di Valentino Saccà e Sara Simonetti
ORVIETO Sarà Orvieto a coordinare il gruppo tecnico operativo tra le Agenzie per la protezione ambientale di Toscana, Umbria e Lazio, le aziende sanitarie locali, il dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze e il Cnr di Porano. Obiettivo? La costituzione di un documento che entro fine settembre dovrà vedere la luce (questi i tempi dettati dal sindaco Germani, ndr) quale utile strumento per inquadrare meglio il problema dell’inquinamento da mercurio del Paglia da sottoporre al Ministero dell’Ambiente. Ovviamente non sarà la Panacea di tutti i problemi ma vuole essere – come ha spiegato Endro Martini dell’Alta Scuola – un lavoro tecnico volto a ipotizzare alcune soluzioni. Quali?
Tra quelle ipotizzate, particolari tipi di dragaggi, altre tecniche innovative che saranno presentate a fine luglio a Rimini. Queste, in buona sostanza, le conclusioni giunte al termine dell’incontro di ieri mattina in Comune voluto dal sindaco Giuseppe Germani nella duplice veste di Autorità di Protezione Civile e di Autorità Sanitaria Locale, alla luce dei fenomeni verificatisi nell’ultimo periodo in merito ai fenomeni di contaminazioni/inquinamento da Mercurio nei terreni e nel Fiume Paglia dell’area Orvietana.
ORVIETO CAPOFILA “Questo è un tema importante e complicato – ha aperto il focus Germani – per il quale è bene trovare una soluzione per poter, se non proprio debellare, almeno medicare il male in questione. Orvieto è il capofila di 20 comuni interessati alla questione che arrivano fino al bacino di Alviano. Il nostro fiume Paglia, che attraversa l’Umbria e il Lazio è tra i fiumi principali della zona e purtroppo è inquinato dal mercurio. Mai come quest’anno il problema è messo sotto analisi per un’azione strategica e uno sviluppo locale come previsto dal GAL con il Piano di Azione Locale. Ma lo sviluppo non va solo inteso a livello ambientale ma anche sociale e culturale“.
Endro Martini ha poi introdotto e mediato gli interventi dei diversi relatori, i cui interventi precisi, mirati e doviziosi di dati e particolari si sono dimostrati un focus incentrato sulle cause storiche di tale inquinamento, gli studi applicati sulla problematica e i possibili approcci risolutivi o modificatori.
CAUSE PRINCIPALI DI INQUINAMENTO: ATTIVITA’ GEOTERMICHE E COMBUSTIBILI FOSSILI – “Lo studio fatto non è ancora completo – ha esposto il professor Pilario Costagliola, dipartimento Scienze della terra Università di Firenze – Stiamo costruendo una road map su questo fenomeno che merita un’attenzione ancora più approfondita. Per il progetto avviato con l’ausilio di geologi della regione Toscana e un geologo americano, abbiamo ricevuto finanziamenti e strumentazioni fino al 2015, poi abbiamo dovuto interrompere per mancanza di fondi”. A seguito Costagliola ha mostrato con delle slide i dati resi noti sull’inquinamento da mercurio delle acque.
60 TONNELLATE DI MERCURIO FINO AD ALLERONA – “Due sono le cause principali di inquinamento – ha sottolineato Costagliola – le attività geotermiche e i combustibili fossili e in queste zone dell’Italia abbiamo una cintura mercurifera davvero notevole, tantè che i nostri pesci sono più ricchi di mercurio di altri. Abbiamo stimato che nel primo tratto di Paglia fino ad Allerona ci sono 60 tonnellate e la situazione è difficilmente gestibile per il fatto che si tratta di un inquinamento di origine storica. Lo studio è stato distribuito su tutto il bacino che va dal Paglia al Tevere e giunge quasi fino a Roma, e le concentrazioni maggiori sono state rintracciate nel lago di Alviano. Bisogna tenere conto che dopo l’alluvione del 2012 il Paglia ha subito un drastico cambiamento morfologico con conseguente aumento di mercurio.
Concludo dicendo – ha terminato Costagliola – che questo tipo di inquinamento storico è dovuto principalmente ad attività minerarie. Ora è importante portare a termine le ricerche e continuare il monitoraggio per capire come procedere ad una pianificazione”.
