da Comitato per l’acqua pubblica dell’Orvietano
ORVIETO – Nella fase in cui, dopo il vittorioso Referendum del 2011 ad oggi ancora inapplicato, dopo l’istituzione di nuove autorità in materia idrica a livello regionale e nazionale, e nell’attesa di un’importante sentenza del consiglio di stato, l’argomento della ripubblicizzazione del servizio idrico è quanto mai attuale.
I comitati territoriali sono per fortuna ancora attivi, nonostante la reticenza di sindaci ed enti locali, e l’apatia di troppi cittadini capaci soltanto di lamentarsi per il costo eccessivo dell’acqua, senza mai opporsi veramente modo di fare autoritario dei gestori.
Tornano in auge così scritti più o meno recenti, e le memorie delle lotte per il diritto all’acqua pubblica anche ad Orvieto, a partire dall’esperienza coraggiosa del compianto Giulio Montanucci.
Ci sembra pertanto importante condividere ancora quanto di seguito:
– un breve testo del Marzo 2014 di Alberto De Monaco, del “Comitato cittadino acqua pubblica di Aprilia”, pionieri delle battaglie per l’acqua pubblica;
– un comunicato stampa dello scorso 17 Ottobre, del “Comitato per l’Acqua Pubblica di Arezzo”, con riferimento alla campagna di obbedienza civile e ai tentativi di distacco operati da loro gestore, che potrebbe tranquillamente applicarsi al territorio di azione del “nosotro” Servizio Idrico Integrato della provincia di Terni.
22 marzo 2014 – Una riflessione in occasione della giornata mondiale dell’acqua
DALL’ACQUA NELLE CASE ALLE CASE DELL’ACQUA, È PROGRESSO?
Molti anni fa mio padre mi portava al paesello nativo, ai piedi del colle e mi faceva vedere tutte le sorgenti naturali dalle quali trasportava acqua per l’suo familiare. Mi raccontava delle lunghe camminate. Poi col la “modernità”, come amava dire Lui, in paese fu installato il fontanone comunale. Di quelli bellissimi ancora esistenti a Bassiano, lungo i monti Lepini. Serviva sia alle donne per il bucato che per attingere acqua da portare alle proprie case. Poi mi raccontò ancora di un’altra “modernità”. Di quando, nel dopoguerra, l’acqua arrivò nelle case di tutti. Così le donne del paese non si riunivano più intorno al fontanone. Si perse forse un poco il senso di comunità, ma di certo con l’acqua nelle case le donne si affrancarono da uno logorante lavoro. Una grande conquista di civiltà. Lo stato realizzò così, con soldi pubblici, un grande investimento per il futuro di tutto il paese.
Dopo tanti anni, attraverso la televisione commerciale, si è ingenerata l’idea dell’acqua in bottiglia. La prima grande e subdola “privatizzazione” dell’acqua. Con una pubblicità assordante, a suon di milioni di euro, si è fatto credere a tutti che esiste l’acqua che lava l’acqua, che ti fa snella, e che…fa parlare con gli uccelli!
Si parla erroneamente di acqua minerale, laddove la legge riconosce solo l’acqua terapeutica, per particolari patologie alimentari. Il grande business dell’acqua generica imbottigliata è diventato un brutta abitudine alimentare e di consumo. Un cancro che si è instaurato nei nostri cervelli facendoci credere che l’acqua da bere è solo quella in bottiglia, mentre quella di rubinetto è acqua di scarto, da usare solo per faccende domestiche.
Si è così ingenerato il concetto dell’acqua bevanda. Merce da comprare come ogni altra cosa. L’acqua è invece un alimento vitale che arriva nelle nostre case per uno slancio di civiltà dei nostri avi. Si dimentica quindi di curare la qualità dell’acqua “comune”, a portata di rubinetto, a favore dell’acqua “privata” da comprare e trasportare fino a casa. Un passo indietro per il bene comune.
Ultimamente un nuovo ed altrettanto subdolo inganno, commercialmente speculare a quello dell’acqua in bottiglia, si sta sviluppando: quello delle “case dell’acqua”. Con la scusa del risparmio economico per il consumatore, che pure c’è, si continua ad instaurare il concetto che se vuoi l’acqua “buona”, gassata e microfiltrata, devi andare fuori casa, prendere acqua alla “casetta dell’acqua” installata in piazza da un privato e portarla a casa tua. Ancora una volta si rinuncia, sia culturalmente che socialmente, al concetto alimento buono per tutti direttamente dal rubinetto di casa.
Il fatto tante amministrazioni si diano da fare per l’installazione delle “casette dell’acqua” è un arretramento culturale vestito da operazione economica. La politica usa la dinamica del consenso, elettorale ed economico, invece del ragionamento critico che richiede capacità ed impegno di lunga durata. Si continua così nell’errore di abituare al concetto che l’acqua da bere non è quella del rubinetto. Più questo cancro si insinuerà nei nostri convincimenti, più ci sarà disattenzione verso l’acqua-alimento, più continueranno ad esserci problemi di acqua non potabile (arsenico, torbidità, etc).
Le amministrazioni pubbliche dovrebbero invece fare un salto di qualità, soprattutto culturale, ed invece di rincorrere modelli commerciali utili a pochi, dovrebbero impegnarsi per l’acqua pubblica di buona qualità. Introdurre il concetto di acqua di rubinetto almeno in tutte le strutture pubbliche, e considerarla come un alimento che deve avere i suoi minerali e le sue caratteristiche, senza essere acqua “pura” o microfiltrata, che spesso è invece così povera da essere buona solo per il ferro da stiro!
Se gli operatori di Nuove Acque vi suonano il campanello….
Questo comunicato ha qualità di urgenza ed è rivolto sia agli operatori di Nuove Acque, che a tutti gli utenti del servizio idrico che stanno facendo la campagna di obbedienza civile, pagando in bolletta solo quanto scaturito dopo l’esito del referendum del 2011, abrogando la voce “profitto” per il gestore.
Agli operatori della società Nuove Acque ricordiamo che è pericoloso, personalmente pericoloso, suonare il campanello degli utenti , consegnare loro estratti conto con cifre contestate proferendo minacce orali di sospensione o limitazione del servizio se non si affrettano a pagare, chiedergli di firmare una sorta di “raccomandata” di Nuove Acque SpA , come se fossero dei postini. Rischiano di essere denunciati e risponderne penalmente , personalmente. Uomo avvertito mezzo salvato.
Agli utenti “Obbedienti Civili” diciamo di richiedere sempre , nome e cognome del dipendente di Nuove Acque che vi chiede di porre anche una “semplice” firma. Deve mostrarvi il tesserino dell’azienda con foto e soprattutto l’autorizzazione per poter operare casa per casa e disturbare le persone. Tranquilli, basta chiedere queste cose e vedrete … come perderanno subito la sicurezza ostentata nell’annunciarvi che se non pagate vi staccheranno l’acqua. E come cercheranno di dileguarsi il più presto possibile, senza lasciare traccia alcuna. Se non vi daranno nome, cognome, tesserino ed autorizzazione nel rilasciarvi fogli A4 protocollati da loro stessi e nell’apporre firme, allora fategli una foto, vedrete come cercheranno (invano) di coprirsi in volto. Oppure fate delle foto alla auto aziendale, senza temere alcunché, anche se vi urlassero… “ora chiamo i carabinieri”. Tranquilli, è un bluff. Se ne andrà velocemente , come successo questa mattina ad un utente aretino.
Comunque documentate, perché da ora in avanti i tentativi diretti ad incutere timore saranno denunciati penalmente dal Comitato Acqua Pubblica Arezzo.