ORVIETO – Chi ha parlato, avrebbe parlato troppo e soprattutto a sproposito: Ceccantoni è solo “un vaso di coccio che si è trovato a sua insaputa in mezzo ad altri vasi di ferro”. L’avvocato Sergio Finetti, legale difensore di Stefano Ceccantoni, l’antiquario orvietano tornato in manette martedì nell’ambito della svolta nell’inchiesta sulla Girolamini, non solo professa l’estraneità ai fatti di quello che gli atti della Procura definiscono come il “runner” ovvero il corriere che avrebbe fatto da cerniera tra gli antiquari e il gruppo che si appropriava dei volumi, ma minaccia addirittura querele. “Non ci sono prove dirette” afferma il legale, secondo il quale si è arrivati al nuovo arresto sulla base di “dichiarazioni indizianti rilasciate per eccesso di spirito collaborativo”. Ma, avverte l’avvocato, senza fare il nome di De Caro o di altri: “Non si dimentichi che le chiamate in correità portano spesso anche alle querele per calunnia”. Per Ceccantoni che si trova attualmente nel carcere di Secondigliano, rispetto all’arresto di luglio, con la svolta nelle indagini, è cambiato il reato: dal peculato all’associazione a delinquere finalizzata al peculato. Il suo legale grida allo scandalo anche per la pubblicazione dei verbali del primo arresto, perché sarebbero state estrapolate delle dichiarazioni in maniera “del tutto fuorviante” sui viaggi fatti da Ceccantoni. In ogni caso, per la giornata di oggi è previsto l’interrogatorio di garanzia.