di Massimo Gnagnarini, assessore al Bilancio del Comune di Orvieto
Per rintracciare un’idea di governo della nostra città dobbiamo far riferimento al vecchio, ma pur sempre attuale PROGETTO ORVIETO. Fu questo, come alcuni ricorderanno, uno straordinario strumento di realizzazioni su larga scala che hanno riguardato il risanamento idrico-geologico della Rupe, il restauro dei beni culturali e la dotazione della città delle più moderne infrastrutture di mobilità alternativa. Quattrocento miliardi circa di vecchie lire , finanziati dallo Stato con una legge speciale, spesi per mettere in sicurezza Orvieto e per dargli un futuro economico di città d’arte rilanciandone la sua vocazione turistica internazionale.
A quel miracolo, irripetibile, di larga ripatrimonializzazione della città non è seguita una stagione di altrettanta capacità gestionale e di sviluppo in ragione , almeno, dell’enorme vantaggio competitivo che era stato conquistato. Anzi ne è scaturita una sorta di patologia, un quieto vivere alla giornata, un navigare a vista senza una meta le cui responsabità maggiori ricadono certamente sulle classi politiche che si sono succedute, ma che non possono non coinvolgere anche ampi settori di una classe dirigente cittadina composta da imprenditori, professionisti, banche, sindacati, cooperative abituati a interloquire con il Comune principalmente in termini di una magari più equa ridistribuzione di una ricchezza pubblica trasferita e prodotta altrove e raramente in termini di condivisione del rischio per la produzione di nuova ricchezza in loco.
Se dunque non indagassimo i fattori politici e culturali che hanno portato Orvieto a precipitare in questi anni verso la sua più profonda crisi economica e finanziaria, all’interno di quella più generale che attraversa il Paese, rinunciando così al tentativo di favorire i cambiamenti necessari, allora anche discutere del bilancio comunale sarebbe un’operazione priva di prospettiva e di ogni possibile discernimento essendo sufficiente, per galleggiare, tutti noi, qui, la cura dei meri tagli alla spesa suggeriti dal responsabile tecnico comunale, avallati dal collegio sindacale nonché dai controlli rafforzati della Corte di Conti per effetto dello stato di predissesto finanziario proclamato lo scorso mese di febbraio dal Consiglio comunale e accompagnato da un Piano Pluriennale di Risanamento che già al momento della sua approvazione si mostra plasticamente e ineludibilmente insufficente.
Ma noi non siamo arrivati qui per fare questo. In Giunta non c’è nessuno con il diploma da ragioniere.
Se dovesse prevalere il concetto che tanto ormai Orvieto non ce la fa, che non ce la può più fare, se gli altri si preoccupano solo di chiederci di dover giustificare e di spiegare l’ovvio che ha ispirato le nostre prime decisioni solo per difesa del proprio ridicolo come è il caso della tariffa a 10 euro dei pulman turistici, se qualcun altro ci consiglia prudentemente di mantenere lo status quo senza incidere sulle storture e sui i privilegi improduttivi che da anni paralizzano e penalizzano lo sviluppo della città, se anche tutti questi diventassero molti noi non rinunciamo alla nostra sfida con la quale abbiamo vinto le elezioni comunali. Abbiamo appena tolto gli ormeggi e ci dirigiamo in alto mare. Chi ci vuole aiutare e anche quelli che ci vogliono far naufragare ci seguano e si attrezzino per farlo. Di sicuro non ci lasceremo affogare in qualche piccola pozzanghera d’acqua dove sembra si voglia relegare in queste settimane il confronto politico cittadino.