ACQUAPENDENTE – La lista civica “La Città a Cuore – Associazione le Campanelle” rende pubblica agli aquesiani la seguente nota informativa: “Il grande Mark Twain diceva che “in Paradiso si entra per favoritismo, se si entrasse per merito, tu resteresti fuori ed il tuo cane entrerebbe al posto tuo.” E noi siamo qui a dibattere se e come i nostri animali possono accedere nei luoghi pubblici e nei luoghi aperti al pubblico. Ci chiediamo il perché dell’anomala campagna anti animali (ma soprattutto anti proprietari di animali) che l’Amministrazione sta portando avanti in questi giorni.
Anomala poiché basata su una comunicazione del Ministero della Salute, demandata ai servizi veterinari e non ai Comuni, che ribadisce semplicemente le Raccomandazioni CE, ipotizzando, tra l’altro, che l’accesso in locali in cui sono presenti alimenti per il consumo è possibile se sussistono le dovute condizioni e se si prevedendo opportune misure di autocontrollo.
Non ci sembra che tale nota giustifichi l’allarmismo e la pretesa di vietare l’accesso agli animali in luoghi pubblici e luoghi aperti al pubblico da parte dell’amministrazione. Ma anomala anche per il modo in cui è stata condotta stando alle lamentele che ci sono pervenute dai cittadini. Ci chiediamo cosa è cambiato all’improvviso per dare il via a questa campagna anti animali nel nostro comune:
– Il nuovo provvedimento in merito all’accesso degli animali nei luoghi pubblici è dettato da un ordinanza della ASL oppure è stata fatta un ordinanza comunale in merito derivante da fatti che hanno messo a rischio le condizioni di igiene e sicurezza nei luoghi individuati?
– Esiste un regolamento comunale o della polizia municipale che è stato adottato o modificato recentemente?
– Perché non si sta rispettando la prassi legittima prevista nell’esposizione della cartellonistica e nella comunicazione fatta ai negozianti? Comunque, tranne nell’eccezione descritte nel regolamento CE, si ritiene illegittimo il divieto di accesso agli animali, specie su suolo pubblico, pertanto chiediamo la sospensione immediata di questo atteggiamento intimidatorio (minacce di sanzioni) rivolto ad eventuali “trasgressori”, anche perché non si sa bene a quale provvedimento stiano trasgredendo (se non esiste un ordinanza o un regolamento comunale), e ci diciamo disponibili ad un incontro con gli attori interessati per rivedere o redigere ex-novo un regolamento comunale in materia (nel rispetto delle raccomandazioni e delle norme vigenti) ma se non troviamo collaborazione procederemo a segnalare il caso agli organi competenti per verificare la legittimità delle azioni intraprese dell’amministrazione.
A tale proposito ricordiamo che la legge di riferimento è la Legge quadro in materia di animali d’affezione e di prevenzione del randagismo (281/1991) che segue l’art.83 del Regolamento di Polizia veterinaria (DPR n.320/54) la quale afferma che gli animali possono accedere a qualunque luogo pubblico o esercizio pubblico, salvo che non venga segnalato il divieto con apposito cartello, purché i cani siano tenuti al guinzaglio e/o museruola e gatti ed altri animali stiano nel trasportino.
Unica eccezione è il divieto di accesso nei locali in cui vengono preparati, trattati o conservati gli alimenti previsto dal Regolamento Ce 852/2004, che in Italia non è mai stato riconosciuto normativamente e per tanto viene accolto solo come Raccomandazione, così come la nota del Ministero della Salute che afferma: “Nei supermercati e nei negozi di generi alimentari l’accesso di animali domestici è consentito, alle dovute condizioni, unicamente nelle aree di esposizione di alimenti protetti fino alle aree di cessione di prodotti preincartati”, indicazione che rimane vaga e di difficile attuazione. Nel 2010 il Ministero del Turismo e l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) pubblicano un’ordinanza tipo che invita i Comuni a stabilire il libero accesso di animali di affezione in strutture pubbliche e luoghi aperti al pubblico. Nel 2012 l’ANCI sottoscrive un accordo con la Federazione Italiana Associazione Diritti Animali e Ambiente nel quale si impegna a favorire, soprattutto nell’ambiente urbano, la convivenza con gli animali domestici, anche in considerazione delle positive ricadute sull’attrattività turistica data da forme più inclusive di accoglienza.
