ORVIETO – “E’ arrivato il vino buono”. Oppure la “porchetta”. Con queste espressioni in codice i clienti abituali venivano messi al corrente del fatto che la droga – cocaina, eroina oppure fumo e marijuana – era arrivata ed era pronta per essere smerciata. Il gergo emerge dalle intercettazioni in mano agli inquirenti, sebbene le indagini si sarebbero in realtà avvalse solo marginalmente di tali sistemi. Una volta arrivata da Roma, la droga veniva consumata molto spesso, come un fatto abituale, all’interno del bagno del bar. Una pratica talmente abituale quella di assumere droga all’interno del piccolo locale adibito a servizi igienici del caffè lungo corso Cavour che le venature del legno della mensola del bagno avrebbero finito per trattenere tracce consistenti di sostanze stupefacenti, tracce visibili anche a occhio nudo, secondo quanto riferiscono gli inquirenti.
A finire in manette tra Orvieto, Roma, Perugia, Viterbo e Como, nell’operazione Joint 2013 portata a termine dai carabinieri della compagnia di Orvieto con la fattiva collaborazione del commissariato sono state in tutto 10 persone accusate di spaccio continuato ed aggravato in concorso.
Così è scritto nelle ordinanze emesse dal gip del tribunale di Orvieto Claudio Baglioni su richiesta del pm Francesco Novarese (anche se le indagini sono state coordinate dal sostituto Chiara Capezzuto). Tra gli arrestati figurano un nigeriano, già noto perchè arrestato già a seguito del decesso di Cavalloro, una badante rumena con il fidanzato tanzanese, un 39enne romano e sei orvietani, tra cui il pusher di Cavalloro (anche lui già arrestato a maggio) e il titolare del bar sotto sequestro. Di questi, 4 arrestati sono ai domiciliari, 6 distribuiti tra le carceri di Regina Coeli, Capanne e Orvieto. L’esecuzione delle ordinanze ha portato anche alla segnalazione di 24 assuntori tra i 20 e i 50 anni e ad 8 perquisizioni domiciliari. Quella a casa del 39enne romano ha consentito il sequestro di 20 grammi di cocaina, 100 grammi di hashish, 4 bilance elettroniche di precisione, materiale vario destinato al taglio, contanti per 7900 euro, 2 assegni Mediolanum in bianco, 12 cartucce calibro 7,62 nato e una calibro 9 “parabellum”. Quasi tutti i soggetti coinvolti nell’inchiesta erano da tempo sotto osservazione.
Basti pensare che l’attività di indagine è formalmente iniziata nel 2007 per concludersi nel mese di giugno – luglio a causa dello sprint dato all’attività dei carabinieri dalla morte di Cavalloro.