L’Assemblea legislativa dell’Umbria ha approvato a maggioranza la legge che modifica la normativa referendaria regionale, prevedendo la possibilità che i referendum consultivi per l’istituzione di nuovi Comuni, fusione di Comuni esistenti o modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali si possano tenere anche in prossimità delle elezioni amministrative e possano essere svolti in un periodo compreso tra 30 e 120 giorni dal giorno del decreto di indizione.
La validità del referendum viene inoltre legata al raggiungimento del quorum degli eventi diritto (50 per cento più uno) e l’approvazione alla maggioranza dei voti espressi.
Sì all’unanimità all’ordine del giorno (proposto da Stufara Prc-Fds) che impegna la Regione “a procedere all’eventuale fusione solo di quei Comuni le cui popolazioni si siano dichiarati favorevoli e i cui territori risultino contigui”.
L’Assemblea legislativa dell’Umbria ha approvato la normativa regionale in materia di referendum con 17 sì (Partito democratico, Forza Italia, Psi, Lega nord), 7 no (Fratelli d’Italia, Nuovo Centrodestra, Italia dei valori e Rifondazione comunista) e l’astensione di Goracci (Comunista umbro).
I referendum consultivi per l’istituzione di nuovi Comuni, fusione di Comuni esistenti o modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali si potranno tenere anche in prossimità delle elezioni amministrative e potranno essere svolti in un periodo compreso tra 30 e 120 giorni dal giorno del decreto di indizione. La validità del referendum viene inoltre legata al raggiungimento del quorum degli eventi diritto (50 per cento più uno) e l’approvazione alla maggioranza dei voti espressi.
Segue il dibattito in aula.
ALFREDO DE SIO (Fd’I): “METTERE I CITTADINI NELLA CONDIZIONE DI ESSERE INFORMATI E DI POTER SCEGLIERE IN MODO CONSAPEVOLE – Sembra che un argomento serio sia stato trasformato in una pagliacciata. La decisione dei Comuni di avviarsi verso il referendum e la fusione è mancata la capacità di immaginare come articolare il nuovo Comune unico dal punto di vista della rappresentanza dei diversi territori e delle vecchie municipalità. Si arriva ai referendum in maniera frettolosa e senza coinvolgere realmente la cittadinanza.
Il Partito democratico sta conducendo una forzatura su un percorso che invece ha bisogno di alcuni elementi fondamentali. Va approfondita la questione dell’unificazione dei servizi, su cui invece non c’è alcuna esperienza. I Consigli comunali hanno fatto riferimento solo all’Ecomuseo, all’Avis, al centro anziani. Sui servizi veri non esiste nessuna integrazione. Il primo quesito era comico, dato che prevedeva la possibilità di unificare i Comuni anche se uno di essi non è d’accordo. La modifica della legge, pure necessaria, serve ad evitare che il referendum e le elezioni comunali si sovrappongano. Serve un’azione di informazione verso i cittadini, in modo da rendere evidenti quali sarà la nuova organizzazione. No ad una accelerazione pre-elettorale anomala di una procedura importante”.
DAMIANO STUFARA (PRC – FDS): “VINCOLARE LA DECISIONE SULLA FUSIONE ALL’ESITO DELLA CONSULTAZIONE POPOLARE – grande attenzione al processo di unificazione dei Comuni, che però non può giustificare forzature di carattere istituzionale e politico, che potrebbero avere ricadute negative anche dal punto di vista della democrazia e del sistema della partecipazione democratica, piegandolo ad una contingenza specifica. A gennaio 5 amministrazioni comunali hanno chiesto di unificarsi. Serve attenzione per una materia così delicata, dato che da certi esiti non si potrà tornare indietro.
