di Cristina Calcagni
Che il Centro Studi Città di Orvieto fosse stato un carrozzone messo insieme dalla politica al solo scopo di creare una sponda per il consociativismo lo sapevano TUTTI. Ma, dopo le recenti illegttime decisioni, prese da un CdA scaduto nel mese di novembre 2012, di chiudere lo stesso Centro e di licenziare tutti i dipendenti, è necessario far presenti alcuni passaggi che sembrano ignorati.
La ‘politica’ è stata sempre ben informata dell’andamento del CSCO, anzi ne definiva le scelte strategiche perché, di norma, il presidente del Centro Studi era l’assessore con deleghe nelle materie d’istruzione, di formazione, di cultura, di università, addirittura. Soltanto l’ultimo presidente, Roberto Pasca di Magliano, è stato l’eccezione; ma lo è stato anche per la poca visione strategica. Così, nel primo Consiglio d’Amministrazione (anni 2000 – 2004) Enrico Petrangeli, allora assessore alla cultura, era il presidente, Franco Raimondo Barbabella, il vicepresidente, consiglieri: Pierluigi Leoni, Maurizio Negri (assessore Pubblica Istruzione), Stefano Mocio (vicesindaco) e Libero Bisacca per FondazioneCRO. Nel 2004-2007, la presidenza fu assegnata a Stefano Cimicchi, la vice presidenza a Amerigo Maresci, consiglieri: Massimo Bracaccia, Luca Giardini (per tre mesi), Massimo Morcella, Giampietro Piccini, Cecilia Stopponi, Libero Bisacca Fondazione CRO; nel 2006 sarebbe arrivato Giulio Cesare Proietti, per la Camera di Commercio.
Nel 2007-2009, la presidenza passava a Pirkko Peltonen (assessore alla cultura), e la vice presidenza ad Alessandro Li Donni; consiglieri: Massimo Bracaccia, Giampietro Piccini, Cecilia Stopponi (fino al 2008), Massimo Morcella, Roberto Basili per la FondazioneCRO, sostituito da Andrea Taddei.
Nel 2009-2012 è nominato presidente Roberto Pasca di Magliano e Piero Salituri, Dimitri Bottoni, Cristina Calcagni, consiglieri; scompare la figura del vicepresidente e il consigliere di nomina FondazioneCRO.
I soci fondatori – Comune di Orvieto e Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto – hanno erogato, come da statuto, le quote annue fino al 2008: 160.000 euro il Comune di Orvieto e 150.000 euro la Fondazione CRO che, oltre alle risorse economiche, avevano a carico anche la sede dove la Fondazione CSCO espletava le sue funzioni di università, alta formazione e ricerca. I membri dei vari consigli di amministrazione succedutisi nel tempo percepivano, fino al 2007, un gettone di presenza, pari a circa 1.500 euro annui; la Cooperativa Carli sarà pagata fino a tutto il 2003, poi, dal 2004, più nulla fino a oggi: da qui l’accumulo del debito. Ma, a quanto sembra, nessuno se n’è accorto, nemmeno i consiglieri. Nel 2009, la quota del comune è stata ridotta a 100.000 euro, quella della Fondazione CRO a zero. La scelta strategica della Fondazione è stata prontamente seguita dal Comune che, dal 2010, ha azzerato il suo contributo. In realtà, dei 50.000 euro stanziati in fase di previsionale 2010, 10.000 erano finalizzati a un corso per architettura richiesto dalla Fondazione del Museo Etrusco C.Faina. Questi ultimi sarebbero sopravvissuti alla mannaia del consuntivo 2010, mentre i restanti 40.000 euro di quota al CSCO, per quell’anno, furono azzerati. Se fossero rimasti i 160.000 euro l’anno del Comune, in tre anni si sarebbe potuto completare il piano di rientro ipotizzato con la Cooperativa Carli, che, nel 2009, vantava un credito di 397.000 euro. Chiuse le spese pazze degli anni passati, i costi vivi della Fondazione CSCO oggi sono pari a 141.000 euro l’anno. È quindi sbagliato ed inaccettabile, nei confronti dei dipendenti della struttura, addossare su di loro il debito: in particolare nei confronti del direttore, colpevole di percepire uno stipendio troppo alto, come se l’ammontare se lo fosse stabilito da solo, mentre è frutto di decisioni prese in seno ai CdA avvicendatisi alla guida del Centro Studi.
Tutto ciò, ha reso ancora più preoccupante il balletto che è andato in scena nel Consiglio Comunale del 5 luglio 2013 chiamato a decidere sulla vita o la morte del CSCO. il Sindaco non ha mancato di accennare al ‘sale della terra’ e agli ‘uomini di buona volontà’, e ad altre amenità del genere, Frizza di parlare di soldi, adducendo metafore dal poker, addirittura, Ranchino di richiedere ancora una volta la chiusura del CSCO e Tonelli di prodursi in 10 secondi di silenzio per ricordare la morte della politica: i dieci secondi più interessanti di tutto il suo intervento. La proposta del sindaco, fatta in extremis, nel tentativo di salvare quello che solo in Consiglio all’unanimità ritengono essere un “carrozzone” (più di tremila firme dei cittadini orvietani, dimostrano il totale isolamento delle scelte politiche consociative che si consumano in questo periodo) da chiudere per mettere una pietra tombale sulle gestioni del CSCO, è stata quella di produrre un’altra commissione; due consiglieri di maggioranza, due di minoranza e tre tecnici: un esperto in formazione, un giurista e un analista di bilancio.
Grazie all’impegno dei dipendenti, il CSCO si è costruito un’immagine e un ruolo nella città che oggi è ancora vivo e presente. Ci appelliamo ai tremila firmatari, ai dipendenti del CSCO, alle forze produttive, all’imprenditoria del turismo, alla gente comune, affinchè questa trovata della commissione dei saggi non trovi spazio per la sua costituzione ed il suo insediamento e che per contro la politica, nei suoi rappresentanti amministratori, ritrovi il senso delle cose e delle scelte. Chi vuole chiudere il CSCO lo dica con chiarezza e chi lo vuole tenere aperto e pubblico faccia altrettanto; ci si misuri, ci si conti e si prendano le decisioni adeguate. Amministrare vuol dire decidere, solo e soltanto questo. Tutte le vie dilatorie distruggono valore per la collettività.