ORVIETO – “Ci voleva il morto perché il piano di sicurezza si occupasse dei pozzetti?”. Così il procuratore capo Francesco Novarese ieri mattina al processo per omicidio colposo e violazione delle norme di sicurezza sul lavoro contro il presidente dell’Aman, Marco Venturi si è rivolto ad un teste – il responsabile esterno della prevenzione e della sicurezza per l’azienda multi servizi – facendo osservare come solo dopo la morte dell’operaio Angelo Quadraccia – oggetto del procedimento – il piano di sicurezza dell’ente abbia dedicato spazio alle prescrizioni per l’apertura dei pozzetti. La vicenda cui si fa riferimento è infatti la tragica morte per affogamento dell’operaio amerino di 51 anni, avvenuta il 20 giugno 2009.
Ieri mattina, presente l’imputato in aula, sono sfilati gli ultimi due testimoni: il responsabile della sicurezza affidata a Cogesta e l’ingegnere direttore tecnico dell’Aman. Al centro, la formazione, le procedure prescritte per gli interventi, le attrezzature in dotazione alle squadre e la presenza o meno di eventuali mappe degli impianti per indicare con precisione i luoghi d’intervento. Tutti aspetti cruciali per far chiarezza sulla morte dell’operaio, visto che il 51enne, solo, è stato trovato morto in un pozzetto diverso da quello nel quale doveva essere fatto l’intervento e senza l’adeguata strumentazione, le “forchette” come vengono chiamate in gergo. Il procuratore Novarese per sostenere l’accusa ha fatto leva sulle difformità tra due versioni del piano della sicurezza dell’Aman, quella del 2008 prima della tragedia e quella del 2009 dopo la tragedia. Nella seconda, a differenza della prima, sarebbero specificate le modalità di intervento sui pozzetti, gli interventi da non fare singolarmente e figurano anche le foto delle chiavi (le forchette, appunto) da utilizzare per l’apertura dei chiusini.
I testimoni hanno affermato sostanzialmente che le strumentazioni così come le indicazioni di evitare gli interventi singoli c’erano già da prima dell’incidente di cui sostanzialmente l’azienda non ha a tutt’oggi compreso la dinamica. “Non so che è successo” ha detto la dirigente dell’Aman sul banco dei testimoni, ribadendo che la morte di Quadraccia è stato un evento traumatico per tutta l’azienda. Su un fatto si è convenuto: l’Aman non ha una planimetria di tutti gli impianti che gestisce (120 siti tra pompaggi e serbatoi), anche se Quadraccia sarebbe stato in possesso di uno schizzo buttato giù da un collega nel corso di un precedente sopralluogo. Di fatto l’operaio quel sabato pomeriggio è morto affogato nel tombino sbagliato. Era uscito con la squadra per la sistemazione di un guasto, a Montecchio in località la Molinella. Doveva chiudere la saracinesca dell’acquedotto, per permettere ai colleghi che si erano separati da lui di effettuare l’intervento sulla condotta. Ma l’acqua non si è mai fermata, e quando i colleghi sono andati a verificare cosa fosse successo, l’hanno trovato esanime, col corpo a galla nel tombino.