È quindi opportuno che le decisioni finali vengano assunte con il necessario coinvolgimento dei soggetti interessati. Per questo non ho appoggiato la richiesta di procedura di urgenza, pur senza ostacolare la discussione dell’argomento in Prima Commissione, aprendo il confronto alle comunità e ai Comuni. Dobbiamo assumere l’impegno di vincolare la decisione sulla fusione all’esito della consultazione popolare. Per questo ho presentato un ordine del giorno, accolto dalla Commissione, che vorrei l’Aula assumesse. Il pronunciamento di ciascun Comune deve essere preso in considerazione singolarmente prima di decidere sulla fusione. Dobbiamo permettere che la volontà popolare si esprima e in maniera adeguata. Solo dopo a noi spetterà adottare gli atti successivi. La legge attuale prevede che quasi mai l’istituto referendario possa essere attivato, in presenza di continue tornate elettorali. Ho presentato un emendamento per prevedere che si possa votare qualsiasi tipo di referendum in qualsiasi anno, a prescindere dalle elezioni, amministrative, politiche o europee, previste. Anche la finestra temporale nella quale si può celebrare il referendum andrebbe rimossa. Sembrano più sospette le richieste di modifica di alcuni passaggi della legge avanzate in questi giorni anche in Commissione. La legge nazionale prevede che per modifiche istituzionali importanti si possa votare al referendum ma che serva l’accordo della maggioranza delle popolazioni interessate. Se noi togliamo questa previsione per l’unificazione dei Comuni permettiamo di procedere alle fusioni anche senza il consenso della maggioranza dei cittadini delle zone interessate, una prospettiva che non ritengo giusta. Dobbiamo evitare di cambiare le regole a partita iniziata, con modifiche normative mirate ad un preciso obiettivo. Va inoltre scongiurato il rischio di sovrapporre la vicenda della fusione dei 5 Comuni con la scadenza amministrativa che si determinerà in 4 di quei Comuni. Va evitato il paradosso di un voto referendario in cui si sceglie nello stesso giorno un sindaco ed anche se quel Comune deve smettere di esistere. Va quindi evitato che nel periodo elettorale amministrativo si possa celebrare una consultazione referendaria. Sono state fatte già troppe forzature, evitiamo dunque di aggiungerne altre”.
FASTO GALANELLO (Pd): FUSIONE È GRANDE OPPORTUNITÀ DI RILANCIO E CRESCITA PER TERRITORI IN DIFFICOLTÀ. Il Partito democratico è a favore del referendum dei cinque Comuni dell’Alto orvietano, che si sono espressi chiaramente. Siamo di fronte ad un processo di autoriforma istituzionale nata dal basso, ad un progetto pilota importantissimo per l’Umbria, perché segna l’avvento di una nuova fase del regionalismo umbro imperniata sulla partecipazione e sulla consapevolezza dei territori che sarà sicuramente di stimolo per le riforme già avviate. La fusione può essere solo una grande opportunità di rilancio e crescita. Uno studio europeo dice che per l’Italia la taglia minima dei Comuni necessaria per assicurare una prestazione di servizio economicamente sopportabile è di 20mila abitanti; l’Anci parla di 10mila. Il nuovo ente dell’Alto Orvietano sarebbe di 8mila abitanti, un territorio con notevoli risorse naturali, centri storici di pregio, con un potenziale sviluppo agricolo e turistico. Un territorio che sarebbe più competitivo anche nell’accesso ai finanziamenti regionali, nazionali e europei. Senza considerare ovviamente la dimensione del risparmio a partire dai costi della politica.
