ORVIETO – L’odissea dei pendolari del mese di dicembre è culminata ieri mattina con l’ IC 592 delle 7,30 del mattino che è arrivato a Roma con due ore e mezza di ritardo: esplode la rabbia dei pendolari. Le cronache di viaggio di queste ultime settimane dei lavoratori costretti a viaggiare da e per la Capitale sono costellate da giornalieri ritardi non annunciati e gravi disagi, ma ieri la situazione ha raggiunto l’apice.
L’Intercity 592 che parte da Orvieto alle 7,30 e che raccoglie centinaia di pendolari da Chiusi e da Orvieto è arrivato con venti minuti di ritardo, annunciati come spesso accade di 5 minuti in 5 minuti. “Sarà di nuovo a causa del gelo” pensano i pendolari in attesa sul binario, oramai abituati a scambi che non funzionano e porte che non si aprono. Il treno dovrebbe percorrere la Direttissima, invece, esce a Orte e viene instradato sulla Lenta.
“Nessuno ci informa – riferiscono i pendolari del comitato Roma – Firenze – Telefoniamo ad altri pendolari che si trovano su treni precedenti. Purtroppo ci dicono che i loro treni sono stati convogliati sulla linea lenta con ritardi di circa due ore. Arriva l’avviso del controllore: “Ci scusiamo ma il treno dovrà percorrere la linea lenta e porterà un ritardo stimato in due ore”. Informalmente, si dice di un problema a un deviatoio, non si sa se alla stazione di Termini o a Tiburtina. Di fatto, però, sulla Direttissima i treni hanno già ripreso a viaggiare a grande velocità, come constateranno i passeggeri stessi dell’Ic, costretti ad una nuova fermata dopo Orte, in un punto dove si scorge la linea direttissima. Risultato i pendolari ieri sono arrivati a Roma Termini alle 10,50. Sul posto di lavoro dopo le 11, con ore di permesso andate in fumo. E una sensazione che ormai è diventata una costante, quella di sentirsi “ingannati, sequestrati, truffati”.
“Siamo pendolari disperati – protesta Monica Tommasi – non abbiamo diritto a nulla, né al posto né ad un servizio solo lontanamente decente. Paghiamo salati abbonamenti per treni che della decenza non hanno nemmeno il ricordo. Porte che non si aprono, stracolmi e soprattutto perennemente in ritardo. Però i Freccia Rossa hanno sempre la precedenza. Noi rimaniamo in fila come scatole di pomodori, senza nessun diritto nemmeno di sapere che cosa succede, nemmeno il diritto di andare a lavoro”.