Da allora molte Città, Province e Regioni hanno adottato regolamenti che favoriscono un atteggiamento animal friendly (in Emilia Romagna gli animali sono ammessi in alcune strutture sanitarie e in Friuli nelle spiagge pubbliche), ma non il nostro Comune che, a quanto pare, vuole precludere l’accesso agli animali dai luoghi pubblici quali bar, negozi e giardini. Infatti senza una normativa nazionale e/o regionale esplicita la decisione è rimandata a regolamenti comunali, a questo proposito l’ANCI ha ribadito che: “vietare l’ingresso ai cani nei locali pubblici e quindi negli esercizi commerciali è illegale”, a meno che intervenga la ASL con specifiche ordinanze urgenti date da particolari situazioni. In realtà nel 2014 è stato aggiornato il Manuale di Corretta Prassi Operativa della FIPE che trova applicazione nei settori della ristorazione, gastronomia (bar), pasticceria e gelateria, e tra le disposizioni ce n’è anche una riguardante l’ammissione degli animali nei pubblici esercizi.
Il manuale validato dal Ministero della Salute, consente l’accesso ai cani nelle zone aperte al pubblico di bar e ristoranti, affermando l´inesistenza di motivi igienico sanitari tali da giustificare il divieto di entrata, mentre rimane fermo che l’accesso è vietato nei locali di produzione e deposito degli alimenti. Quindi i regolamenti comunali che vietano l’accesso ai cani in luoghi pubblici o aperti al pubblico sono legittimi? La questione è stata affrontata in diverse occasioni dagli organi di giustizia amministrativa con declaratoria di illegittimità dei provvedimenti impugnati, da ultimo si segnala la decisione del TAR LAZIO (SEZ. II BIS,DEL 17-05-16 N° 5836) che dichiara: “Si osserva che sono meritevoli le ragioni di tutela dei cittadini in considerazione della circostanza che i cani vengono spesso lasciati senza guinzaglio e non ne vengono raccolte le deiezioni, ma il provvedimento risulta essere eccessivamente limitativo della libertà di circolazione delle persone ed è comunque posto in violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità, atteso che lo scopo perseguito dall’Ente locale di mantenere il decoro e l’igiene pubblica, nonché la sicurezza dei cittadini, può essere soddisfatto attraverso l’attivazione dei mezzi di controllo e di sanzione rispetto degli obblighi imposti dalla disciplina generale statale, cosicché il Sindaco può fronteggiare comportamenti incivili con l’esercizio degli ordinari poteri di prevenzione, vigilanza, controllo e sanzionatori di cui dispone.”
Secondo tale normativa tutti i cani, nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, devono: essere condotti al guinzaglio, che non deve essere più lungo di un metro e mezzo (può essere lasciato libero solo nelle apposite aree adibite a tale scopo); avere con sé la museruola, che deve essere messa solo in caso di “rischio per l’incolumità di persone/animali o su richiesta delle Autorità competenti” e raccogliere obbligatoriamente le deiezioni del cane (la Polizia Locale ha diritto di emettere una legittima sanzione se non siate forniti degli appositi sacchetti e paletta). Cartello si, cartello no: è proprio questa segnalazione di divieto con apposito cartello prevista nell’art. 83 (DPR n.320/54) che negli anni ha creato più di un fraintendimento, nonché vari ricorsi. Qualora un esercente volesse impedire l’accesso agli animali deve fare specifica richiesta al Comune sulla base di concrete esigenze di tutela igienico sanitaria. In caso di accoglimento dell’istanza, l’esercente dovrà apporre specifico avviso e, affinché il cartello sia valido, è necessaria la comunicazione all’Ufficio competente e deve riportare l’indicazione della normativa. Se il divieto d’accesso degli animali è previsto dal regolamento comunale vanno segnalati gli estremi del provvedimento nel cartello affisso all’ingresso del locale, inoltre il comune dovrebbe predisporre appositi spazi e punti di ancoraggio fuori dai negozi per la sosta degli animali a guinzaglio. Se non riporta gli estremi del provvedimento il cartello “IO NON POSSO ENTRARE” non è valido e il cliente può non osservare la norma o chiamare la polizia ed esporre denuncia, quindi al momento se ci sono dei trasgressori questi non sono sicuramente né i commercianti né i proprietari di animali d’affezione.
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