ORVIETO – Tribunale, a metà luglio sarà discusso il caso Orvieto, ovvero il ricorso alla Corte Costituzionale presentato dall’ordine degli avvocati di Orvieto contro la riforma della geografia giudiziaria che prevede la chiusura degli uffici giudiziari della Rupe. Ma ormai la strada è tracciata con le prime sentenze emesse mercoledì dalla Consulta che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità sollevate dai tribunali di Pinerolo, Alba, Sala Consilina, Montepulciano e Sulmona, e ha ritenuto inammissibile quella presentata dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Di fronte alla soppressione, ormai pressoché certa, il presidente dell’Ordine degli avvocati di Orvieto, Sergio Finetti, preferisce non commentare. Accusa invece la politica l’avvocato Antonio Barberani che ribadisce gli scenari preoccupanti che apre il provvedimento per una cittadina delle dimensioni di Orvieto.
“La chiusura del tribunale produrrà effetti devastanti per la comatosa economia della nostra città – afferma l’avvocato Barberani – sia per il numero delle persone coinvolte, sia perché verranno probabilmente meno anche altri presidi come il carcere, ed altri, come i carabinieri e la guardia di finanza, potrebbero essere depotenziati. Negli oltre trenta tribunali coinvolti in tutta Italia operano oltre 5000 avvocati, se si calcola l’indotto si arriva a cifre impressionanti rendendo evidenti i danni che provocherà questa riforma solo demagogica, risibile sul piano finanziario, e che invece complicherà ancora di più per i cittadini l’accesso alla giustizia. Solo un ministro-avvocato dal fatturato stratosferico – quindi l’espressione più alta della “casta” – conclude Barberani – poteva immaginare un provvedimento propagandistico come questo, senza alcuna considerazione dei veri problemi di una categoria che pure dice di frequentare. A cui ha fatto riscontro un altro ministro – tecnico (senza consenso) supponente e disinformato. Per tacere dei politici che hanno assunto, rispetto alle problematiche orvietane, un atteggiamento inconcludente, vanitoso e, in qualche, caso, evidentemente ambiguo”.