Riceviamo e pubblichiamo la risposta di Alessandro Li Donni a propostito dell’intervento del Comitato risparmiatori CRO-BpB. pubblicato questa mattina da orvietosi.it.
Il Comitato dei risparmiatori CRO-BPB di Orvieto, Terni, Viterbo torna sull’argomento quote e valore della banca alla luce di quanto abbiamo scritto nei giorni scorsi. Al sottoscritto preme innanzitutto ricordare che non ha alcun conflitto d’interesse non essendo azionista in alcun modo della banca; tutto questo per ribadire il concetto principe che un giornalista corretto deve assolutamente guardare solo ed esclusivamente ai dati ufficiali che in questo caso sono bilanci, storico dei bilanci, comunicati ufficiali e comunicazioni alla clientela, e esplicare i numeri e le cifre senza commenti di sorta se non quelli necessari per facilitare la comprensione ai non addetti ai lavori. Questo è il ruolo anche perché un giornalista e un direttore sono sottoposti all’eventuale giudizio dell’ordine professionale al quale appartengono e dell’autorità giudiziaria laddove ce ne fossero i presupposti. Insomma il ruolo del sottoscritto è quello di informare nella maniera corretta senza essere partigiano, o meglio, tifoso. Se così è sembrato c’è stata un’interpretazione errata. Quando si parla di valore della banca questo è indubbiamente aumentato nel corso degli ultimi anni sia perché i fondamentali di bilancio sono positivi sia perché l’acquisizione di Tercas e la sua conseguente integrazione ha portato un maggiore valore così come l’ampliamento della rete di CRO nel pistoiese. Non è in contraddizione l’aumento di valore e la diminuzione del prezzo delle azioni perché queste hanno subito un “taglio” solo per riallinearsi ai valori medi di settore del mercato, nulla di più e nulla di meno. D’altronde che i titoli di una popolare siano poco liquidi e non speculativi è noto a chi ha un minimo di conoscenza e nella quasi totalità dei casi l’acquisto di pacchetti di quote avviene in contemporanea e antecedentemente all’apertura di posizioni, fidi, prestiti o accensione di mutui o di conti correnti vincolati presso un’agenzia del gruppo, non solo in BPB ma nella totalità delle popolari non quotate in Borsa. Le obbligazioni derivate devono essere pagate e proprio il fatto che vengono pagate regolarmente indica il buono stato di salute dell’istituto. Certamente il mancato pagamento andrebbe ad ufficializzare uno stato di crisi gravissimo. Nel caso di un istituto di credito è quanto meno macchinoso pensare che ciò possa avvenire senza segnali da parte di Bankitalia. Chi acquista titoli non quotati e regolamentati solo dal mercato interno non può attendersi una vendita sempre veloce perché legati a doppio filo alla domanda e all’offerta. Oggi la situazione è difficile non per PopBari ma per il sistema creditizio in generale e per quello delle popolari in particolare e sia per i titoli quotati e ancor di più per i non quotati la vendita è più lenta. E’ altresì altrettanto chiaro che chi acquista titoli, regolamentati o meno, sa che è di fronte al rischio che il titolo stesso possa svalutarsi nel corso del tempo. Però nel caso specifico, posto che i titoli di una popolare non quotata non sono speculativi, andando a sommare gli interessi già incassati con le obbligazioni e le eventuali agevolazioni sui prodotti bancari molto probabilmente il saldo è ancora positivo.
L’altra forte critica riguarda la composizione del titolo. Anche in questo caso giova ricordare che il prezzo viene proposto ai soci su un calcolo effettuato non da organi interni dell’azienda bancaria ma da un istituto terzo ed indipendente, basta leggersi la relazione di bilancio, che ha raggiunto il nuovo valore facendo una media tra i valori medi di mercato e i fondamentali del gruppo creditizio, non ci sono altri metri di giudizio oggettivi. Probabilmente le confusioni maggiori sono arrivate con gli NPL. Questa procedura è raccomandata dalla BCE all’intero comparto creditizio per alleggerire il peso sui bilanci dei crediti cosiddetti deteriorati e non è un segno di debolezza come non lo sono tutte le operazioni che Bari ha condotto sul bilancio 2015 in previsione della trasformazione in SpA come prevede la legge di riforma delle popolari. Per quanto riguarda gli NPL, è chiaro che sono crediti deteriorati che la banca ha collocato per semplificare molto “a stralcio” coprendo ai fini di bilancio la parte venduta, quindi andando a diminuire le perdite, anche queste al di sotto delle medie di sistema. Ma per capire se una banca è veramente in salute bisogna andare a leggere i cosiddetti ratios, cioè gli indici patrimoniali, che nel caso di Bari sono sopra i minimi richiesti dalla BCE e, fino a prova contraria, questi sono gli indici a cui ci si deve riferire quando si parla di una banca. Non è compito del sottoscritto dare lezioni di economia perché non è ha le competenze e non è questo il luogo, ma l’esperienza e la deontologia professionale mi obbligano a non poter prescindere dai dati oggettivi di bilancio.
C’è poi un ultimo particolare non trascurabile che riguarda il passato di CRO. Quando CariFirenze decise di cederla si fecero avanti alcuni “promessi sposi” e uno dei più forti era Banca Etruria. Sorge spontanea una domanda, oggi come sarebbe il clima ad Orvieto?
Certo non c’è mai da augurarsi il peggio ma sempre il meglio ma questa sottolineatura era doverosa per ricordare a tutti il recente passato e non solo il difficile presente. Il sottoscritto s’impegna a rimanere con i fari accesi su Popolare di Bari ma senza pregiudizi e soprattutto sempre guardando i documenti ufficiali, gli unici che certificano il reale stato patrimoniale e finanziario di una qualsiasi azienda compresa una banca.
Alessandro Li Donni
Orvieto24.it