Nel caso di fusione l’Anci stima il risparmio dall’acquisto di beni e servizi attorno al 10 per cento: per quei cinque Comuni si tratterebbe di una cifra che oscilla tra 500 e 600mila euro all’anno, che andrebbero a supportare attività e servizi su quei territori. Per non parlare del processo di riqualificazione degli uffici sia dal punto di vista qualitativo che organizzativo e i vantaggi connessi alla specializzazione del personale. I Comuni coinvolti nella fusione sono in difficoltà, sono consapevoli di non avere più margini di manovra. Ci sono situazioni dove i dipendenti sono costretti a svolgere più funzioni, dove sono soli e se quell’unico dipendente si ammala i cittadini sono costretti ad aspettare per i servizi che gli sono dovuti. Oppure come a Parrano, il Comune più piccolo coinvolto nella fusione, dove il sindaco è l’unico dipendente. In queste condizioni i piccoli Comuni non possono metter in campo progettualità, non possono cogliere le opportunità europee. Ci troviamo dentro un cambiamento di modello che richiede risposte indite. È nostro compito favorire l’espressione dei cittadini, affrontare subito il problema.
Non c’è più tempo e dobbiamo accelerare. Sono gli stessi sindaci in difficoltà a chiedercelo. Per questo credo sia meglio fare il referendum prima delle elezioni amministrative perché serve un mandato chiaro dei cittadini ai nuovi consigli comunali così da farli lavorare subito per gli atti amministrativi necessari alla fusione. Il tema centrale è il rilancio sociale ed economico che non è più separabile dalla riforma istituzionali di questi enti, per farli passare da una condizione resistenza a quella di poter intraprendere e investire. Come Consiglio regionale dobbiamo creare condizioni per rendere possibile il referendum per capire quali sono le intenzioni reali del popolo. Dobbiamo gestire questa fase in maniera più fattiva possibile, e non seguire la demagogia, non cavalcare le pulsioni che emergono dai campanilismi. Il nostro compito è favorire questo processo democratico”.
RAFFAELE NEVI (FI): “FUSIONE COMUNI ALTO ORVIETANO SARÀ ESEMPIO SEGUITO DA ALTRI TERRITORI. È SOLO PRIMO PASSO VERSO VERA SEMPLIFICAZIONE E RAZIONALIZZAZIONE – Il gruppo di Forza Italia è favorevole alle modifiche alla legge sul referendum e alla fusione dei comuni dell’Alto orvietano. È una cosa buona e utile, un esempio che sarà seguito anche da altri territori che vedranno i vantaggi per i cittadini dei territori coinvolti. Speriamo che sia solo il primo passo di un processo di una vera semplificazione e razionalizzazione degli enti locali che serve all’Umbria e all’Italia. Questi Comuni moriranno se non fanno la fusione, che però deve essere portata avanti solo con il consenso della popolazione. Le audizioni che abbiamo fatto ci hanno fatto capire le difficoltà reali di queste amministrazioni dove il sindaco è costretto a fare anche il ragioniere. Con le risorse che arriveranno dalla fusione si potrebbero aumentare i servizi offerti ai cittadini, servizi di prossimità fondamentale per questi territori. Vedo troppa paura del referendum. I cittadini sono pronti a scegliere, sono più informati di quanto noi pensiamo. Anche perché in queste zone il dibattito sulla fusione è partito da anni. Certo, una critica che capisco è quella che dice che questo processo sarebbe dovuto partire molto tempo fa, che siamo in ritardo. Sono d’accordo, ma dico meglio tardi che mai.
Questo è il primo processo che parte in Umbria, ma poi sono convinto che molti altri ne seguiranno l’esempio, che partirà una spinta fortissima dalle popolazioni che vedranno che i Comuni che si sono fusi staranno meglio e quindi vorranno farlo anche loro. Qualcuno già parla di Castelviscardo, San Giorgio, Allerona. Bene, sono processi veri di semplificazione e razionalizzazione. Ma che non devono fermarsi ai comuni. Mi sono espresso a favore dell’abolizione delle Provincie proprio per eliminare un livello di governo che a tutti pare inutile. E vado oltre, pensando ad una riforma delle Regioni, che potrebbero diventare dieci, con cinque milioni di abitanti ognuna; così non ci sarebbe più l’attuale scarso peso dell’Umbria a livello nazionale. Sono d’accordo con la proposta Stufara di indire il referendum prima dei comizi elettorali, perché se il referendum fosse positivo per me non si dovrebbero fare le elezioni amministrative dei singoli comuni, ma quelle del comune unico, con un forte risparmio dei costi. Positiva, poi, la garanzia che ci è stata data in commissione che se anche un solo Comune si vuole staccare deve essere libero di farlo. Come pure quella del quorum del 50 per cento. Si evitano così situazioni come quella in Toscana dove, mancando questo requisito, è stato possibile stabile la fusione di alcuni comuni solo con il 26 per cento della popolazione che ha votato al referendum. Noi abbiamo tutele importanti per la libertà e i diritti dei cittadini. Propongo, inoltre, che iniziamo una discussione sul referendum abrogativo già in questa legislatura per poi portala a compimento nella prossima”.
