di Gabriele Marcheggiani
ORVIETO – Parlare con Roberta Tardani fa venire in mente Tonino Guerra e il tormentone di un celebre spot pubblicitario di qualche anno fa: l’ottimismo è il sale della vita. Difficile immaginare un’intervista ad un candidato sindaco senza toni accesi, parole roboanti, accuse implacabili a chi ha governato prima: eppure con lei tutto questo non c’è stato, non si è mai scivolati nelle facili e un poco scontate frasi ad effetto tipiche di chi si sta preparando ad una campagna elettorale.
Quello che colpisce di Roberta Tardani è il modo garbato, il tono gentile, la chiarezza nell’esposizione: mantiene sempre una calma olimpica di fronte a domande incalzanti, senza mai dare l’impressione di essere in difficoltà. Piglio deciso e determinazione non le fanno difetto, comunque, ingredienti che potrebbero tornarle utili qualora dovesse vincere le elezioni amministrative e iniziare a governare Orvieto in prima persona. Sarebbe la prima donna a farlo e non ha mai dubitato, neppure per un istante, di non averne la forza e la capacità necessarie.
Tardani ha fatto tutta la trafila tipica di chi, giovanissima, ha studiato, lavorato, messo su famiglia e iniziato a interessarsi di politica. Non teme confronto da questo punto di vista, dal momento che la sua esperienza ha abbracciato ogni ambito di rappresentanza: consigliere di zona a Orvieto Scalo, consigliere comunale, assessore con la giunta Concina, vicesindaco. Le manca solo la massima carica. Scesa in campo già da diverso tempo con una sua lista, la Tardani ha scompaginato i propositi del centrodestra, che si è trovato a rincorrere la candidata di “Progetto Orvieto”: la sua mossa repentina non è piaciuta ad alcuni esponenti di quell’area, qualcuno dei quali ha provato a coinvolgere nuovamente Toni Concina che invece, alla fine, ha declinato.
L’ex vicesindaco dunque, ha ricevuto l’appoggio di tutto lo schieramento, in primis dalla Lega, a cui poi si sono accodati in tempi e modi diversi Forza Italia e Fratelli d’Italia: alla luce degli scandali che stanno colpendo il PD a livello regionale e delle ataviche lacerazioni con le quali il partito di Zingaretti si presenta a queste amministrative, anche a Orvieto, la corsa di Roberta Tardani sembra doversi disputare su un tappeto di velluto, forte anche del consenso personale che riscuote un po’ trasversalmente.
Seppure non possa presentarsi come una novità assoluta agli elettori orvietani, la candidata di “Progetto Orvieto” potrebbe non avere rivali; la sua indubbia capacità di relazionarsi e di parlare con un linguaggio semplice e diretto, ne fanno il candidato tipo per la città della Rupe, ancora attraversata da forti contrasti e divisioni, esacerbata da anni di crisi che hanno messo a dura prova le resistenze di imprese e cittadini, oltre che dell’immagine stessa di Orvieto.
“Avverto l’esigenza di presentare un progetto politico aperto, inclusivo, che vada al di là delle appartenenze politiche: solo così la mia scelta di candidarmi avrà avuto un senso. Il male di Orvieto credo sia proprio nella difficoltà di camminare insieme, di stare insieme, di avere una visione comune del destino della città, dove ognuno guarda al proprio piccolo orticello e non riesce ad avere una visione della città come corpo unico. Manca totalmente nel corpo sociale, questa capacità di ragionare insieme”.
Non fa una distinzione tra destra e sinistra, o almeno non ritiene che questa sia la chiave di lettura esclusiva per inquadrare la realtà. “La politica tutta è stata incapace di dare una governence alla città, cosa che ha contribuito insieme ad altri fattori, ad allontanare Orvieto dai centri di potere, laddove si decidono le cose: questo ha portato ad un indebolimento del nostro ruolo, condannando la città a divenire periferia dell’Umbria”. Difende con le unghie l’esperienza di Toni Concina, nella quale lei ha ricoperto gli incarichi di assessore e vicesindaco, attribuendo al centrodestra i meriti della vicenda SWAP, grazie alla quale la prossima amministrazione si troverà a gestire un tesoretto.