A SETTEMBRE I DATI SULLA SITUAZIONE AMBIENTALE “Intervengo al posto del collega Marchetti che non ha potuto partecipare – ha esordito Adriano Rossi di ARPA Umbria – a nome della direzione tecnica ARPA Umbria bonifica. Il problema riguarda anche un’autorizzazione ambientale integrata legata alla discarica Le Crete di Orvieto. Noi di ARPA Umbria abbiamo svolto degli studi insieme all’università di Urbino che confermano il fenomeno. Partendo da questi dati ci muoviamo per capire meglio le problematiche legate a questi monitoraggi. E’ stato sancito un Piano di Azione Monitoraggio tra ARPA e USL e ARPA ha già individuato i punti di monitoraggio. Questa è una problematica di tipo interregionale che richiede una correlazione fra le diverse regioni e istituzioni, tra cui ARPA Umbria, ARPA Lazio, ARPA Toscana e USL, per poter limitare i danni. Concludo dicendo – ha terminato Rossi – che forse verso settembre avremo i primi dati sulla situazione ambientale“.
NECESSARIO PIANO TRIENNALE DI SICUREZZA ALIMENTARE – A seguito c’è stato l’intervento di Danilo Serva, direttore U.O. Igiene degli alimenti di origine animale USL Umbria sud.
“E’ doveroso valutare diversi ruoli e competenze per attivare un contratto di fiume come secondo l’articolo 68 bis e valutare diversi aspetti della fauna ittica. Dal 1991 al 1992 avevo molto puntato al coordinamento e alla collaborazione anche con iniziative culturali sull’ambiente e la provincia, e tutto questo è stato molto vicino al monitoraggio della fauna ittica”. Serva ha presentato diverse slide su norme e regolamento del monitoraggio della fauna ittica, la sanità animale e la sana alimentazione, elementi strettamente connessi ha ricordato Serva.
“Per tutelare il consumatore – ha sottolineato Serva – è fondamentale la collaborazione tra ARPA e USL, attraverso il controllo di diossine, di metalli pesanti e il monitoraggio di allevamenti. Per poter irrigare con acque pubbliche bisogna partire da prodotti ittici sani, esenti da malattie infettive. Dobbiamo puntare ad una rivalutazione dei prodotti e dei bacini idrografici. Tra le sostanze riparatrici pare che il selenio possa ridurre il grado di mercurio. E’ fondamentale un Piano Triennale di Sicurezza Alimentare, sempre per la tutela del consumatore“.
Verso la conclusione della tavola rotonda intervengono il dottor Roberto Minervini, Centro Ittiogenico Sperimentale Marino e il dottor Andrea Borgia, dell’Università di Milano, Department od Earth Sciences.
FAUNA ITTICA E MERCURIO – “Per anni presso l’università di Siena sono stato il tecnico che procurava i pesci per le analisi – ha esclamato il professor Minervini – e durante questo periodo avevo imparato a stabilire una relazione tra l’età dei pesci e l’accumulo di mercurio. Si parla sempre del tonno come pesce ricco di mercurio, ma con quello in scatoletta non c’è pericolo perché è un tonno pescato nel Pacifico, mentre il problema potrebbe sussistere sul tonno o lo spada nostrano sul banco del mercato. Questi però sono gli aspetti finali dell’inquinamento da mercurio a cui noi non ci dobbiamo abituare, dato che già sussiste una certa connivenza con tale problematica ambientale e alimentare“.
CENTRALI GEOTERMICHE DI PIAN CASTAGNAIO – L’ultimo intervento a cura del professor Andrea Borgia si è focalizzato attorno alle origini di mercurio nei territori del bacino del Paglia.
“Orvieto è una città fantastica e spero possa continuare ad essere fulcro produttivo, superando questa problematica annosa dell’inquinamento anche atmosferico di mercurio. Una delle sorgenti basilari di tale inquinamento sono le emissioni dalle centrali geotermiche e le centrali geotermiche di Pian Castagnaio hanno rilasciato mercurio e il 42% di mercurio arriva dal Monte Amiata”. In chiusura con gli interventi finali degli uditori è emerso che ci sono delle nuove tecniche specifiche di bonifica, come sistemi moderni di dragaggio e il sistema cosiddetto del Tapping ovvero di tappaggio, con l’inserimento di manichette di aspirazione.