di Lucia Vergaglia – M5S
E’ passato qualche giorno dall’approvazione, in nostra assenza, delle iniziative comunali sul ciclo dei rifiuti che non prevedono la chiusura della discarica e dall’inizio di quella strana campagna comunicazionale #SaveOrvieto, con il Duomo avvolto dai sacchetti neri o con la spazzatura sulle tavole orvietane, rilanciata e commentata con favore a più riprese dalle forze politiche che ne fanno l’endorsement.
E’ successo, e la stampa lo ha riportato, che i partiti presenti in Consiglio hanno convenuto su alcune mozioni riferite all’espansione del secondo calanco di Le Crete andando tuttavia in ordine sparso sulle soluzioni. Lo stesso Sindaco ha chiamato a raccolta non i comuni dell’ambito ma quelli dell’accordo per i fondi di sviluppo delle Aree Interne e convocati a sottoscrivere iniziative comuni sulla discarica, e con le incursioni del vicepresidente Meffi che auspica uno sviluppo industriale ed economico basato sul ciclo dei rifiuti dell’ambito regionale, quindi quelli del perugino e del ternano; del resto anche il segretario Pd aveva anticipato una posizione simile e tutti costoro parlano di posti di lavoro e di rilancio dell’occupazione. In ogni caso nei loro atti scritti come nelle dichiarazioni Le Crete resta il punto centrale dove arriveranno i rifiuti della regione.
«Questa scelta unanime non ci sembra un segno di responsabilità, tutt’altro, e ne prendiamo formalmente le distanze. Per noi che vorremmo la chiusura della discarica al suo esaurimento tra due anni, con intanto una forte azione di risarcimento danni per lo stress ambientale e la bonifica del territorio, non c’è niente di peggio che vedere una cordata così trasversale, assieme ai principali destinatari dei fondi di Aree Interne, orientarsi ad attrarre investimenti per far trattare conferimenti di spazzatura nel nostro territorio, dall’ambito per lo meno regionale, in nuove industrie che non hanno scadenze temporali ed ovviamente chiederanno concessioni di lungo periodo.
Ebbene ciò è il contrario della nostra visione politica e, secondo noi, rappresenta il contrario di quello che dovrebbe essere lo sviluppo del territorio. Consideriamo per esempio il rilancio occupazionale locale dato dagli impianti; in confronto già alla sola bonifica è ridicolo, andrebbe valutato carte alla mano per essere precisi ai decimali ma in situazioni simili i rapporti sono almeno 1 contro 30 ed in ogni caso il personale specializzato in questo tipo di industrie qui non ce lo abbiamo quindi probabilmente arriverà da lontano.
E questi sarebbero i pro, adesso vediamo i contro: oltre il tenere aperta la discarica per le parti residuali della lavorazione e, conseguentemente, non bonificare, avremmo le ricadute del traffico dei camion, dei fumi, delle vasche e dell’impiantistica sul paesaggio di fronte al borgo, oltre ai potenziali inquinamenti. C’è da misurare l’impatto negativo sulle nostre produzioni di prestigio e sul turismo che andrebbe considerato con attenzione sin da subito, già oggi l’immagine autolesionista del Duomo avvolto dai sacchetti è presente nei social network anche se fortunatamente non è ancora diventata virale, cioè non è ancora molto diffusa, ed anche questo è il contrario di ciò che serve ai nostri marchi ed ai nostri operatori commerciali.»