Il cadavere restituito dalle acque del lago di Corbara il 20 marzo scorso era quello di Maria Brenci. L’identificazione è avvenuta a seguito delle risultanze dell’esame auto autoptico che ha rivelato una lunga serie di particolari fisici della donna.
Non solo le calze gambaletto, le pantofole con chiusura lampo, la corporatura media, l’altezza di un metro e sessanta, la protesi dentaria, la rottura del femore, ma l’anatomopatologo incaricato dalla procura ha osservato anche due piombini sulla rottura del femore perfettamente corrispondenti alle lastre fatte dalla donna quando era in vita.
Coincidenti anche alcuni interventi riscontrati nella salma e a cui si era effettivamente sottoposta l’anziana di Massa Martana, di 79 anni, scomparsa da Montemolino di Todi lo scorso 27 gennaio.
Ma all’identificazione ha concorso anche il riconosciento da parte della badante.
Tutto combacia dunque al punto che la procura ha rinunciato anche alla prova finale del Dna, ritenendola superflua.
Il caso adesso è tutt’altro che chiuso. Se la procura di Orvieto è convinta che l’anziana sia affogata nel lago nel giorno stesso della scomparsa resta da chiarire come Maria Brenci sia finita in acqua. Cosa ha fatto o ha incontrato dopo che la badante l’ha lasciata in un’area di sosta lungo la strada nei pressi di Montemolino?
Insomma come è morta Maria Brenci? Ma questo sarà la procura di Perugia (e presumibilmente i carabinieri di Todi) ad accertarlo riaprendo il caso che non era mai stato effettivamente chiuso ma le cui indagini possono ora ripartire con qualche elemento in più di certezza.