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Home Territorio

A colloquio con il sindaco di Guardea Giampiero Lattanzi

Redazione 2 by Redazione 2
21 Marzo 2016
in Territorio, Secondarie, Archivio notizie
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Di Gabriele Marcheggiani

GUARDEA Con Giampiero Lattanzi, 58 anni, sindaco di Guardea e consigliere provinciale, iniziamo dalla fine. Politico navigato e di razza come gli riconoscono anche i suoi non pochi avversari, un curriculum lungo quanto gli incarichi che ha ricoperto e le nomine che ha ricevuto, deus ex machina della politica guardeese e non solo, Lattanzi è soprattutto un uomo che ha incarnato il potere da queste parti, un personaggio, comunque la si veda, con un’esperienza e una capacità di primissimo ordine. Iniziamo dalla fine dunque perchè dopo un’ora e mezza di colloquio, tra le macroregioni e le Aree Interne, passando per i problemi che un sindaco si trova a gestire quotidianamente, la domanda nasce spontanea.

Sindaco, ma lei da grande cosa vuol fare?
Ho già fatto molto, diciamo che di esperienze e di incarichi ne ho già avuti abbastanza. Se proprio devo essere sincero, mi piacerebbe continuare a fare quel che faccio, contribuire comunque al bene e al progresso di Guardea; con tutti i cambiamenti che si profilano all’orizzonte, a livello di assetto amministrativo locale e su altri fronti, mi piacerebbe vedere i risultati, sperando di contribuire a qualcosa.
Lo scorso 8 marzo, proprio quì a Guardea, la presidente del consiglio regionale, Donatella Porzi, non ha nascosto che il progetto delle macroregioni è oramai avviato, questo probabilmente comporterà cambiamenti anche al livello dei piccoli comuni. Si parla di accorpamenti e cose del genere. La ringrazio della domanda. I cambiamenti sono ben accetti se servono a migliorare i servizi, se riducono le spese, se aiutano il cittadino facilitandone la quotidianità, cambiare tanto per cambiare non solo non serve a nulla ma crea solo danni. Di qualsiasi cosa si parli, dalle macroregioni agli accorpamenti, io dico parliamone.
Parliamone partendo da un presupposto necessario: i comuni devono poter dire la loro, le comunità devono poter contribuire, non è ammissibile ripetere l’errore che si è fatto con le provincie, con il caos a livello di servizi e di deleghe, senza che la sbandierata abolizione di questi enti abbia portato nè ad un risparmio economico concreto, nè ad un miglioramento della vita dei cittadini. Prima o poi chiuderanno definitivamente anche le comunità montane, delle quali si può dire tutto ma hanno comunque rappresentato un punto di riferimento per i cacciatori, gli agricoltori, le aziende: chi si farà carico di quelle che erano le loro competenze? Alla fine è il cittadino che paga, trovandosi senza punti di riferimento e senza servizi. Una riorganizzazione può essere anche necessaria ma…

Ma…
Vede, nei nostri centri, per piccoli che siano, c’è un senso di appartenenza che è difficile trovare altrove. Le nostre storie, le nostre tradizioni, insomma, la gente ci tiene a queste cose…che vuol dire accorpare? Se parliamo di uno snellimento della macchina amministrativa, la condivisione tra diversi comuni di alcuni servizi, la razionalizzazione dei costi, per me va benissimo. In questo senso alcune cose già sono operative, si pensi al servizio di polizia municipale o a quello di protezione civile che condividiamo con altri comuni. Siamo disposti anche a cedere qualcosa, a condividere più funzioni con gli altri enti a noi vicini ma se qualcuno pensa che da Roma deve decidere del futuro e dell’assetto dei nostri territori, sono assolutamente contrario. Noi collaboriamo fattivamente con gli altri comuni a noi prossimi, soprattutto con Alviano con il quale abbiamo anche un’affinità, per così dire, storica. Ora stiamo anche noi partecipando all’organizzazione delle manifestazioni per ricordare la figura di Bartolomeo d’Alviano…Insomma, non ci tiriamo mai indietro, basta che le cose si facciano senza prevaricare la nostra storia e la nostra autonomia. Non c’è il rischio che nessuno voglia cedere qualcosa, che il campanile la faccia da padrone e alla fine decideranno tutto altrove? Sul problema scuole, ad esempio, non mi sembra sia stato così facile mettervi d’accordo.
Io veramente una proposta l’avevo fatta per ovviare al rischio chiusura di alcune scuole: si poteva fare, ad esempio, la scuola primaria quì a Guardea, l’asilo tenerlo a Montecchio e le scuole secondarie magari a Baschi. Voglio dire, so che esiste il pericolo di non riuscire a mettersi d’accordo ma occorre farlo. L’esempio da seguire è quello francese, lì hanno circa 37.000 municipi, altro che i nostri 8.000…conosco la realtà di laggiù perchè siamo gemellati da trent’anni con il comune di Champignelles. Anche in Francia hanno accorpato, razionalizzato, ma l’hanno fatto con razionalità, per gradi, coinvolgendo tutti gli attori, tant’è che i processi riorganizzativi messi in moto non sono stati traumatici ma naturali, diciamo così.