MASSIMO BUCONI (Psi): “È UN’OPERAZIONE TRAINANTE PER ALTRI TERRITORI UMBRI – Il progetto di fusione dei cinque Comuni è condivisibile. Rispetto assoluto per chi è favorevole, ma anche per chi dice non lo è, perché in entrambe le posizioni manca una riflessione di base. Il Consiglio regionale deve esprimere gratitudine per l’alto valore dell’operazione messa in atto dai Sindaci e dai Consigli comunali perché ci danno modo di discutere di questa importante materia. In Italia siamo abituati al ‘si dovrebbe fare’, mentre in questo caso ci sono cinque Comuni che hanno preso un’iniziativa e gli hanno dato un programma ed una data. È un’operazione che, seppure oggettivamente complessa, si porta dietro un potenziale positivo trainante per altri territori umbri. I cittadini stanno dimostrando di non vedere più soltanto i ‘campanili’. Bene quindi tutte le considerazioni emerse, ma al primo posto spicca il significato politico e culturale del progetto di unificazione. Il nostro compito non potrà dirsi concluso con l’approvazione di queste modifiche legislative, ma siamo chiamati ad impegnarci a sostenere sull’intero territorio nazionale iniziative analoghe. Oggi serve mettere in atto e portare avanti riforme concrete ed utili alle esigenze dei cittadini”.
MASSIMO MANTOVANI (Ncd): “GIUSTA LA LINEA DI TENDENZA, NON CONDIVISIBILE LA FRETTA PER EFFETTUAZIONE REFERENDUM PRIMA DELLE AMMINISTRATIVE – In Umbria, tendenzialmente si dovrebbe raggiungere un traguardo di 25 Comuni. E questa iniziativa rappresenta una ‘mosca cocchiera’ che ha bisogno però di essere sostanziata. Sicuramente favorevoli all’accorpamento dei Comuni, fusioni che dovrebbero portare tuttavia a realtà superiori a 15mila abitanti, ma è chiaro che, in Umbria, esistono realtà che difficilmente potrebbero raggiungere questo obiettivo. Giusto, quindi, perseguire questa linea di tendenza. Non condivido la fretta messa in atto per poter effettuare il referendum prima delle elezioni amministrative. Non capisco quali potrebbero essere i danni irreparabili se la consultazione referendaria venisse effettuata dopo le elezioni per i sindaci ed i rinnovi dei Consigli comunali, visto che dovranno comunque aver luogo. E perché, allora, mi chiedo e vi chiedo, questa accelerazione non è stata data tre o quatto anni fa quando erano già chiare le problematiche evidenziate oggi. Due mesi più o meno per l’effettuazione del referendum non condizionerebbero certamente il futuro di questi territori. Ma è chiara una preoccupazione di tipo politico. Ribadisco l’importanza e la condivisione per il referendum, ma questa voglia di accelerazione da parte di alcune forze politiche puzza di bruciato”.
