BUONI MAESTRI, BUONA SCUOLA
Caro Leoni,
Ho sentito alla radio questo dialogo tra il conduttore della trasmissione e il segretario della CGIL Scuola Domenico Pantaleo. Conduttore: “Il maestro di mia figlia le ha messo una nota sul diario con la motivazione che ‘non ascolta al maestro’; un maestro che scrive ‘non ascolta al maestro’ non dovrebbe più fare scuola. Lei che dice?”. Pantaleo: “Guardi, i problemi della scuola non sono questi ….”. Insomma Pantaleo ha ignorato la questione, che è quella della qualità professionale dei docenti. Ma la questione esiste. Lei pensa che a gente come quel maestro dovrebbe o no essere impedito di fare danni?
Annalisa S.
I sindacati, soprattutto quelli dei dipendenti pubblici, sono diventati da tempo una disgrazia. Accolgono parassiti e proteggono parassiti, che sono i più disposti a pagare il contributo al sindacato. Quel maestro ignorantello non andrebbe crocifisso, ma nemmeno dovrebbe trovare un sindacalista che lo difende. Il Governo ha buon gioco con sindacati screditati.
LA STAZIONE MEDIOETRURIA CI METTERÀ ANCOR PIÙ AI MARGINI?
Caro Leoni,
notizie di questi giorni ci dicono che la nuova stazione dell’Alta Velocità detta MedioEtruria, sulla linea Roma Firenze, si farà. E si farà, è più che probabile, in una zona tra Chiusi e Arezzo, unendo così gli interessi dell’Umbria a quelli della Toscana. Sono evidenti il significato e le potenzialità turistiche dell’opera. Ma non è che questo significherà ulteriore emarginazione delle nostre zone?
Attilio I.
Orvieto non sta perdendo la partita nel settore dell’alta velocità a causa della prepotenza di altri territori, che non fanno altro che giocare le loro carte. Orvieto ebbe in mano ottime carte nella partita dell’autostrada del sole e vinse, ma non ha saputo sfruttare quella vittoria. Così, nella partita della stazione dell’alta velocità, si presenta con una economia arretrata e con collegamenti stradali inefficienti con Todi, con l’Amerino, con Viterbo e con l’Amiata.
PREMIARE IL MERITO NELLA SCUOLA E NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE SAREBBE UN TERREMOTO? ALLORA FACCIAMOLO!
Caro Barbabella,
le propongo due perline del presidente del Consiglio: «Non valutare e trattare tutti gli insegnanti allo stesso modo per me è un errore… Gli stipendi non si toccano, ma se ci sono soldi in più devono andare a chi lo merita.» Ma quando mai nella pubblica amministrazione ha contato il merito? Se la scuola comincia a dare l’esempio, non basterà tutto il Prozac del mondo per evitare il dilagare dei suicidi di pubblici dipendenti.
Aurelio D.
Caro Aurelio, intanto dico chiaro e tondo che se gli stipendi degli insegnanti non si toccano non si va da nessuna parte. I nostri docenti sono tra i peggio pagati. E questo, oltre ad essere ingiusto, scoraggia chi vuole migliorare sé e la scuola. Di più, fornisce l’alibi a chi è orientato a tirare a campare a farlo anche spudoratamente. Tanto poi non c’è nessuno che controlla. Voglio ricordare a lei come a chi ci legge il compromesso all’italiana fatto da sempre sulla testa di tutti noi da una classe dirigente irresponsabile, politica e sindacale: io ti pago poco ma non ti chiedo nulla e non ti controllo. Conseguenza: chiunque abbia provato a cambiare qualcosa, proprio nel senso della responsabilità, della rendicontazione di ciò che fai e del merito, è stato sconfitto. Se Renzi ragiona come ragiona, magari approverà quello che vuole, ma non cambierà le cose. Gli stipendi andrebbero toccati eccome, nel senso che andrebbero adeguati alla funzione delicata e impegnativa che gli insegnanti svolgono. E il merito non deve essere riconosciuto se ci sono soldi in più, ma sempre e comunque, naturalmente con criteri chiari e trasparenti. Contemporaneamente però si dovrebbe assicurare sia la qualità della preparazione che la qualità del modo di esercitare la funzione, degli stessi docenti e anche e soprattutto dei dirigenti. E lasciamo perdere la polemicuzza sul preside sceriffo o sul superpreside: sono vere sciocchezze. Se il preside è responsabile dell’istituzione scolastica, deve essere messo in condizione di esercitare la sua funzione assumendosene la piena responsabilità, che non vuol dire affatto permettergli atti arbitrari: ci saranno procedure che egli dovrà rispettare, atti trasparenti che dovrà compiere e di cui dovrà render conto. Ma insomma, la vogliamo far funzionare o no l’istituzione più delicata del Paese? Si, certo, premiare il merito sarebbe un terremoto. Ebbene si, facciamolo finalmente questo terremoto!