Lei è stato già sindaco di Guardea qualche anno fa, cosa è cambiato da allora?
Il clima è diverso, i comuni hanno ricevuto solo bastonate negli ultimi anni tra tagli di introiti dallo Stato e sovraccarico di funzioni. Anche la figura del sindaco è cambiata, ora ci sono più responsabilità, il sindaco stesso viene visto come primo baluardo delle istituzioni, quello più vicino al cittadino, al problema di tutti i giorni. Pensi che c’è gente che entra in questa stanza per venirmi a raccontare le proprie angosce e i propri problemi familiari…prima andavano dal prete, ora sarà perchè anche con la Chiesa non ci si capisce più niente, vengono dal sindaco. A volte devo occuparmi di alcune problematiche in prima persona, hanno tagliato anche le assunzioni di personale…oggi il sindaco fa veramente un po’ di tutto.

 

La crisi ha colpito duramente dappertutto, come sappiamo. Aziende in crisi, attività economiche costrette a chiudere, disoccupazione…Guardea come se l’è cavata?
Abbiamo avuto ripercussioni anche sul nostro territorio, non c’è dubbio. A partire dal 2012 la crisi ha morso anche le nostre imprese ma per fortuna non abbiamo rilevato difficoltà insormontabili come purtroppo è accaduto altrove, diciamo che a Guardea si è sofferto ma sostanzialmente il sistema produttivo e imprenditoriale è rimasto in piedi saldamente. Altra cosa invece è il dato relativo alla disoccupazione giovanile: questa è una tragedia nazionale che colpisce anche Guardea, non c’è dubbio. Come istituzione cerchiamo di fare quel che è possibile ma la valenza del problema è globale e non può essere certo risolta da un piccolo comune.

Tornando a dove avevamo iniziato, il progetto Aree Interne sembra andare nella direzione di una nuova consapevolezza che miri più alle esigenze del territorio vasto piuttosto che al singolo comune. E’ un primo passo? Funzionerà?
Le Aree Interne sono un’opportunità incredibile per questa fetta di territorio umbro, finalmente, per riallacciarci a quanto dicevamo prima, c’è la possibilità concreta di ragionare in una nuova dimensione sovracomunale, guardando alle potenzialità di questa parte della regione che a mio avviso sono grandissime. Abbiamo un territorio articolato, certamente di grande pregio e di grande attrattiva che va valorizzato e nel quale vanno creati nuovi servizi. Noi stessi spesso non ce ne rendiamo conto ma dall’Oasi WWF di Alviano – Guardea – Montecchio ai monti amerini, questo comprensorio ha un tesoro di cui spesso non si rende conto e che va solo fatto conoscere. Lo dico senza polemica: Guardea è l’unico comune che ha presentato ben quattro progetti per le Aree Interne esclusivamente di valenza sovracomunale mentre ho visto, purtroppo, che c’è qualcuno che ancora non ha ben compreso la finalità di questo progetto e ritorna a immaginare finanziamenti per una piazzetta o una fontanella nel proprio paese. No, così non ci siamo e non andiamo da nessuna parte.

 

 

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