ORVIETO – Torna la poverta “tradizionale” e colpisce tanto gli italiani quanto gli stranieri.
Lo dice il I Rapporto Caritas diocesano sulle povertà presentato ieri in Curia dal direttore diocesano Caritas Marcello Rinaldi e da don Marco Gasparri, vicario episcopale per la Carità, alla presenza del vescovo Benedetto Tuzia.
I dati registrano che sono 30mila i pasti mensa distribuiti nel corso del 2013 tra Orvieto e Todi, 10mila le notti di alloggio offerte, 272 le famiglie aiutate economicamente, tramite il fondo di solidarietà messo a disposizione dalla Chiesa umbra, il fondo diocesano e le donazioni dell’otto per mille.
Un totale di circa 47mila singoli interventi e 4mila persone aiutate, materialmente o spiritualmente. Ma i numeri bisogna prenderli solo come la registrazione di una linea di tendenza, visto che, di per se stessi, non esauriscono il vasto mondo del bisogno e dell’aiuto. E questo sia perché non è stato possibile ancora per quest’anno registrare l’attività del centro di ascolto di Ciconia, sia perchè la carità per definizione è silenziosa.
“Il grosso e fuori – ha specificato il vescovo – e non è documentabile. C’è un grande sommerso che non appare neanche nei vari centri di accoglienza”. Ma al di là dei numeri, i dati macroscopici che emergono, ha fatto notare il direttore Rinaldi, è che se un tempo la Caritas aiutava prevalentemente stranieri, oggi deve rispondere a richieste d’aiuto che arrivano al 50% da italiani e al 50% da stranieri. E se fino qualche anno fa quando si parlava di nuove povertà (ovvero del disagio legato all’alcol, alla droga allo stress) oggi si torna ad avere a che fare soprattutto con la povertà materiale. Con le famiglie che non arrivano a fine mese, che non riescono a curare i denti dei figli o a comprare loro il necessario per la scuola. (S.T.)