Da Alviano a Montegabbione, da Montecchio ad Allerona, da Baschi e Guardea fino a Castel Viscardo, queste elezioni amministrative sono caratterizzate da una competizione che in realtà competizione non è: come risaputo infatti, in molti comuni del ternano e del comprensorio orvietano, gli elettori troveranno solo una lista ed un candidato sindaco stampati sulla scheda elettorale.
Sintomo di un problema profondo, il proliferare delle liste uniche ha interrogato e continua ad interrogare l’opinione pubblica locale e gli stessi amministratori che non troveranno nessuno tra i banchi dell’opposizione; questo stato di cose, che fino a cinque anni fa era reputato eccezionale e legato unicamente a situazioni politiche particolari (vedi Baschi, ad esempio), in questa tornata elettorale ha riguardato la maggior parte dei piccoli comuni del territorio, segno inequivocabile di una sofferenza che non può essere solo legata ad un evidente calo demografico.
Se infatti i piccoli comuni del nostro territorio continuano a perdere residenti in maniera preoccupante – ma questo processo, che riguarda anche la città di Orvieto, è di levatura nazionale e colpisce un po’ tutti, anche al nord – resta il fatto che in tempi di politica liquida, per dirla con Bauman, in mancanza di punti di riferimento stabili e di partiti di massa, molto spesso si è preferito ricorrere all’allargamento della coalizione, inserendo soggetti di tutte le sensibilità politiche, forse per semplificare le cose e garantirsi una sorta di pax cittadina.
I continui tagli ai bilanci di cui sono stati vittima i comuni negli ultimi decenni, non hanno certo aiutato ad operare politiche di sviluppo e di rilancio, soprattutto in quelli più piccoli e periferici, dove è più evidente l’impossibilità ad intervenire in maniera decisa per cronica mancanza di fondi. In questo quadro, in cui a prescindere dalla destra o dalla sinistra, chiunque amministri ha una strada angusta da percorrere, quasi obbligata, è molto più difficile differenziare la proposta politica e lanciarsi in una candidatura. Se si ascoltano i discorsi nei bar o nelle piazze dei piccoli centri, non di rado capita di sentire cose del tipo: “Il sindaco ha fatto quel che ha potuto, il paese si sta spopolando e non per colpa sua, i soldi sono pochi, il decoro è salvaguardato, la scuola ancora funziona, l’illuminazione pubblica è efficiente, perchè cambiare? Tanto se arrivasse un altro non riuscirebbe a fare nulla di diverso”.
Giampiero Lattanzi, sindaco ricandidato di Guardea e presidente della Provincia di Terni non appare particolarmente preoccupato dal proliferare delle liste uniche: “ A Guardea siamo stati antesignani, già nel 1999 nel nostro comune si presentò una lista unica e non mi pare che questo abbia creato particolari problemi, nè che si possa parlare di un problema di rappresentanza democratica in consiglio comunale, come molti asseriscono. Io il mio ruolo ho cercato di svolgerlo sempre nella maniera migliore possibile ed anche quest’anno abbiamo messo in campo una lista dove emergono persone nuove, giovani, professionisti apprezzati, laureati: abbiamo cercato di dare a Guardea la miglior squadra possibile e gli apprezzamenti che abbiamo ricevuto nelle assemblee, pur in presenza di una lista unica, stanno a significare che il paese ha apprezzato quanto fatto negli anni precedenti.
Noi ci saremmo tranquillamente confrontati con un’altra lista ma da quanto so, hanno ritenuto non ci fossero le condizioni minime per gareggiare, di questo non posso dire nulla, certo è evidente che fare l’amministratore e il consigliere comunale è una cosa seria, sono cose che portano via tempo e che magari si aggiungono agli impegni lavorativi di ciascuno e non per tutti è facile mettersi in gioco. Non vedrei però un problema di democrazia o altro – ribadisce – perchè alla fine è vero che saremo tutti espressione della stessa lista ma nessuno vieta che in sede di discussione e votazione, qualunque consigliere possa esprimere la propria opinione e il proprio voto liberamente, anche in contrasto con il sindaco stesso”.
Dello stesso avviso è Federico Gori, sindaco uscente di Montecchio e unico candidato a succedere a sè stesso. Gori, che presiede anche l’associazione dei piccoli comuni dell’Umbria, facente parte dell’ANCI nazionale, ribadisce che il problema della democrazia non si pone se a presentarsi è una lista sola: “Quale sarebbe l’alternativa? Se per assurdo si dovessero annullare le elezioni nei comuni che non hanno almeno due liste, l’unica alternativa sarebbe un’invasione di commissari prefettizi, con tutto ciò che ne consegue per la vita dei municipi. Certo, è un fenomeno che va studiato e approfondito, che non va minimizzato ma che non è solo espressione del nostro territorio o dell’Umbria, lo spopolamento dei piccoli centri è al centro dell’azione dell’associazione che presiedo ma è tematica da affrontare a livello nazionale. Vanno rilanciati strategie e progetti per consentire a tutti di sopravvivere, la maggior parte dei comuni italiani è sotto i cinquemila abitanti e senza un percorso chiaro e rivolto al futuro, nei prossimi anni andrà anche peggio. I sindaci in questo fanno già molto – prosegue – ma con i bilanci risicati che ci troviamo ad amministrare è impossibile affrontare progetti di ampio respiro”. Gori sottolinea poi un aspetto particolare: “A volte nei piccoli comuni, dove tutti ci si conosce, si è assistito a campagne elettorali dure, aspre, che hanno creato spaccature e rivalità che hanno nuociuto alla comunità: se proprio devo trovare un aspetto positivo al fatto che si presentino liste uniche, magari sta proprio in questa riguadagnata serenità che prima veniva messa a dura prova dalle rivalità politiche”. (G.M)
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