LA MANCANZA DI VISIONE STRATEGICA NON DÀ BUON GOVERNO
Caro Barbabella,
qualcuno si scandalizza per la tiritera sul mercato a Piazza del Popolo. Ma prendere una decisione su un provvedimento pubblico che coinvolge gli interessi, spesso contrastanti, di una grande quantità di persone può essere molto difficile. All’università mi hanno insegnato che l’autorità pubblica deve curare l’interesse pubblico col minor sacrificio possibile degli interessi privati sia individuali che collettivi, nonché degli altri interessi pubblici. Trasferire il mercato ambulante da Piazza del Popolo impoverisce alcuni negozianti che operano nella piazza e nei vicoli adiacenti, dato che il mercato attira un flusso di persone che non acquista solo sulle bancarelle; ma ne possono ricavare vantaggio i negozianti che operano, o potrebbero operare, nelle adiacenze della nuova sede del mercato. I calcoli sono complicati, anche perché non possono che basarsi sulla rete commerciale esistente. Chi dice che l’amministrazione comunale dovrebbe avere una più chiara visione strategica, non tiene conto del fatto che i grandi strateghi sono spesso finiti male per amore delle proprie strategie. Insomma governare è difficile e lo dimostra il fatto che i governanti sono rimpianti raramente.
Vanna V.
Guardi, gentile signora, su un punto le dò senz’altro ragione: che governare è difficile. Per tutto il resto ho le mie idee, che ho manifestato in questa rubrica più e più volte e alle quali resto affezionato per la sola ragione che ad oggi altre migliori non mi sono state proposte o non mi è stato dato di poter valutare. Non me le propone ora nemmeno lei, che addirittura vorrebbe far passare, se non per lungimirante, almeno per normale la mancanza di visione strategica da parte dell’amministrazione comunale. È ciò che fa comodo a molti, giacché così chiunque può sentirsi autorizzato ad avanzare su tutto le proposte più strampalate, e anche con la speranza di essere ascoltato. Ma invece è proprio qui la questione: se manca una visione strategica del commercio, che a sua volta sia collegata ad un’idea strategica della città e del suo territorio, e quindi a un sistema di politiche coerenti (turismo, traffico, servizi, ecc.), il risultato sarà l’andirivieni delle allocazioni delle diverse attività, dei posti auto e di quant’altro di volta in volta entra in gioco. Il tutto in ragione del prevalere delle spinte e delle controspinte del momento. Altro che tutela bilanciata degli interessi individuali e collettivi! Qui siamo piuttosto al disorientamento di chiunque voglia impostare la propria attività con l’idea di durata, con una speranza di futuro. È vero, governare è difficile, ma se uno sceglie di prestarsi a questo compito lo deve fare e basta, e senza visione strategica lo farà senz’altro male. Io credo di potere dimostrare senza troppo sforzo, esperienza alla mano, che pre avere risultati di governo si deve avere una visione strategica, che è il contrario dell’improvvisazione e non certo della creatività. Sulla riconoscenza per quello che fai bastano poche parole. Aspettarsi riconoscenza e popolarità è legittimo, ma piegare il governare a questi sentimenti, che in fondo sono espressioni di narcisismo, è semplicemente insensato. Si deve solo operare con onestà, lucidità e coraggio, senza aspettarsi aureole. Il futuro dirà. In ogni caso però la coscienza deve essere a posto.
I PROBLEMI SOCIALI NON SI RISOLVONO CON IL BUONISMO
Caro Barbabella,
abito alla Segheria e le confesso che esito a salire a Orvieto sia perché devo presidiare il mio appartamento per difenderlo dai ladri, sia perché nel centro storico sono infastidito dagli zingari e dagli africani che mi abbordano per chiedere soldi. Mi occupo di assistenza a famiglie bisognose che non hanno pane a sufficienza perché colpite da disgrazie di varia natura; ogni euro che dessi a uno zingaro o a un nero lo sottrarrei a gente che ha fame e non ha la forza di lavorare. Le capita di porsi questo caso di coscienza?
Pietro M.
Certo che mi si pone, caro Pietro. E lo risolvo arrivando dove posso, da una parte e dall’altra. Come fa lei, credo, e come fanno molte altre persone, in cui prevale non solo un istintivo senso di umanità, ma anche una scelta di vita, un modo di intendere le relazioni interpersonali in una società complessa come quella che già viviamo. Bisogna però rendersi conto che una cosa sono i problemi di coscienza, che ogni persona risolve in un confronto con se stessa, altra cosa sono invece i fenomeni sociali che ne sono all’origine. Fenomeni che hanno assunto ormai una certa consistenza anche dalle nostre parti e che per questo non si possono trattare come qualcosa di passeggero o come occasione per mettere alla prova il tasso di bontà individuale ancora presente nella popolazione adulta. Anche qui mi attenderei qualcosa di più di un’attenzione ai casi i povertà e di un obolo sporadico per il passante di colore che ti porge l’ennesimo pacco di calze. Il buonismo nasconde spesso la mancanza di coraggio nell’affrontare i problemi.
