di Davide Orsini
Da mesi si discute della chiusura della Libreria dei Sette. Ho letto appelli eloquenti, sinceri, accorati. E ovviamente anche le polemiche che si agitano attorno al problema di come agevolare un’attività commerciale privata che ha un’indubbia valenza culturale per la città.
Credo possiamo dirci tutti d’accordo sulla volontà di mantenere i nostri presídi culturali, inclusa la nostra bellissima biblioteca, sempre sottofinanziata e poco sfruttata nonostante le mille potenzialità ed un personale pur risicatissimo ma encomiabile per cura, competenze, e professionalità.
Dicevo della Libreria dei Sette. Ammetto che la discussione ha preso fin da subito una piega che non mi piace. La richiesta di riduzione del canone (una cifra risibile stabilita dal Comune per quello spazio di pregio proprio sotto la Torre del Moro) mi pare irricevibile.
Cosa dovrebbero dire allora le altre librerie della città che non occupano uno spazio di proprietà comunale? Esistono altre librerie, altre hanno chiuso nel silenzio più totale.
Capisco l’unicità della Libreria dei Sette, per tradizione e locazione un simbolo culturale di Orvieto. Ma possiamo affrontare il problema senza indecenti piagnistei e senza retorica?
Forse si può. L’idea di aprire il Palazzo dei Sette ad altre attività commerciali private che abbiano un fine culturale potrebbe risollevare le sorti della libreria. Da sempre in altri paesi, ma anche in Italia, esistono librerie, anche di grande tradizione, che offrono servizi complementari per favorirne la frequentazione e la vitalità.
L’idea di un caffè letterario al Palazzo dei Sette è molto interessante. L’attività non dovrebbe essere gestita direttamente dalla libreria, ma affidata con gara pubblica a chi voglia associare il proprio nome al Palazzo dei Sette, come luogo di attività culturali ad Orvieto.
Il caffè sarebbe funzionale anche per lo sviluppo di altre attività, quali mostre, presentazioni di libri, etc. In questo modo si incentiverebbe la promozione del Palazzo e si potenzierebbe la sua frequentazione.
Sta alla gestione della libreria individuare spazi e tempi per incrementare le vendite, magari implementando anche un servizio di vendita online, o di consegna a domicilio come attività complementari. C’è poi l’annosa questione delle attività che richiedono un esborso da parte della Libreria dei Sette, quali ad esempio gli incontri con gli autori.
Su questo mi verrebbe da dire che il Comune deve necessariamente svolgere un ruolo attivo di coordinamento e di aiuto, ma non si può ricorrere sempre alle tasche dei contribuenti per fare attività di promozione culturale, specie se a farle è un privato, come in questo caso.
A questo proposito, vorrei sommessamente segnalare che esistono bandi per il finanziamento di attività culturali. Esiste la Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, e molti altri enti che mettono a disposizione fondi per progetti culturali. Un imprenditore, anche e soprattutto del settore culturale, dovrebbe attivarsi per cogliere tali opportunità. Chiedere al Comune di sponsorizzare le attività promosse da un privato giustificando tale richiesta con la valenza culturale delle iniziative mi pare un tantino fuori luogo, e francamente poco rispettoso di altre attività che potrebbero ugualmente avanzare tali pretese. Detto ciò anche io mi unisco al coro “viva la cultura, manteniamo la Libreria”, ma questo è facile, direi fin troppo scontato. Il problema è trovare soluzioni che non siano la solita “riunione a porte chiuse” per arrivare a al solito compromesso ad hoc. Sarebbe il caso di partire da questa situazione concreta per cominciare a stabilire delle linee guida di politica culturale. Mammia mia che parolone!