Markesing 7
I Contenitori della Città
Domenica 19 Maggio 2019
di Gianni Marchesini
Eccoci giunti alla fine del progetto di Markesing. Siamo partiti dall’assunto che Orvieto, perduta la più parte dei suoi motori economici si trova nel bel mezzo di una crisi epocale a causa della quale necessita certo di un’amministrazione ordinaria ma soprattutto, nel medio/lungo termine, di un intervento di natura straordinaria.
Per ottemperare a ciò è opportuno che l’Amministrazione Comunale costituisca un’Agenzia per la Città che si applichi a quanto segue:
a) Individui nel Turismo il volano dell’economia cittadina.
b) Faccia del Turismo una Industria della Città con l’obiettivo di creare profitti a beneficio fiscale dei cittadini.
c) Abbia, tale industria, come attività principe, la trasformazione del Turismo attuale in TURISMO ESPERENZIALE.
d) Costruisca ex novo l’offerta turistica, sviluppi insomma il Menù dei Prodotti Esperenziali.
e) Si ispiri alle tre parole di bellezza, qualità, riconoscibilità.
f) In stretta collaborazione con il Comune, dia luogo a un restyling completo della città in modo che la sua stessa vista, soprattutto negli aspetti sin ad ora trascurati, si presenti al visitatore come un’esperienza unica.
g) Munisca la città di un Brand, un Marchio di forte attrattiva.
h) Incoraggi alla formazione di brand di categoria il comparto commerciale-produttivo cittadino cosicché possa con esso collaborare con coerente strategia generale.
i) Si adoperi a una riduzione graduale degli eventi in quanto strumenti turistici spesso inutili selezionando soltanto quelli trasformabili in accattivanti esperienze per il turista.
Gli eventi nella maggior parte dei casi non sono esperenziali, ma piuttosto autoreferenziali: generalmente sono gli eventi che promuovono gli eventi stessi. Inoltre la maggior parte di essi si è ormai omologata: ciò che si vede a Orvieto, identico lo si può vedere a Bevagna, a Gubbio, in una città delle Marche o del Nord Italia.
Le città sono assediate pressoché tutto l’anno da accampamenti di lanzichenecchi occupanti, tali sembrano quegli orribili gazebo che offrono le stesse cianfrusaglie che trovi in tutti gli accampamenti di lanzichenecchi occupanti sparsi per la penisola. La maggior parte degli eventi sono riproposizioni dimesse e stantie delle solite compagnie di giro. Ne consegue una città impersonale, anonima, simile a molte altre dove il turista, a volte, non sa nemmeno dove si trovi.
Sarà necessaria allora una rigorosa rivalutazione degli eventi optando esclusivamente per quelli che hanno un brand forte e/o che, per la loro natura, offrono un’esperienza speciale al turista. (Umbria Jazz ad esempio, che, nonostante la crescente presenza dei festival del jazz, conserva ancora un forte brand). Nei sei interventi precedenti ho, ritengo, illustrato esaurientemente i punti sopracitati. Ma perché il quadro sia del tutto completo, bisogna aggiungere un’ultima categoria di non poco conto.
Tale categoria riguarda le strutture della città, i cosiddetti Contenitori. Per comodità di comprensione ho diviso i Contenitori in tre tipologie:
a) Contenitori ambientali
b) Contenitori istituzionali
c) Contenitori inattivi
Ai primi, i contenitori ambientali, fanno riferimento realtà cittadine di attività storiche come il Mercato di Piazza del Popolo, ma anche realtà urbanistiche assai portate ad accogliere una offerta esperenziale come i vicoli, le piazze, i giardini, (non solo dell’Albornoz), il circuito intorno a Orvieto oltre a tutto il territorio naturale, dal fiume Paglia ai luoghi, diversi e attraenti che ci circondano.
Nei vicoli di Orvieto soprattutto, che ce ne sono di bellissimi, se ci si adoperasse a un restyling con piccoli tocchi, ma significativi in modo da collegarli a un filo estetico comune, possono crearsi delle esperienze bellissime per il turista, soprattutto di notte, quando nel buio del medioevo, alla luce delle torce, lo si potrebbe coinvolgere in molte cose, non ultima, ad esempio, la rappresentazione delle fasi che precedettero l’uccisione di Pietro Parenzo..
Perché i contenitori ambientali diventino riferimenti unici, il capitale esclusivo della città di Orvieto, sarà un’ottima idea affidarli all’opera artistica di uno scenografo di grandi capacità come già hanno cominciato a fare alcune città.
Per il Mercato, allora, sarebbe ottima cosa allestire una scenografia, il più possibile esclusiva e riconoscibile, capace di fare notizia, di aggredire il web in modo che la sua vista stimoli il desiderio di visitarlo con il successivo piacere ludico della sosta per gli acquisti. I vicoli, come abbiamo detto, hanno bisogno di un quid che li renda “I Vicoli di Orvieto”. C’è un istituto italiano che ha brevettato un sistema per cui in ogni vicolo nel quale ti incammini ti giunge sull’auricolare una musica diversa.
L’Albornoz ha la sua carta vincente (non vi sembri strano) nella costruzione dei bagni più all’avanguardia d’Europa per i quali sarebbe cosa ottima lanciare un concorso di progetto internazionale con una gestione concessa in outsourcing ché in quelle zone c’è uno straordinario mercato della pipì. Il bagno pubblico, bisogna ricordarlo, è tra i più importanti fattori di turismo esperenziale tanto da imporsi come il primo, forte investimento per una città turistica e come la prima struttura con il dovere di apparire bella, qualitativamente eccellente e, come diciamo a Orvieto, ricordatora .
