ORVIETO – L’attore e autore Gianluca Foresi, interviene in merito al corsivo “La memoria “dimenticata” di Luigi Malerba” a firma di Paola Sellerio, in cui denuncia lo stato di abbandono sulla tomba di Luigi Malerba su cui non è stata apposta nemmeno la targa lapidea.
“Vorrei rilanciare quanto scritto da Paola Sellerio, in un suo intenso e allo stesso tempo delicato corsivo – dice Foresi -, che ci invita ad una riflessione sullo stato di abbandono in cui versa, nel cimitero di Orvieto, la tomba di uno dei maggiori scrittori del secondo Novecento, che ha trascorso moltissimi anni della sua vita sulle colline prospicienti la rupe: Luigi Malerba.
La mia intenzione è però quella di farlo spostando il punto di osservazione su un aspetto, a mio avviso non meno significativo, diverso da quello che investe la memoria dei defunti e il nostro rapporto con chi se ne va e soprattutto con il luogo in cui le spoglie vengono custodite. Lo ha fatto magistralmente Ugo Foscolo in uno dei suoi capolavori poetici dedicati appunto al rapporto tra defunti e viventi, I Sepolcri, e a quello rimando. Qui, invece che entrare nell’ambito cultuale, dove ognuno agisce secondo la propria sensibilità e coscienza, vorrei parlare di quello culturale, che riveste un ruolo più ampio e che riguarda, credo e spero, la comunità tutta.
Devo dire che molto probabilmente la città, o meglio chi l’ha guidata e la sta guidando, ma anche i semplici cittadini, si sono completamente dimenticati, non tanto dell’uomo ma dello scrittore Luigi Malerba, non gli ha tributato onori, ma sopratutto non ha fatto alcuno sforzo per mantenere in vita il suo nome. Ahimè, non è il primo caso e non sarà l’ultimo. Non sono state realizzate ricorrenze, incontri, dibattiti, né, se vogliamo essere più prosaici, è stata utilizzata la sua notorietà a livello nazionale per alcun tipo di marketing culturale ( ricordo en passant l’dea lanciata tempo fa di un Marketing umanistico ), eccezione fatta per l’iniziativa in occasione dell’uscita del Meridiano. Questa però è sembrata davvero poca cosa. Si poteva e doveva fare di più. Ancora una volta Orvieto non riesce ad apprezzare e a beneficiare di quelle ricchezze materiali e immateriali che le sono state lasciate in custodia, ed è ciò che in questa storia duole maggiormente. Possibile che non riusciamo a cogliere quante opportunità di crescita culturale e sociale e di sviluppo economico, imprenditoriale, lavorativo ci possano essere dietro tali ricchezze, che non aspettano altro di essere utilizzate e fatte conoscere. Quanto mercato, se vogliamo essere più cinici e calcolatori, ci sia nello sfruttamento di risorse simili? Allora viene da pensare che siamo forse noi i veri defunti, e non già quelli che lo sono realmente. Siamo forse noi ad avere più bisogno della cura di quelli che non ci sono più, che con la loro memoria e insegnamento ci dovrebbero indicare il giusto cammino per far vivere e proiettare la nostra Città nel futuro. Questo non lo dobbiamo tanto a noi, ma alle giovani generazioni”.