Di Valentino Saccà Muore Umberto Eco e crolla subitaneamente una delle ultime colonne della cultura occidentale, l’illustre semiologo, filosofo, medievista e scrittore alessandrino si spegne all’età di 84 anni il 19 febbraio intorno alle 22,30 nella propria abitazione, era già malato di tumore da un paio di anni. Eco nella sua lunga e variegata carriera di intellettuale è stato l’epicentro creativo di una rinnovata intellighènzia occidentale. Mai limitatamente italiano, pur essendo un grande difensore del dialetto e delle radici culturali (spesso nelle sue opere di narrativa torna il suo amato Piemonte e il suo dialetto anche ironicamente reinventato come nel capolavoro “Baudolino”), incontrando una cultura di ampio respiro di portata occidentale.
Si laurea a 24 anni discutendo con Luigi Pareyson una tesi sul problema estetico in San Tommaso e a soli 32 anni realizza uno dei massimi risultati nel campo della semiotica con “Apocalittici e integrati”. I suoi romanzi, dall’insuperato “Il nome della rosa” al recente “Numero zero”, sono dei finti gialli coltissimi che nascondono un fine e ironico divertimento intellettuale in cui verità, finzione letteraria e Storia si mescolano in un intrigante gioco delle parti. Eco ci lascia in eredità il suo ultimo testo, che uscirà postumo alla fine di febbraio, “Pape Sàtan Aleppe”, raccolta delle sue “Bustine di minerva”, ovvero dei suoi articoli ironico-polemico-intellettuali apparsi per anni sull’Espresso.
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