di Valentino Saccà
ORVIETO – Sabato al Teatro Mancinelli di Orvieto è andata in scena la prima dell’Edipo di Glauco Mauri e Roberto Sturno, riduzione personale dei due capolavori di Sofocle Edipo re e Edipo a Colono.
Palco buio, poi luci basse inizia a piovere acqua all’interno di un balnea al centro del palco. Così si apre l’Edipo re di Mauri e Sturno, immerso in una scenografia da basso medioevo post-barbarico vicino alle atmosfere di Andrej Tarkovskij e di Aleksei German. Il peccato pesante come un macigno prima ancora di averlo commesso perché profetizzato viene a materializzarsi come un inferno in diretta senza possibilità di riscatto. Anche le donne sono depositarie di negatività e minaccia, una Giocasta giunonica e wagneriana che trascina il suo lungo abito come fosse la pena del figlio che deve trascinarsi dietro, si immerge nelle acque amniotiche del balnea in posa plastica erotica e materna al contempo. Tutto è buio come l’anima di Edipo, tutto è acquitrinoso, torbido come i peccati da lui commessi, tutto è piovoso come le lacrime del suo dolore, lacrime che i suoi occhi non potranno piu’ versare dopo il suo accecamento.
In Edipo a Colono tutto cambia, luminosità e biancore greco, giunge la catarsi in un purgatorio fatto di espiazione, malattia del cuore e poi in fine di morte. Edipo a Colono incontra Teseo, nuovamente Creonte invecchiato e le sue figlie che lo vegliano come angeli fino alla sua morte.
(Foto di Mikele Nencini)