E’ il suo sesto libro e si tratta ancora di una inchiesta. Claudio Lattanzi, che due anni fa con “I padrini dell’Umbria” firmò uno dei libri più venduti in Umbria degli ultimi quindici anni, esce la prossima settimana in libreria con “Chi comanda Terni”, un viaggio nel sistema di potere della seconda città della regione.
Il sottotitolo è esplicativo: “I compagni, i tedeschi, i perugini. Potere e affari in una città a sovranità limitata”.
Perché dedicarsi ancora alle analisi sui sistemi di potere locale?
Perché spesso è difficile districarsi in quel ginepraio costituito dalla sovrapposizione di interessi economici e politici da cui discendono le decisione che orientano e condizionano la vita delle persone comuni. Ricostruire ciò che si muove ai “piani alti” e raccontarlo in maniera possibilmente chiara, credo possa rappresentare uno strumento utile per tutti coloro che sono interessati ad essere consapevoli dei motivi reali per i quali accadono certi fatti e di cosa vi sia dietro. Analizzare il “potere” serve inoltre a focalizzare meglio anche l’identità di una comunità.
E quale identità emerge nel caso di Terni?
Quella di una città che, nel corso della sua storia, è stata e continua ad essere fortemente orientata da centri di comando esterni a Terni stessa. É stato così nell’economia e lo stesso accade nella politica. Nel primo caso, la legittimazione era legata alla mediazione con lo Stato e poi nel rapporto con la proprietà tedesca delle acciaierie mentre nel secondo caso, l’oligarchia ristretta che opera sotto le insegne del Pd trova la sua ragione d’essere nel rapporto di subordinazione ai vertici perugini dei partito, ai cui interessi continua ad essere piegata la comunità ternana. Una comunità che ha una vocazione non dico ad essere colonizzata, ma sicuramente ad avere una sovranità limitata per questi motivi.
Chi controlla le leve del comando?
Il cerchio magico che controlla la Conca tira le fila di un sistema di potere ramificato a cui nulla è sfuggito: dalla gestione partitocratica della sanità, alle cooperative monopoliste dei servizi sociali e assistenziali, dalla pianificazione dell’urbanistica collegata alle scelte delle cooperative rosse della grande distribuzione, fino ai rapporti opachi con la Chiesa, passando per una concezione della cultura data in appalto ai soliti noti. In una città in cui tutto risponde a logiche di controlli e in cui la grande fabbrica ha scandito i ritmi di vita e influenzato la politica fino a oscurare con la potenza del proprio ricatto occupazionale anche un allarmante livello di inquinamento ambientale, la dimensione locale del potere si sovrappone alle dinamiche nazionali e internazionali. Da qui la necessità di comprendere fino in fondo ciò che si muove intorno all’acciaieria, il cui destino continua a coincidere con quello di Terni e la cui cessione alla ThyssenKrupp consente di ricostruire la vicenda della sciagurata svendita dell’industria di Stato che ha anticipato l’ingresso nella moneta unica e la totale subordinazione degli interessi italiani a quelli tedeschi.