I CASI DI CROCETTA E MARINO: A FARE IL PURO, “TROVI SEMPRE UNO PIÙ PURO CHE TI EPURA”
Caro Leoni,
come lei sicuramente sa, uno degli aforismi più noti di Pietro Nenni è questo: “A fare a gara a fare i puri, trovi sempre uno più puro che ti epura”. Lui si riferiva alla deleteria corsa al massimalismo che ha segnato la sinistra lungo tutta la sua storia. Ma l’idea si potrebbe benissimo adattare a tanti altri tipi di rincorsa ad accaparrarsi primati e posizioni estreme. A partire proprio dal moralismo, la vuota predica che oggi caratterizza quella che ancora continuiamo a chiamare politica. Ne sono fulgidi esempi i casi di Crocetta in Sicilia e di Marino a Roma: partiti come gagliardi paladini dell’ondata moralizzatrice similgrillina, e però rimasti ad una battaglia di sole parole, oggi si ritrovano attaccati sullo stesso terreno su cui loro stessi si erano affermati. A me pare che, a meno di un rapido cambiamento di rotta con chiara dimostrazione di saper affrontare i problemi, la loro sorte di amministratori pubblici appare segnata. Lei non crede che questi casi, come altri, ci insegnino che in politica valgono di più la serietà e l’efficienza che non le prediche e i paternostri?
Adele A.
Cara Adele, a mio avviso il moralismo dei grillini è pericolosamente sincero perché rientra nella fase entusiastica di un vero e proprio movimento collettivo in fase nascente. Invece l’ostentato moralismo di Crocetta e di Marino mi sembra un atteggiamento compensativo della coscienza di una scarsa capacità politica. Credo che Renzi abbia colto nel segno invitandoli a fare meno scene e a dimostrare di saper governare. Un modo un po’ brutale per dire che non li stima.
GNAGNARINI INGENEROSO CON CONCINA PER FRUSTRAZIONE?
Caro Leoni,
l’assessore al bilancio del comune di Orvieto presenta i risultati di un anno della sua attività nella Giunta Germani in modo direi trionfale. Al di là dei numeri, che sono comunque ovviamente importanti, ne sono testimonianza frasi come queste: “Non siamo ossessionati, ma sia chiaro che in questi dodici mesi il controllo della spesa è stato ferreo e rigoroso tanto da poter affermare senza dubbio alcuno che neanche un centesimo di euro è stato speso senza la più puntuale copertura”; “Le cifre e i vincoli su cui abbiamo costruito questo bilancio li abbiamo avuti sempre ben presenti e, in questi mesi, anche rigorosamente applicati avendo dovuto, peraltro, correggere e integrare non poco là dove, chi ci aveva preceduto, si era quantomeno distratto e agito con una buona dose di pressappochismo”. Frasi pesanti nei confronti della precedente amministrazione. Lei che dice, sono giustificate alla luce dei risultati vantati dall’assessore?
Ernesto B.
Caro Ernesto, quando Concina accettò l’eredità dell’amministrazione Mocio non sapeva bene a cosa andava incontro, altrimenti, come molti suoi amici gli consigliavano, avrebbe impacchettato tutta la contabilità comunale e, prima di dimettersi, l’avrebbe consegnata in parte alla procura della Repubblica e in parte alla procura della Corte dei Conti. Invece l’amministrazione Germani non solo ha voluto e accettato l’eredità dell’amministrazione Concina, ma sapeva esattamente a che cosa andava incontro, perché le carte erano chiare, in ordine, complete e scandagliate con rigore dal Ministero dell’interno e dalla Corte dei Conti. L’accusa di pressapochismo all’amministrazione Concina la considero ingenerosa e rivelatrice di un frustrante andamento politico-amministrativo.
L’elzeviro della settimana
Turismo a tre dimensioni. C’è bisogno della sintesi
Sullo sviluppo del turismo orvietano riscontro tre posizioni che cerco di sintetizzare senza giri di parole.
Una posizione è quella che aveva assunto l’ex sindaco Toni Concina, il quale proponeva la destinazione dell’ex ospedale di Piazza del Duomo ad albergo di lusso. Frequentatore assiduo di Cortina d’Ampezzo, Concina conosceva il mondo dei ricchi e sperava che Orvieto offrisse loro delle occasioni per liberarsi di un po’ di soldi distogliendoli da altre località.
Un’altra posizione è quella di Gianni Marchesini, inventore del marchio “Orvieto Felice”, autore di questo pezzo emblematico, quasi lirico: Imbocco Via Loggia dei Mercanti che sono le undici di una sera tropicana yèès, la prima torre si innalza schietta e forte di restauro fino a dove può nuova sulla piccola piazza ove sta il palazzo dei templari nel quale abitano i Pedichini rifatto fico con la terrazza a ballatoio in alto che è una meraviglia illuminata da tenera luce come di torce accese. Mi cattura la musica di un piano di buono swing jazzato, tenera e avvolgente così mi accorgo di un complesso di piano contrabbasso e batteria posto in fondo alla piazza del Charlie accanto alla torre morsa nel fianco e tenebrosa fin lassù in alto dove parlano ai tavoli con composto vociare in perfetto accordo con la musica, guardo a destra il magnifico palazzo dei gioiellieri Origami, vado che intanto la musica mi segue anche oltre la sala elegante, luminosa del Piccolomini e sono a San Lodovico fino al San Giovanni raggiunto dall’aria umida che sale su dalla rupe. Ecco qual è la mia Orvieto: discreta, elegante, silenziosa, viva e borghese.
Ma c’ è una terza posizione che è quella partorita dalla mente collettiva e che impronta la realtà orvietana. Si tratta dello sfruttamento intensivo del turismo ciabattone delle famigliole di operai e impiegati di tutto il mondo industrializzato, degli anziani con modeste pensioni che vengono portati in giro a dare uno sguardo malinconico al mondo che dovranno presto abbandonare, dei fedeli organizzati dai parroci per visitare chiese e reliquie a difesa della fede contro l’indifferenza e l’ostilità del mondo.
Mi sembrerebbe sensato che le tre posizioni dialogassero e che l’amministrazione comunale si assumesse il compito di ascoltare e cercare la sintesi. Non è questo il compito della politica?