VITERBO – Nell’ambito della settimana della scienza in svolgimento all’Università della Tuscia, c’è stato un appuntamento di grande importanza: quello con il professor Raffaele Albanese ordinario di elettrotecnica presso l’Università Federico II di Napoli che è il responsabile del progetto italiano che , in collaborazione con ENEA, CNR e varie università, si occupa di risolvere alcuni problemi legati alla fusione termonucleare controllata.
Uno dei protagonisti più autorevoli di questo progetto è il professor Giuseppe Calabrò dell’UNITUS. “Il governo italiano e l’Unione Europea hanno investito circa 500 milioni di euro in questo progetto che occupa-ha detto Calabrò– 1.600 persone“. Il primo reattore finalizzato alla produzione di energia da fusione, che sarà rinnovabile e sicura, sarà pronto per il 2050. Ma prima dovranno essere risolti , come detto, alcuni problemi di natura tecnologia.
“Il primo– ha evidenziato il professor Albanese– è legato ai costi-benefici. Ossia produrre più energia di quanta ne serve per tenere acceso il reattore. Per risolverlo scienziati di 7 nazioni tra le quali l’Italia, ci stanno lavorando. Il secondo problema- ha continuato Albanese- riguarda i materiali che si degradano dall’irraggiamento dei neutroni, e un terzo problema è lo smaltimento dell’energia che arriva alle pareti del reattore”. Di questo ultimo si stanno occupando i ricercatori italiani che realizzeranno, tra circa 8 anni, il DDT (Divertor Tokamak Test facility) frutto di un’intesa tra ENEA, CNR, Consorzio RFX e Consorzio CREATE e varie Università tra le quali La Tuscia di Viterbo. Questo strumento , che sarà messo a disposizione della comunità internazionale, è essenziale per l’analisi dello smaltimento dei flussi termici superiori a quelli sulla superficie solare. Il professor Albanese ha illustrato lo stato del progetto e le ricadute attese sul mondo della ricerca, della formazione e dell’innovazione industriale.