NELLA CITTÀ DORMIENTE DORME CHI VUOL DORMIRE
Caro Barbabella,
confesso che non ho votato per l’attuale maggioranza che governa il Comune di Orvieto, anche se non ero entusiasta della precedente. Ma devo riconoscere che la polemica politica, sia sulla stampa che nelle piazze, non è stata mai così fievole. Un assessore che non riusciva a tenere la bocca chiusa e provocava qualche polemica è stato cloroformizzato dal PD e dai conti comunali. Mi sto abituando a questo clima e comincio a trovarmici bene. Spero che mi risvegli la sua preziosa opinione.
Angela N.
Scusi, cara Angela, se lei in questo clima sonnolento ci si trova così bene, perché dovrei provare a risvegliarla io? Mi pare che a questo clima ci hanno lavorato in molti per tanto tempo, e probabilmente anche l’assessore, ciarliero quando non era assessore e, dice lei, cloroformizzato oggi dal PD, avrà deciso di adeguarvisi. Perché non dovrebbe essere così? Forse c’è qualcosa di veramente coraggioso e lungimirante che abbia incontrato qualcosa di diverso da una chiassosa indifferenza? E chi è stato premiato, chi si è personalmente speso per introdurre elementi strutturali di dinamismo, o chi ha lavorato a progetti interessati di sonnolenza? Il passato proietta le sue ombre sul presente, ma la storia non è ancora conclusa. A me è sempre piaciuta la locuzione latina homo faber fortunae suae, che Sallustio attribuisce a Appio Claudio Cieco e che nel Rinascimento è stata ripresa sia da Pico della Mirandola che da Leon Battista Alberti. Mi piace perché toglie agli esseri umani, ad ogni essere umano, le ragioni di fuga di fronte alla realtà: il tuo destino non è segnato ab origine e dunque dipende almeno in parte da te; la tua libertà è anche la tua responsabilità. Concludo: se lei sta bene in una città dormiente, non si aspetti che qualcuno la venga a svegliare; si svegli lei, e vedrà che tutt’intorno è un fiorire di vita.
Una sentenza che toglie il coperchio alla crisi profonda del sistema pensionistico
di Pier Luigi Leoni
Questa volta la Corte Costituzionale l’ha fatta grossa. Ha fatto scoppiare una mina sotto il monumento che le aveva eretto la paura degli Italiani di essere sommersi dalla illegalità.
La costruzione dei miti compensa l’angoscia per le ineluttabili prospettive della tragica realtà del mondo. E l’infallibilità della Consulta era un mito che reggeva dal 1957, quando era stata istituita. Da che mondo è mondo si sa che le leggi, comprese le costituzioni, sono suscettibili di interpretazione.
Un norma di legge non è il teorema di Pitagora, che è un’astrazione utile per misurare le cose e non può far male a nessuno. Una norma di legge, a seconda di come viene interpretata e applicata, cambia la sorte delle persone e degli Stati. L’annullamento della norma che abolì l’adeguamento delle pensioni, se applicata alla lettera, scasserebbe definitivamente il bilancio dello Stato. La metà dei giudici della Corte se ne sono resi conto e hanno cercato di non far passare la sentenza. Ma ha vinto la caparbietà del Presidente. Ora, poiché non solo le leggi, ma anche le sentenze vanno interpretate, il governo e il parlamento daranno alla sentenza una interpretazione restrittiva e molleranno pochi soldi. Ma molti di quelli che saranno esclusi dal rimborso riterranno di essere stati defraudati di un loro diritto e, aizzati da qualche partito e da qualche sindacato, nonché da schiere di avvocati, metteranno in moto processi che non si sa come finiranno.
Tra tutte le considerazioni suscitate da questa vicenda ne manca una. Il sistema pensionistico pubblico, che ha una storia gloriosa e che sia gli Stati autoritari che quelli democratici hanno introdotto per evitare la tragedia della miseria degli anziani delle classi inferiori, è alla frutta. L’INPS è diventata il raccoglitore di una enorme massa di denaro che conferisce un enorme potere a una casta di politicanti e di sindacalisti e fornisce lavoro a decine di migliaia di burocrati.
La redistribuzione del denaro incassato, detratte le spese, avviene con criteri che fanno rabbrividire, come quello delle baby-pensioni e delle pensioni calcolate con criteri retributivi e non contributivi. L’Italia è giunta ai primi posti nel mondo per la spesa in pensioni e il sistema va avanti con rattoppi come quello che la Corte ha annullato.
La soluzione più razionale si sta rivelando la istituzione del reddito di cittadinanza, o, più precisamente, del reddito minimo garantito da finanziare con la fiscalità generale, e la riforma dell’INPS, che dovrebbe avere una funzione di controllo e garanzia dei fondi pensione gestiti dalle categorie, dalle banche e dalle compagnie di assicurazione.