreso da Il Fatto Quotidiano che fa riferimento a una ricerca universitaria proprio per indagare sull’esperienza del Cammino di Santiago:
Si chiama Ultreya, come l’esortazione che si fa ai pellegrini per andare avanti e proseguire sulla strada. Ed è una ricerca promossa dall’Università di Saragozza che per la prima volta vuole misurare gli effetti del Cammino di Santiago sul benessere fisico e mentale. Tutti coloro che intendono partire possono partecipare rispondendo a un questionario e attraverso ulteriori domande – al ritorno e dopo massimo tre mesi – i ricercatori profileranno nel rispetto della privacy gli effetti a breve e lungo termine. Finora sono migliaia le persone che hanno contribuito con le loro esperienze alla ricerca, dalle quali emergono risultati chiari: sì, il Cammino di Santiago cambia la vita in meglio.
Album fotografico
Ultreya e Suseia: Quasi tutti i pellegrini che hanno affrontato il cammino di Santiago hanno certamente sentito queste due strane espressioni, e mentre qualcuno ha cercato di approfondirne il significato, altri non ne hanno sentito la necessità. Credo che tutti costoro non le abbiano però dimenticate, e, riascoltandole, le associno immediatamente al cammino. Una delle caratteristiche fondamentali di questo fenomeno è infatti l’importanza della tradizione, intesa come insieme di gesti, rituali e forme gergali che si fanno appartenere alla vasta ed eterogenea comunità dei pellegrini. Entrambe le parole derivano dal latino, ultreya: ultra (più) ed eia (avanti), mentre suseya potrebbe tradursi avanti verso l’alto. L’origine della loro apparizione sembrerebbe datare al XII secolo, in una canzone compresa nel “Codex Calistinus” che nel dare il benvenuto ai pellegrini diceva tra l’altro: Ultreya e suseya, adjuva nos Deus. Questa frase potrebbe descrivere l’immaginario dialogo di un incontro sul cammino; dove vai o pellegrino? Ultreya, avanti, si rispondeva e l’interlocutore ribatteva: suseya, in alto(andrai), Dio ci protegge. Molto probabilmente era questa l’espressione che usavano tra di loro i pellegrini dell’antichità quando si incontravano. Può darsi che la interpretazione più corretta possa anche essere la più semplice, più oltre, più su, verso Santiago, ma mi pare più profondo pensare che chi si incontrava si rivolgesse un invito ad andare avanti, sotto la protezione di Dio, per raggiungere le vette dello spirito. Qualunque sia la più ortodossa traduzione, resta il magnifico e semplice ritornello che si tramanda tra i pellegrini da circa mille anni e che tutti riconoscono come elemento di comune aggregazione. Da: http://www.monzatoday.it/cronaca/curiosita-sul-cammino-di-santiago-de-compostela.html
Mario Cusmai si presenta: MTa® Learning facilitator, Teacher di Yoga della Risata® e LEGO® SERIOUS PLAY® facilitator, sono appassionato di apprendimento esperienziale, magia comica e giochi cooperativi. Lavoro su attività di ricerca finalizzate alla valorizzazione delle metodologie didattiche esperienziali in contesti non formali e informali. Collaboro alla progettazione e realizzazione di percorsi formativi in modalità blended realizzati dal gruppo di ricerca coordinato dal Prof. Alberto Quagliata (Dipartimento Scienze della Formazione, Università degli Studi RomaTre) e sono componente del Laboratorio di I-learning e Digital Storytelling. Sono co-autore di pubblicazioni scientifiche sui temi della formazione in Rete, dell’apprendimento esperienziale e sui modelli pedagogici a essi connessi. Svolgo attività di clownterapia e di formazione con l’associazione Antas Onlus. Seguilo sul suo canale Instagram: @cous_cous8