di Comitato Pendolari Roma – Firenze
Orvieto, 12 marzo 2015. Fra lo sconcerto, la rabbia e la rassegnazione questa mattina i passeggeri in attesa del IC 581 alla stazione di Orvieto hanno assistito al ripetersi del grave episodio che si era già verificato il 24 giugno scorso. Il treno, atteso in stazione per le 7.30 da circa 500 persone (per lo più pendolari abbonati ai servizi di Trenitalia), è passato oltre senza fermarsi.
In stazione non è stato trasmesso nessun annuncio vocale in merito.
Solo un altoparlante gracchiava dei rumori, simili a pernacchie.
Il monitor della stazione riportava inizialmente 5 minuti di ritardo. Poi 10 minuti. E infine 15. Quando il servizio Viaggiatreno segnalava ormai da 20 minuti che il treno era fermo all’altezza di Allerona, intorno alle 7.45, vediamo dal sottopassaggio il treno sfrecciare sulla direttissima, che corre parallela. Sul monitor compare, a quel punto, un messaggio che annuncia la soppressione del IC 581 (che pure non viene cancellato dalla schermata, anzi rimane con 15 minuti di ritardi) e che i viaggiatori diretti a Roma possono utilizzare l’EN 235.
Contestualmente i passeggeri di Chiusi, che si trovavano a bordo del 581, ci informano che dopo una lunga sosta, quando il treno si è riavviato, il capotreno ha annunciato la soppressione della fermata di Orvieto per un guasto ad uno scambio in stazione e che il treno si sarebbe fermato a Orte per consentire la discesa dei passeggeri che avrebbero dovuto scendere a Orvieto.
Le 500 persone rimaste, in vana attesa, sulla banchina della stazione di Orvieto hanno poi, per la maggior parte, viaggiato stipati in piedi sui corridoi del EN 235, un terno notte che ha solo tre carrozze passeggeri diurne. Alcuni sono stati fatti accedere dal personale del treno ai vagoni con cuccette che erano liberi. Prima della partenza c’è stata un’altra attesa piuttosto lunga, perché – ci è parso di capire – qualcuno doveva firmare una deroga alle abituali norme di sicurezza che prevedono un numero massimo di passeggeri per vettura.
Alcuni viaggiatori che non potevano permettersi un ritardo che si prospettava indeterminato, hanno dovuto sobbarcarsi un dispendiosissimo viaggio in taxi fino a Roma.
Altri sono stati costretti a rinunciare alla giornata di lavoro, sprecando un giorno di ferie.
Tutti sicuramente hanno subito gravissimi disagi. L’episodio ha provocato la perdita di almeno un’ora di lavoro a ciascun passeggero del treno: circa 500 ore di lavoro perse.
Riteniamo gravissimo il reiterarsi di questi tipo di episodi, vere e proprie interruzioni di pubblico servizio. Pur comprendendo che possano esserci dei guasti sulla linea, siamo nettamente in disaccordo su una simile gestione del traffico in caso di “emergenza”. Soprattutto è inaccettabile l’omissione di una comunicazione tempestiva, completa ed efficace all’utenza.
Nel comunicato di scuse uscito all’indomani dell’analogo episodio di giugno scorso FS informava che: «Non si è trattato di una svista o di un errore umano, ma semplicemente di una scelta dettata dalle condizioni della rete e del traffico». Ci chiediamo quindi: è legittimo che Trenitalia possa scegliere deliberatamente di sopprimere la fermata di un treno in corsa, con così pochi minuti di margine? È legittima questa costante latitanza di Trenitalia nell’informazione ai passeggeri?
Riscriveremo di nuovo all’Autorità di Regolazione dei Trasporti che ha, tra i suoi compiti, quello di definire i livelli di qualità dei servizi di trasporto e i contenuti minimi degli specifici diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere nei confronti dei gestori dei servizi e delle infrastrutture di trasporto. Speriamo che questa volta l’Autorità non scriva una semplice lettera a RFI in cui chiede di fornire informazioni utili sull’accaduto.
Da anni ormai la stazione di Orvieto ha solamente personale di biglietteria che non ha accesso ad altre informazioni che quelle fornite dal “Viaggiatreno”. In questo paese dell’alta velocità e delle grandi stazioni, queste nostre stazioni periferiche ormai comunicano col mondo solo attraverso monitor traballanti e imprecisi e quel sinistro gracchiare di un altoparlante rotto che stamani ci rivolgeva delle beffarde pernacchie. Che non sia esattamente questo il messaggio che Trenitalia vuole indirizzarci?