di Gabriele Marcheggiani
Il disagio crescente degli amministratori dei piccoli comuni fa da contraltare alle continue voci che vorrebbero come imminente una riforma degli enti locali, a partire dalla creazione delle macroregioni e alla ventilata ipotesi di accorpamento dei municipi. Argomenti questi, di primaria importanza, che toccano da vicino la nostra vita di tutti i giorni: basti pensare a quanti e quali servizi si trovano a gestire i comuni e le regioni, senza contare che l’Italia (e l’Umbria in particolare) è il paese dei campanili e dei campanilismi.
Guai anche solo a pensare di ridisegnare confini e giurisdizioni che in alcuni casi sono stati tracciati con la matita di storie e tradizioni secolari. Federico Gori, 31 anni, sindaco di Montecchio e da qualche mese presidente dell’ANCI piccoli comuni dell’Umbria, non nasconde la propria preoccupazione: il comune per lui, risulta essere l’ultimo presidio democratico. Dice proprio così e ci tiene a sottolineare la portata delle sue parole: ovvio che per lui, i sindaci siano a loro volta i comandanti in capo di questo fortino delle istanze di democrazia.
Il dibattito è già avviato, non si tratta più di “se” ma solo di “quando”…
Le ipotesi sono tutte sul tavolo, non c’è dubbio. L’ANCI non si tira indietro e noi in Umbria tanto meno ma occorre che la disponibilità a ragionare sia reciproca tra Governo, Parlamento ed enti locali. Che ci sia bisogno di un riordino della governance è fuori di dubbio ma per noi vale il principio che le riforme che ci riguardano vengano scritte ascoltandoci. Abbiamo già degli esempi sui quali ragionare, in Francia, in Spagna e in Germania sono state attuate riforme che funzionano.
Dunque, da dove comincereste voi dell’ANCI, quale proposta avete messo sul tavolo?
Sia chiaro, le riforme sono necessarie, questo va detto. Noi diciamo: si creino degli ambiti omogenei, si tenga conto delle specificità di ciascun territorio, della sua storia, delle sue tradizioni, delle sue relazioni. Successivamente si decidano tre funzioni importanti che possono essere condivise tra più comuni, sull’esempio di quanto già accade per la polizia locale e la Protezione Civile: certamente se ognuno si impegna come deve, i vantaggi, anche economici, non sarebbero pochi. Però attenzione, quando si toccano gli enti locali occorre andarci con i piedi di piombo: i comuni rappresentano il primo e più importante baluardo dello Stato, soprattutto in territori decentrati come il nostro.
Non c’è il sospetto che si voglia fare propaganda elettorale tagliando le tasse a livello centrale e scaricando sugli enti locali tutti i problemi che ne conseguono?
La legge di Stabilità 2016 non prevede tagli e questo, se possibile, penalizza soprattutto i comuni virtuosi, quelli che nel tempo hanno gestito bene le loro finanze. Se in tutto questo ci sia un disegno da parte del Governo centrale di scaricare costi e responsabilità a livello locale non so dire, spero che il Partito Democratico, che è anche il mio partito, non abbia di queste idee…Io credo che con le funzioni associate, come detto, si riesca a salvaguardare l’autonomia dei comuni ed operare anche risparmi economici, anche se oramai siamo obbligati a condividerci gli uffici visto che anche le assunzioni sono pressochè bloccate.
In Francia si diventa deputati solo se si è fatto il sindaco, non importa se di un comune grande o piccolo: questo significa che chi legifera ha un’importante esperienza amministrativa, conosce i problemi dei cittadini da vicino.
Questo sarebbe fondamentale. Chi prende le decisioni, chi fa le leggi, spesso non sa cosa voglia dire amministrare, cosa sia la pratica quotidiana, quali siano le reali esigenze dei cittadini. Per questo occorre lasciare più spazio agli amministratori locali, quanto meno occorre ascoltarne la voce e le proposte. Gli enti locali vanno rafforzati, ne gioverebbe anche lo stato centrale: mettere insieme una serie di debolezze, come sono i comuni attualmente, non porta da nessuna parte. Si fa fatica a mantenere i servizi per i cittadini, questo occorre comprenderlo. Come sindaco ne avverto tutte le difficoltà e spesso queste non vengono ben comprese.
Il nostro territorio sperimenta il progetto delle Aree Interne: è qualcosa che può funzionare e andare nella direzione giusta?
Personalmente credo moltissimo in questo progetto. Come sindaco di un piccolo comune però, avverto anche il rischio che si venga fagocitati da Orvieto e che a noi spettino solo le briciole. Creare dei progetti sovracomunali volti a migliorare ed ampliare i servizi per scuola, sanità e trasporti è molto importante. Tra l’altro, visto che si parla anche di macroregioni, il progetto copre un territorio che scavalca i confini regionali e cerca di disegnare un territorio vasto che sappia condividere idee e progetti. La valenza sovracomunale è fondamentale, i problemi contingenti e la carenza di servizi, chi più chi meno, riguardano tutti.
Sul nostro giornale abbiamo pubblicato un comunicato dell’ANCI Umbria relativo alle farmacie rurali ma un altro importante problema è la chiusura degli uffici postali nei piccoli centri e nelle frazioni. Cosa state facendo?
Recentemente abbiamo incontrato i responsabili di Poste Italiane a Firenze, non sono molto ottimista. Purtroppo le poste oramai sono un’azienda praticamente privata e non comprendono più le esigenze di servizio pubblico; parlano di “postino telematico” e cose del genere ma non si rendono conto che nei piccoli centri abitano per lo più persone anziane che poco hanno a che fare con la tecnologia, senza contare che in alcune località la linea internet è praticamente inesistente…Gliel’ho pure detto al funzionario, se viene a Melezzole per prendere la linea occorre arrampicarsi sugli alberi…di che parliamo? Per tante persone, soprattutto anziane, le Poste sono un servizio essenziale, l’ultimo rimasto: ripeto, c’è uno sforzo quotidiano, spesso vano, per il mantenimento dei servizi minimi ai cittadini che passa sotto silenzio.
Ultima domanda, di prammatica: poco più che trentenne, sindaco, presidente ANCI piccoli comuni: da grande cosa vuol fare?
Molti non ci credono ma io non miro a niente che non sia cercare di amministrare bene il comune di Montecchio e svolgere al meglio la mia attività in ANCI. Non ho assolutamente intenzione di volare altrove, avverto il mio compito, che è comunque importante e gravoso, come una missione: nessuno mi ha obbligato, per carità, ma fare il sindaco comporta pochi onori e tanti oneri e sacrifici che mi prendo volentieri.