ORVIETO – Il preallarme c’è stato. Negli stessi minuti in cui la protezione civile di Orvieto, con il Paglia a sette metri, provvedeva a chiudere il ponte dell’Adunata, nella casella postale certificata del Comune di Orvieto arrivava una mail di preallarme del Centro funzionale di Foligno. Erano le 5,03 di lunedì 12 novembre. La mail sarebbe stata letta in Comune tre ore dopo, alle 8,30, dopo l’apertura degli uffici. L’esondazione si è verificata alle 7 con il picco massimo del Paglia a 9,86 metri. Ma può un preallarme essere comunicato via mail, senza essere seguito da una telefonata o comunque senza la certezza di un riscontro? Di tutte le cose che non hanno funzionato contribuendo al disastro dello scorso 12 novembre questa è certamente una tra le più clamorose. Al di là delle cartografie, delle previsioni di allerta sbagliate e del mancato coordinamento tra le regioni, c’è stato un difetto di comunicazione che si è sommato alla “frammentazione delle competenze e alla disgregazione dell’organizzazione” come ha indicato chiaramente l’assessore alla Protezione civile del Comune di Orvieto, Claudio Margottini.
Ieri l’amministrazione, mentre sul territorio si fronteggiava una seconda ondata di maltempo, ha fatto il punto sull’alluvione di diciotto giorni fa. Ottantotto aziende colpite per 25 milioni di euro di danni diretti, 120 appartamenti alluvionati per 2,4 milioni di euro, 130 auto private finite sott’acqua per 1,6 milioni, danni alla rete viaria provinciale per 21 milioni e alle infrastrutture a rete per 1,8 milioni. Un totale di 51,8 milioni di euro, senza contare i 250 milioni di euro per le opere di difesa idraulica sui quali si sta discutendo a Roma.
Come si è arrivati a tutto questo? E’ vero ha piovuto. E tanto. In 36 ore, nel bacino del Paglia sono scesi tra i 300 e i 350 millimetri d’acqua, un terzo della pioggia che scende mediamente in un anno su questo territorio. Ma al disastro, come indicato chiaramente dall’assessore Margottini, ha contribuito in maniera determinante una lunga serie di fattori. A partire dalla “superficialità nella programmazione urbanistica degli anni ’60 e ’70”. Per continuare con le cartografie, datate 2006, dell’Autorità di bacino del Tevere che non davano per esondabili le zone invece esondate. E ancora, il piano di protezione civile che, sulla base delle cartografia, ad esempio, individuava come aree di ammassamento il parcheggio di piazza della Pace, travolto poi dalla piena. E non ultima la comunicazione e il raccordo tra tutti gli enti, regionali e non.
Cosa fare quindi a questo punto per migliorare il sistema e scongiurare nuovi disastri?
Il Comune di Orvieto si sta muovendo. Ha chiesto all’Autorità di bacino l’aggiornamento delle carte, ha preso contatti con il politecnico di Milano per l’aggiornamento del piano di protezione civile, riconosce la necessità di migliorare la comunicazione e la messa a sistema di tutte le autorità preposte e, non ultimo, intende affrontare il problema centrale: “le linee di sviluppo urbanistico territoriale”. “Se non si riparte da qui – ha sottolineato Margottini – avremo solo perso tempo”. Intanto, la nuova ondata di maltempo continua.
Ieri alle 14 è stata aperta la diga di Corbara. Non dovrebbe chiudere prima di domenica, ma molto dipenderà dalle precipitazioni. Il fiume Paglia alle 17 era a 3,75 metri in crescita. Non sono previsti miglioramenti di rilievo, anche se l’allerta per la giornata di oggi scende da elevata a moderata.