ORVIETO Il Museo “Claudio Faina” resterà aperto nelle giornate del 25 aprile e del 1 maggio con orario continuato (ore 9.30-18.00) come in tutti gli altri giorni a cavallo tra aprile e maggio. Potrà essere visitato ora idealmente con una guida d’eccezione: Domenico Cardella, l’autore del primo catalogo a stampa della raccolta pubblicato nel 1888 per i tipi della “Tipografia M. Marsili”.
Proprio all’azienda erede di quella tradizione d’impresa e al suo attuale proprietario, Luciano Damasso, in accordo con la Fondazione per il Museo “Claudio Faina”, si deve la ristampa anastatica del volumetto che costituisce la testimonianza preziosa di una stagione dell’archeologia orvietana di notevole vivacità (seppure con qualche ombra) e di grande progettualità: la riscoperta del passato della città doveva assicurarle un futuro dignitoso nella nuova Italia e negli anni a venire.
Intorno alla figura di Domenico Cardella conosciamo poco: sappiamo che insegnò ad Orvieto quale “professore nelle scuole liceali e tecniche” per un periodo della sua vita; che aveva un sicuro interesse per le antichità; che riuscì a inserirsi nella vita culturale cittadina attraverso la partecipazione all’attività dell’Accademia “La Nuova Fenice”, costituita nel luglio del 1888. Infine che strinse un rapporto di collaborazione con l’uomo politico e collezionista Eugenio Faina e con lo storico e archivista Luigi Fumi.
Tali informazioni possiamo desumerle direttamente dalle sue pubblicazioni, oltre al Museo Etrusco Faina, il Catalogo illustrativo del Museo Civico di Orvieto, (pubblicato sempre nel 1888 dalla stessa Tipografia e anch’esso ora ristampato) e Le pitture della tomba etrusca degli Hescanas (presso Orvieto) (Roma, Tipografia Laziale, 1893). Di aiuto risultano anche i frequenti interventi nelle sedute dell’Accademia, di cui fu “socio effettivo”.
Il libriccino Museo Etrusco Faina è prezioso in quanto descrive lo stato della collezione alla fine dell’Ottocento e fornisce per i reperti esposti indicazioni, quali la provenienza e la collocazione, che, altrimenti, sarebbero andate perdute. La raccolta aveva sede al secondo piano del Palazzo Faina, in Piazza del Duomo, e occupava allora solo sei sale. Nella sala d’ingresso erano collocati reperti eterogenei: canopi, cippi, urne cinerarie in terracotta, ceramica comune, argentata, a vernice nera e altro ancora. Seguiva quindi il monetiere.
La terza stanza, detta “dei bronzi”, presentava la congerie dei bronzi etruschi e romani raccolti dai conti. Vi erano esposti pure i reperti preistorici. Nella quarta sala, denominata “delle tazze”, trovavano posto soprattutto kylikes di produzione attica. Nella successiva, denominata “dei buccheri”, si trovava appunto la serie dei buccheri “in buona parte provenienti da Chiusi”, città dove Mauro Faina, l’iniziatore della raccolta, aveva operato i primi acquisti. Il percorso si chiudeva con la camera “dei grandi vasi dipinti” dove figuravano i capolavori della raccolta, tra i quali le tre anfore attribuite ad Exekias.
Una visita al museo, in questi giorni, può essere anche l’occasione per visitare la mostra Giuseppina Anselmi Faina. Una pittrice dell’Ottocento tra Piemonte e Umbria che sta riscuotendo un successo notevole. La sua figura è ricordata anche in Costellazione familiare, il romanzo più recente di Rosa Matteucchi (Adelphi, 2016).