Insomma le strutture mobili dovranno anch’esse contenere i motivi che inducano il visitatore a fare un’esperienza: si viene a Orvieto anche per ciò che accade nei suoi vicoli o al mercato o per la efficienza e la bellezza dei bagni pubblici dei quali tutti ne parlano e attraverso i quali si prende la città in grande simpatia.
Una riflessione particolare merita quell’ambaradan di bancarelle, gazebo, casette, cianfrusaglie così simili se non identiche a quelle che si allungano nelle fiere dei paesi pedemontani nei pressi di Pitigliano. Beh, non mi si dica che sono di aiuto a una città che assume come riferimenti la bellezza, la qualità, la riconoscibilità. Né tantomeno incidono per nulla sul turismo perché immaginare che dei turisti si mettano in viaggio per arrivare a Orvieto ad acquistare il sapone incartato con la plastica o la catenina d’argento reperibile in qualsiasi mercatino dalla Puglia a Cinisello Balsamo, non mi sembra un’idea eccellente.
A questa reiterata, antiestetica, inutile usanza si può fortunatamente ovviare trasformando il circuito gazebo-bancarelle-casette-cianfrusaglie-cacio&salame in un’esperienza bella, di qualità e riconoscibile.
In una città della Toscana, non ricordo quale, hanno incaricato un regista o scenografo teatrale. Lui ha disegnato un sistema modulare che la sera si ricompone e si rimette, la mattina si svolge con semplicità. È molto bello e ha le funzioni del banco, del gazebo, della casetta messe insieme. Insomma è un insieme di strutture che ha un senso estetico e che serve allo scopo. Il tutto è di proprietà del Comune, il Comune lo affitta e non sono permesse altre opzioni. Se non ti garba vai in un’altra città. Io aggiungo che anche ciò che si vende nelle bancarelle deve essere speciale, attrattivo, altrimenti a cosa serve?
Ci sono bancarelle che vendono libri da collezionisti, oggetti bizzarri, monete, cose che hanno un mercato hobbystico importante e ricco al quale ci si si avvicina volentieri perché intorno a esso si forma un mercato parallelo.. È in quella direzione che bisogna andare: qualità, bellezza, riconoscibilità.
I Contenitori che io chiamo istituzionali sono il Pozzo, il Palazzo dei Congressi, il Teatro Mancinelli, il Palazzo dei Sette, il Palazzo del Gusto, la Torre del Moro, il Carmine, la Chiesa di San Francesco, la Biblioteca Comunale, Orvieto Underground, i Musei.. Ebbene, di questi che ho menzionati nessuno di loro funziona né ha mai funzionato come contenitore di esperienze.
Io non ho mai avuto informazioni circa l’iniziativa della Torre del Moro di organizzare matrimoni o party di ricorrenze lassù, oltre i tetti di Orvieto. La ragione stessa dell’esistenza dei Contenitori è quella che abbiano i contenuti. Invece la loro oggi è un’ attività che in alcuni casi implica la semplice visita, in altri la pura ospitalità di eventi, altri sono anni che dovrebbero ospitare dei congressi ma non lo fanno e altri ancora non riescono, in un luogo a forte caratterizzazione vitivinicola e alimentare come Orvieto, a offrire prodotti esperenziali nemmeno usando una struttura impeccabile come il Palazzo del Gusto.
Non si è mai capito o forse lo si è capito ma non lo si è voluto capire che in una città in fondo piccola e concentrata come Orvieto, la singola struttura non può funzionare se non intimamente collegata alle altre. Come si può pensare a un Palazzo dei Congressi non collegato con il Teatro o con il Pozzo o con il Palazzo del Gusto.
Non ci si è mai convinti che il Contenitore Principe, il vero Palazzo dei Congressi è la Città. Ed è dalla città che deve partire una forte attività promotrice che ha bisogno di strutture interconnesse, fortemente collegate. Collegare le strutture significa integrarne le varie funzioni, i diversi prodotti esperenziali innescando un forte effetto moltiplicatore dell’offerta stessa. Anche la fruizione delle opere d’arte nei musei permane puramente contemplativa, fredda, distaccata dal rapporto visitatore-museo-opera d’arte. Il museo deve accogliere il visitatore in modo caldo, dentro un’atmosfera assorbente predisponendolo emotivamente all’opera d’arte attraverso una riproposizione dell’ambiente del tutto diversa da quella attuale così distaccata e accademica. Anche le numerose opere d’arte delle quali è arricchita la città vanno organizzate in modo che la loro fruizione sia un’esperienza culturalmente eccitante e approfondita.
È la città intera che dovrà azionare le turbine che generino un processo potente e virtuoso. Nulla può restare statico, isolato, autoreferenziale. Ogni minima opportunità verrà vitalizzata e alcunché dovrà rimanere fermo mentre si sta lavorando per estendere le offerte attraverso la moltiplica delle opportunità provenienti dalla cointeressenza delle strutture. Infine i contenitori inattivi. Questi sono l’ex Ospedale, l’ex Inapli, l’ex Tribunale, l’ex Cinema.
Tutti comprendono che questi ex contenitori cittadini, alcuni notevoli, non troveranno alcuna collocazione, vocazione o acquirente se l’economia non riprende quota e la città non ritrova un progetto, una visione per il futuro. E se non si dispone per un grande balzo qualitativo, il grande, unico valore capace di attrarre energie, interessi e investimenti.
Resta infine la Caserma Piave. Ma a questa sarà dedicato l’ottavo e ultimo intervento di Domenica 26 Maggio.