Ogni estate andavamo in montagna e durante il soggiorno c’era sempre una gita da fare per rintracciare il prozio di mia madre, morto giovanissimo il 27 agosto 1917 sull’altopiano della Bainsizza. Eravamo bambini, ma comprendevamo dall’emozione che mia madre riponeva a ogni nuova visita di sacrario o piccolo cimitero montano, che doveva essere un ritrovamento importante. Francesco Bertini, questo era il nome del prozio, era partito per il fronte austro-ungarico al posto del fratello che aveva figli e moglie. Le sue tenere carni si erano vestite di coraggio e amore fraterno ed erano partite per servire una giovanissima patria. Di lui sapevamo che era partito con l’88° Reggimento, nella Fanteria. L’abbiamo cercato invano per anni e infine ritrovato, sebbene soltanto con il cognome e il reparto di appartenenza, in quel sacrario di luce gelida e vibrante che è Redipuglia. Mia nonna, sua nipote, lo ha ricordato a tutti noi per una vita intera, quasi a volergli restituire un’esperienza di vita, che non fosse soltanto la guerra. D’altronde, lei stessa era, per così dire, nata grazie a lui, accompagnata da un gemello, cui fu dato il nome dello zio, come tributo d’onore. Anche il gemello non fu più fortunato, morì a soli sei mesi, ma grazie ai racconti della sorella, a sua volta ricevuti dalla madre, ha continuato a vivere nei nostri ricordi, come componente reale della nostra più ampia famiglia. Del prozio è giunta a noi questa piccola fotografia che lo vede vestito di tutto punto con una divisa che non fu quella di battaglia. Questa fotografia mia nonna la conservava in un cofanetto riposto nel primo cassetto del comò, e se chiudo gli occhi sento ancora il profumo di rosa che emanavano piccole saponette decorate riposte in quel cassetto.
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