VITERBO – Una ricerca, finanziata dal Parco del Pollino e coordinata dal prof. Gianluca Piovesan del dipartimento di eccellenza Dafne – Università della Tuscia, in corso di stampa sulla rivista Anthropocene, ha descritto la storia ecologica degli iconici pini loricati. Rinvenire, studiare e conservare gli alberi vetusti è fondamentale nella biologia della conservazione. Allo stesso tempo i vecchi alberi costituiscono dei veri e propri archivi naturali per ricostruire la storia dell’ambiente. Il Medioevo ha rappresentato per l’Europa un periodo di profonda trasformazione del paesaggio forestale con diffusi disboscamenti. Tuttavia, nel caso del Pollino, alcuni ambiti sono miracolosamente rimasti integri grazie all’imponenza e accidentalità del massiccio come ci testimonia la presenza dei pini millenari. Dal 1300 guerre, carestie e pestilenze determinano uno spopolamento della montagna. Il tutto si traduce in un ritorno del bosco sui terreni abbandonati almeno fino al 1500 in conincidenza con una fase negativa dell’Oscillazione del Nord Atlanticio (NAO). In questo periodo inzia la riconquista diffusa del Pollino da parte dell’uomo che trova una nuova spinta demografica anche nella colonizzazione degli arbëreshë. Con il ripopolamento del massiccio e quindi la ripresa della pastorizia, l’espansione del pino nelle praterie di alta montagna rallenta fino ai giorni nostri quando a causa della crisi della pastorizia il pino loricato sta riconquistando molte praterie di quota. Il ruolo della dissemimazione ad opera dei vecchi pini medievali e rinascimentali sopravvissuti nei versanti rocciosi ancora una volta sta garantendo processi di rewilding per la conservazione di specie rare a rischio di estinzione quali il Buprestis splendens. Quella del pino loricato è una bella storia di conservazione della Natura che affonda le proprie radici nella decisione di lasciare all’evoluzione naturale ampi tratti di natura selvaggia nel Parco nazionale più vasto d’Italia. Oggi gli alberi vetusti testimoni dell’Antropocene sono tutelati dal Parco del Pollino in uno spazio lasciato alla naturale evoluzione, dove una scelta consapevole di rewilding contribuirà a vincere le sfide della sostenibilità. Questi vecchi alberi habitat garantiscono, infatti, la conservazione della biodiversità e fissano nel loro legno la CO2 per secoli, in alcuni casi addirittura per oltre un millennio contribuendo così alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Una passeggiata in questi paesaggi incontaminati del rewilding diviene un momento salutare di rigenerazione dello spirito e del corpo. Il caso dei vecchi pino loricati testimone dell’Antropocene sta divenendo un momento cardine nella narrazione per la valorizzazione ecoturistica del Parco del Pollino con il fine di rilanciare l’economia montana di un territorio dal valore inestimabile dove natura, arte e cultura spesso si intrecciano fino a fondersi in modo armonico. La buona governance del Parco del Pollino è candidata a divenire un modello di riferimento a livello internazionale per la conservazione e studio della biodiversità in ambienti di alta montagna del Mediterraneo, caso di studio che verrà valorizzato nell’ambito del progetto del Miur Italian Mountain Lab https://www.unimontagna.it/il-progetto/italian-mountain-lab/
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