di Gabriele Macheggiani
ORVIETO – Parafrasando Marx e l’incipit del celebre Manifesto, si potrebbe dire che uno spettro si aggiri sulla Rupe, quello del Movimento Cinque Stelle e del suo cospicuo tesoretto di voti che non troverà nessuno a cui affidarsi. Invero, nonostante la lista non abbia ricevuto il benestare a presentarsi da parte della fantomatica piattaforma Rousseau, (a proposito di fantasmi…), Lucia Vergaglia, già candidata sindaco per il Movimento e consigliere comunale uscente, è una delle persone più corteggiate dalla politica orvietana.
L’avvocato di origini partenopee, molto attiva sugli scranni del consiglio, aveva già da tempo manifestato la sua disponibilità a candidarsi a sindaco, forte del buon risultato ottenuto sia nella precedente tornata amministrativa, che alle elezioni Politiche del 2018: nonostante non sia orvietana e risieda in città da pochi anni, sia dai suoi avversari politici che dall’opinione pubblica cittadina, le è stato sempre riconosciuto un apprezzamento che lei pensava di portare in dote il prossimo 26 maggio. Così non è stato evidentemente e se Orvieto rimarrà orfana del simbolo dei Cinquestelle, Lucia Vergaglia aveva già da un po’ di tempo compreso che qualcosa era cambiato nell’aria, che la dirigenza regionale e nazionale M5S stava riposizionandosi su altri contrafforti strategici, adoperando altri accorgimenti tattici: insomma, pare proprio che per lei e il suo modo di fare politica non si sia trovato posto.
La Vergaglia è una grillina della prima ora, verace e battagliera, che aveva iniziato a muovere i primi passi nel Movimento a Napoli, nei “Comitati per l’acqua pubblica”, una delle prima storiche battaglie dei Cinquestelle, che vedevano l’attuale presidente della Camera, Roberto Fico, tra i personaggi di spicco in Campania.
A pensar male si fa peccato, diceva Giulio Andreotti, ma spesso ci si azzecca e forse proprio la sua provenienza dall’area di riferimento di Fico, la sua mole di battaglie ambientaliste che hanno avuto il loro clou nella ferma opposizione all’ampliamento della discarica delle Crete, potrebbero averla messa, diciamo così, sotto una cattiva luce, pregiudicandole la possibilità di ricandidarsi.
Che il M5S, a livello nazionale e regionale, abbia altre sensibilità rispetto a quelle di un’area più movimentista riconducibile allo scranno più alto di Montecitorio, non è un mistero per nessuno, tanto che ogni tre per due si legge una dichiarazione di Roberto Fico in controtendenza rispetto alle politiche governative avallate da Luigi Di Maio: molto probabile che la Vergaglia sia rimasta schiacciata in questa diatriba interna al Movimento, che qualcuno abbia visto nella sua azione un’eccessiva dose di autonomia politica e di libertà di coscienza, tutte cose che non sono digerite benissimo da quelle parti.
Non dimentichiamo poi che la consigliera Vergaglia ha impedito, di fatto, che la giunta Germani venisse sfiduciata proprio nel pieno della battaglia sull’ampliamento della discarica orvietana e questo atteggiamento non deve essere stato molto apprezzato là ove si puote ciò che si vuole.
Le cinque domande poste ai candidati sindaco in questa tornata elettorale, di cui anche Orvietosi ha dato conto, sono il sunto di un suo personale percorso cominciato nel 2014, al quale la Vergaglia tiene particolarmente, argomenti e progetti che l’hanno vista protagonista attiva negli ultimi cinque anni, dei quali sente la maternità politica e che spera vengano approfonditi e sviluppati anche dal prossimo sindaco e dal nuovo consiglio comunale.
Le sue domande sono state un sasso lanciato nello stagno, una scossa a tutta la politica orvietana impegnata in una campagna elettorale abbastanza scontata, a tratti noiosa, nella quale tra presentazioni in stile Publitalia anni ’90 e valanghe di video e messaggi sui social network, si rischia di perdere di vista un dato deprimente: c’è la concreta possibilità che, a prescindere da chi vinca, il nuovo consiglio comunale di Orvieto sia composto per l’80% da persone che già ne facevano parte negli ultimi dieci anni, che hanno ricoperto tutti i ruoli possibili e immaginabili, con buona pace della richiesta di novità e di cambiamento di cui tutti si dicono portatori, confidando nella memoria cortissima dell’elettore medio.
Chi ha cortesemente risposto alle domande poste dalla Vergaglia su lavoro, riqualificazione della Caserma Piave, patrimonio Unesco del territorio circostante, identità orvietana e ambiente, sa benissimo che l’avvocato di Napoli di proposte in consiglio ne ha prodotte molte (basti pensare al rilancio del Centro Studi “Gianni Rodari”) e che il suo contributo è stato senz’altro un arricchimento per la città. Perchè allora non lanciare un messaggio in controtendenza, prendere una posizione forte e impegnarsi in una promessa da offrire agli orvietani, per dimostrare che la politica sa anche prendere decisioni coraggiose premiando chi ha a cuore, in maniera disinteressata, il territorio e la gente che lo abita? Chi, dunque, tra i candidati a sindaco, se la sente di offrire a Lucia Vergaglia un assessorato esterno nella prossima Giunta? Chi, tra Giuseppe Germani, Franco Raimondo Barbabella, Roberta Tardani (gli unici che hanno risposto alle sue domande), vorrà dar voce anche nella prossima amministrazione ad una persona che ha ampiamente dimostrato di avere a cuore la città e il suo territorio, che ha fatto della Rupe il proprio orizzonte di vita? Nello scontato rito che segue ogni elezione, chi se la sente di rivendicare le mani libere nelle scelte di composizione della Giunta? Sarebbe un messaggio di coraggio e autonomia politica che i candidati a sindaco lancerebbero in questa campagna elettorale dove sembra che tutti stiano solo aspettando lo scarto di voti tra i candidati al primo turno.