ORVIETO – Una sentenza del Tribunale del Lavoro di Terni ha riconosciuto che può esistere un nesso causa – effetto tra l’esposizione all’amianto e l’insorgenza del tumore al cervello, dando così ragione agli eredi di un lavoratore che risiedeva nel territorio orvietano. Per quasi tutta la sua vita, l’uomo, deceduto in seguito alla malattia, aveva lavorato come meccanico in un’azienda di Orvieto, venendo a contatto quotidianamente con le polveri di eternit presenti soprattutto nel sistema frenante delle autovetture: negli anni scorsi, lo stesso lavoratore aveva visto riconosciuta, con sentenza passata in giudicato del Tribunale di Orvieto, l’esposizione all’amianto, usufruendo così della possibilità di un pre-pensionamento.
“Purtroppo – spiega l’avvocato Luciano Pascucci, legale degli eredi del lavoratore deceduto – poco tempo dopo il pensionamento l’operaio si è ammalato di una forma di cancro al cervello rimettendoci la vita. La causa da noi intentata voleva veder riconosciuti i benefici previsti agli eredi di famiglia ma abbiamo dovuto dimostrare al Tribunale di Terni, che l’amianto può causare non solo tumori polmonari ma anche altri tipi di neoplasie, che possono colpire altri organi del corpo”.
L’INAIL infatti, prima di questa sentenza, non contemplava tra le malattie causate dall’amianto il tipo di tumore di cui è stato affetto l’operaio, rifiutando qualsiasi forma di pagamento agli eredi del lavoratore.
“Abbiamo dovuto lavorare sodo – prosegue il legale che assieme all’avvocato Maria Serafina Pascucci ha curato la causa in questione – poichè abbiamo dovuto approfondire un argomento medico – scientifico difficile, usufruendo della consulenza di medici e luminari del settore, nonchè degli studi pubblicati dal professor Giancarlo Ugazio che da anni si va battendo per affermare che l’amianto è causa di molte altre patologie oltre a quelle finora riconosciute.
Il Tribunale di Terni ha nominato un proprio consulente che ha ritenuto che le evidenze scientifiche da noi presentate, fossero più che sufficienti per affermare che l’insorgenza della malattia del nostro cliente fu determinata dalla quotidiana esposizione all’amianto sul posto di lavoro. Non so se questa potrà essere una sentenza rivoluzionaria, che potrà fare giurisprudenza in tutto i tribunali d’Italia, di certo è qualcosa che ci gratifica per l’enorme lavoro svolto per supportare quello che noi ritenevamo fosse giusto. In sede processuale”, prosegue il legale, “l’INAIL ovviamente si è difesa con le unghie ma dopo la sentenza ha tenuto un comportamento rispettoso e di basso profilo. Anche gli eredi dello sfortunato lavoratore erano titubanti se intraprendere o meno la causa, abbiamo dovuto effettuare un’opera di convincimento sempre basata su studi e approfondimenti scientifici di alto livello”.
Giurisprudenza l’ha fatta anche la sentenza del Tribunale di Orvieto, emessa negli anni scorsi, che ha comunque riconosciuto al lavoratore la ripetuta esposizione all’amianto e quindi la possibilità di usufruire dei benefici per andare in pensione anticipatamente. “Purtroppo non sapevamo ancora che di lì a poco si sarebbe effettivamente ammalato a causa di questo”, conclude l’avvocato Pascucci. (Gabriele Marcheggiani)