Il Dipartimento di Architettura e Progetto dell’Università La Sapienza di Roma ha inserito il Pozzo della Cava tra le best practices in tema di riuso di aree e giacimenti ipogei, al termine di una ricerca iniziata nel 2013 che ha preso in esame per un intero anno numerosi casi italiani e internazionali, dagli scavi preistorici alle moderne metropolitane.
La pubblicazione dei risultati è stata fatta in questi giorni nel volume «Sottosuoli urbani – La progettazione della città che scende», edito da Quodlibet e curato dai professori Paola Veronica Dell’Aria, Andrea Grimaldi, Paola Guarini e Filippo Lambertucci, con interventi di numerosi ricercatori, dottorandi e consulenti.
Tra gli elementi esaminati hanno avuto particolare rilievo la fruibilità dello spazio ipogeo, la cura e la vivibilità dell’ambiente, l’economia, l’uso dei linguaggi degli “iperluoghi” e dei “monumenti rovesciati”, le metodologie di scavo, la vivibilità e perfino i risvolti psicologici della fruizione.
Del complesso sotterraneo del Pozzo della Cava si parla diffusamente nella sezione «Il recupero delle cavità ipogee tra produzione e cultura» curata da Isabella Santarelli, in cui si affronta il tema del re-inventare lo spazio scavato tra opportunità e limiti.
Il Pozzo della Cava, alla cui gestione è stato inviato il volume unitamente ai ringraziamenti per la collaborazione alla ricerca, ha in questi giorni ricevuto anche il certificato di eccellenza di TripAdvisor per il 2015, confermando l’apprezzabile risultato raggiunto già lo scorso anno, piazzandosi tra i pochi monumenti italiani che possono fregiarsi di questo importante riconoscimento conferito direttamente dalle recensioni dai visitatori.
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