di Valentino Saccà
ORVIETO – A oltre settant’anni dalla liberazione della città polacca di Oświęcim, meglio nota con la declinazione teutonica di Auschwitz e del campo di prigionia omonimo, quando le truppe sovietiche del maresciallo Ivan Konev liberarono i superstiti, è difficile prendere di nuovo in esame una ferita umanitaria di tale portata. Il genocidio ebraico è stato un gesto ma ancor prima una teoria che ha dato sfiato ad un autentico suicidio umanitario, etico e culturale.
Non è facile ri-pensare alla Shoah senza cadere nel consueto coccodrillo mediatico, opportunamente rivestito di populismo didattico e ogni 27 gennaio svettano come bandiere trionfanti, articoli, frasi, poesie, pensieri di comoda retorica.
Theodor W. Adorno, nel 1966 scriveva: “La presa di coscienza di come si possa impedire il ritorno di Auschwitz viene offuscata dal fatto che si deve essere consapevoli di questo aspetto disperato, se non si vuole cadere nella retorica idealistica”. E’ proprio questo aspetto disperato della Shoah che deve essere affrontato per poter comprenderne appieno l’orrore.
Culturalmente parlando bisogna essere in grado di superare gli steccati delle letture scolastiche, depositarie di un partigianato utile ma divenuto fine a sé stesso. Oltre i vari Bassani, Joffo e Calvino, sarebbe utile anche leggere ad esempio il Mein Kampf oppure I Quaderni neri di Heidegger, perché è utile sporcarsi teoricamente le mani per poter rendere finalmente trasparente un pensiero su tale ricorrenza. Bisogna essere in grado di guardare in faccia l’orrore, prenderlo di petto e se Didi Huberman parlava di immagini malgrado tutto, anche questa immagine bugiarda(?) incrostata di Storia e falsificata dal tempo è un veicolo importante.
Il cinema sia nella finzione che nel documentario ha rielaborato molto la Shoah, anche in questi termini sarebbe opportuno preferire una Riefenstahl ad un Benigni. Per quanto riguarda il connubio Settima Arte e Shoah, in questa Giornata della Memoria 2017, il cineclub di Amelia Oltre il visibile presenterà per tutto il weekend una rassegna dedicata all’argomento. Alla fine dell’uomo, questo è il titolo della rassegna, propone partendo da questa sera: Arrivederci ragazzi (1987) di Louise Malle alle 21,00, sabato 28 Gennaio Il figlio di Saul (2015) di Laszlo Nemes alle 21,00 e domenica 29 Gennaio Ogni cosa è illuminata (2005) di Liev Schreiber alle 18,00. Tutte le proiezioni si faranno presso la sala comunale di Amelia F. Boccarini in piazza Augusto Vera 10. Ingresso per tesserati.