CATIUSCIA MARINI (presidente Giunta regionale): “Importante che le comunità interessate possano esprimersi attraverso il referendum. Alla Regione spetta solo la predisposizione del voto e delle sue regole. Andranno attivati processi di riforma processi di riforma dovrà porsi il tema della condivisione non solo dell’esercizio delle funzioni, ma di un livello istituzionale locale e territoriale adeguato alle risposte che dobbiamo dare alle nostre comunità locali amministrate. Ben 63 Comuni umbri hanno meno di 5 mila abitanti, Molti di essi sono molto piccoli. Se vogliamo evitare la desertificazione dei centri minori dobbiamo porci il tema che chi esercita l’Amministrazione comunale possa farlo in modo adeguato alle esigenze dei cittadini. Necessario garantire ai cittadini quei servizi minimi che devono essere garantiti in ogni parte del territorio regionale, se non si vuol rischiare l’abbandono di certe realtà locali. L’iniziativa di questi Comuni è di grande coraggio e responsabilità, attivata al termine dei mandati. È evidente che la Regione dovrà tenere conto dell’esito del referendum oltre che dell’orientamento dei Consigli comunali. Si tratta di un progetto molto interessante da proporre anche in altre località dell’Umbria, pur nel rispetto delle diverse situazioni ed esigenze. Non si tratta tanto di razionalizzare i costi di funzionamento, già ridotto oltre il minimo, quanto piuttosto di garantire un futuro alle funzioni di livello locale che le Amministrazioni comunali sono chiamate ad esercitare. Il Consiglio regionale non può essere il luogo dell’esercizio burocratico della norma referendaria. I referendum consultivi sulle unioni e fusioni dei Comuni hanno una loro specificità e sono diversi da quelle su questioni politiche di altro genere. Sarebbe sbagliato che il Consiglio regionale si sostituisse alla volontà di chi rappresenta formalmente gli interessi legittimi delle comunità, ossia i Consigli comunali, che hanno scelto i tempi del referendum. Altra cosa è il percorso successivo al voto: se verrà confermata la volontà di fondere i Comuni verrà coinvolto anche il ministero degli Interni, che potrà eventualmente decidere di spostare le elezioni amministrative previste in quei Comuni”.
DICHIARAZIONE DI VOTO ANDREA LIGNANI MARCHESANI (FD’I): “Invito i ‘malpancisti’ della maggioranza a lasciare l’Aula facendo mancare così il numero legale, facendo così slittare il voto refenrendario a dopo le amministrative”.
RAFFAELE NEVI (FI): “Ribadisco il voto favorevole alla legge. Siamo comunque abituati che questa maggioranza fa spesso maggioranza e opposizione”. ORFEO GORACCI (COMUNISTA UMBRO): “Confermo il mio voto di astensione su questo atto. Ricordo che personalmente ho garantito il mantenimento del numero legale soltanto per il voto sulla riforma sanitaria, e ne sono pentito. Rimango tuttavia convinto che sui grandi temi come la E45 o l’utilizzo dei Css (combustibili solidi secondari) quest’Aula non avrà difficoltà a trovare il numero legale”. Dopo la votazione, all’annuncio della conclusione dei lavori, il consigliere Gianluca Cirignoni (Lega Nord) intervenendo sull’ordine dei lavori ha rimarcato la necessità che venga discusso presto in Aula il disegno di legge sulla sicurezza stradale, iscritto nell’ordine del giorno odierno e poi non trattato. Dopo Cirignoni è intervenuto anche Lignani Marchesani (Fratelli d’Italia) che ha stigmatizzato il fatto che il Consiglio era stato convocato su proposta della Giunta regionale per discutere sul tema della sicurezza dei cittadini (atto di programmazione 2013-2014), “e non per discutere di quello che abbiamo invece testé votato. Questa – sottolinea l’esponente di centrodestra – è la dimostrazione della strumentalità con cui si usano artifici legislativi e regolamentari. Ciò non è rispettoso dell’autonomia dell’Assemblea legislativa e del suo decoro”.