di Massimo Gnagnarini
Sono circa 200 i candidati al consiglio comunale di Orvieto e altri 2000 e più sono i cittadini firmatari della dozzina di liste concorrenti che saranno presentate entro il termine fissato delle ore 12 di venerdì 25 aprile.
Questo esercito di donne e di uomini con relativi coniugi, zii, cugini, amici del cuore, adepti e consoci di confraternite varie, associazioni culturali e sportive, categorie sociali, partiti, volontariato, rappresentanti del mondo di qua e del mondo di là, di destra e di sinistra, giovani e vecchi, di femmine e di maschi si contenderanno i sedici seggi a disposizione nel nuovo Consiglio comunale che sarà eletto il prossimo 25 maggio.
La dimensione del fenomeno è tale che se si considera che su sedicimila votanti voterà circa il 75% e che tra questi non tutti saranno voti validi e di questi solo un 40% esprimerà un voto di preferenza scrivendo correttamente il nome del candidato/a prescelto sulla scheda di votazione, se ne potrebbe dedurre che ciascun candidato ha a disposizione mediamente una ventina di voti già preconfezionati che potremmo definire di ?appartenenza? e può contare, invece, potenzialmente solo su una decina di voti d’opinione.
Se questo è lo scenario è abbastanza dubbio che ne possa scaturire una nuova classe dirigente omogenea, coesa, consapevole e allenata per affrontare quel che il comune di Orvieto dovrà affrontare già dalle prossime settimane relativamente al suo stato di predissesto finanziario e per fermare quel che appare come un irreversibile suo declino.
Mai come in questa tornata elettorale è necessario che gli elettori si soffermino a valutare, con qualche supplemento di indagine, i profili umani e professionali dei singoli candidati. Mai come in questa tornata elettorale è indispensabile che la cosiddetta ? maggioranza silenziosa? di destra o di sinistra che magari si limita a barrare il simbolo di qualche partito, scelga e voti un candidato/a al quale ritiene di poter affidare i propri figli negli asili comunali, i propri soldi nelle tasse locali, i propri vecchi nei servisi sociali e sanitari.
Non fidarsi di nessuno e non votare nessuno equivale a mettere in mano la città alle solite consorterie e relative clientele o peggio ai soliti compagni di merende dai tanti parenti consensienti.