E’ con lo stesso piglio, seppur con l’immancabile sorriso, che Roberta Tardani difende l’ampliamento della discarica dei Calanchi, operato dalla giunta della quale faceva parte: secondo la sua versione, in mancanza di una valida alternativa, con la raccolta differenziata lungi dal venire, il Comune di Orvieto dovette effetture una scelta di realismo politico, accettando il male minore. Non vuole che quella esperienza politica possa essere inchiodata a questo fatto: le scorciatoie non le pratica, neanche quelle politiche. Conosce bene la differenza tra fare opposizione e amministrare, avendo provato entrambe le esperienze e proprio per questo sa che chi ricopre un incarico si trova spesso di fronte a delle scelte impopolari. Su questo punto non transige al qualunquismo di maniera ed anzi, spezza una lancia in favore di Giuseppe Germani, allorchè afferma che il sindaco “ha le spalle grosse” per aver dovuto subire attacchi da ogni dove.
Gli rimprovera il fatto di essersi chiuso troppo nel palazzo, di aver perso il contatto con la città e con la gente, pur riconoscendo che probabilmente questo atteggiamento è tipico di chi ricopre incarichi di responsabilità. Lei asserisce di non temere la solitudine del potere, che proverà a restare quella che è anche indossando la fascia tricolore e, seppure qualcuno ha già provato a metterla in guardia, non le fa alcun effetto sapere che potrebbe essere la prima donna alla guida della città. Accusa il sindaco uscente di aver fatto una scelta sbagliata nel voler uscire dal pre-dissesto con sei anni di anticipo, non fosse altro per aver tolto risorse alla città al fine di estinguere il debito di nove milioni di euro.
Sposatasi giovanissima, due figli, Roberta Tardani mette al primo punto del suo programma la definizione di aiuti a famiglia e imprese, consapevole che queste sono il collante del tessuto sociale ed economico della città, una città che ha comunque necessità di essere accudita e curata. Per questo tra le sue priorità mette senz’altro l’avvio di un cospicuo piano di manutenzioni e la rimodulazione del traffico nel centro storico e delle soste auto. Oltre a quello che lei ritiene essere il tavolo di concertazione della città: provare a riunire tutte le associazioni di categoria, quelle culturali, sociali e del volontariato, oltre che le fondazioni e l’Opera del Duomo, per dare il via a quel dialogo tra tutte le componenti della città, che lei ritiene imprescindibile per rilanciare Orvieto.
Una vocazione ecumenica che non le fa storcere il naso neanche di fronte l’ipotesi, per niente peregrina, che CasaPound possa non disdegnare un appoggio alla sua coalizione in un eventuale ballottaggio al secondo turno. “Il mio compito principale, conclude, è quello di dialogare con tutti, poco importa se uno sta con CasaPound o Rifondazione: l’importante è che abbia a cuore il futuro di Orvieto e voglia proporre idee per il suo futuro. Non ho avuto problemi a chiamare la mia lista civica “Progetto Orvieto”, nonostante questo nome sia legato ad un’esperienza politica di sinistra, anzi, proprio perchè riconosco a quell’esperienza di aver dato lustro e visibilità alla città, non ho avuto alcun problema a richiamarne il nome”.
Riuscirà nel suo intento pacificatorio? Il suo innato ottimismo avrà la meglio sul realismo politico e amministrativo? Soprattutto, sarà in grado di resistere al peso che potrebbero avere i partiti che l’appoggiano, a partire della Lega che potrebbe riscuotere un risultato eclatante sulla Rupe, alle spinte e ai tornaconto politici di chi farà parte della sua eventuale maggioranza? Al di là di tutto, terminato il rito della campagna elettorale, saranno queste le prime incognite che Roberta Tardani si troverà ad affrontare qualora dovesse vincere.