ORVIETO – Esclusa l’accidentalità. Il medico legale lascia poco spazio a dubbi sulla natura della coltellata al cuore che, una settimana fa esatta, ha ucciso Liridon Seljmani, macedone di ventuno anni. Per il professor Mauro Bacci che ha eseguito l’esame autoptico nella giornata di mercoledì la direzione e la forza con cui è stato inferto il colpo non sarebbero compatibili con una ferita accidentale. Allo stato degli atti, crolla dunque la versione del fratello, Shpend Seljmani, 24 anni, in carcere da venerdì sera con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Secondo le risultanze mediche che saranno comunque disponibili integralmente soltanto tra sessanta giorni, la vittima non può essersi procurata da sola quella ferita sotto l’ascella sinistra che l’ha condotta alla morte in pochi minuti senza grosse perdite di sangue.
Ne consegue che non sta in piedi, secondo le ricostruzioni fin qui agli atti, il racconto disperato fornito dal fratello maggiore nell’immediatezza dei fatti. Il ventiquattrenne, di fronte agli agenti e al magistrato intervenuto sul posto venerdì sera intorno alle 20,45, avrebbe spiegato le circostanze ammettendo la lite (che non poteva negare per i segni evidenti riportati da entrambi) ma affermando anche che la ferita al petto Liridon se la sarebbe procurata da solo cadendo con il coltello in mano. Ora con l’autopsia si aggiunge un altro tassello che conferma l’impianto accusatorio. Si riducono i margini per il presunto fratricida per continuare a sostenere la propria versione. Anche se Shpend Seljmani, affranto fisicamente e psicologicamente, ancor più dopo una settimana di carcere, non sembra dar cenni di voler uscire dal muro di silenzio dietro al quale si è trincerato. La tragedia familiare si è consumata venerdì sera attorno alle 20,30. Al quarto piano della palazzina in via delle Robinie nel quartiere di Ciconia, tra i due fratelli scoppia una lite violenta per soldi, mentre il padre, atteso il tramonto nel rispetto del ramadan, è in cucina a preparare la cena. I due se le danno di santa ragione. Liridon, 21 anni, unico in casa a lavorare stabilmente, è stanco di dover mantenere tutti. Soprattutto quel fratello maggiore che non lavorava, se non saltuariamente come manovale. Ma che pretendeva. Anche perché a lui i soldi piacevano. Piacevano e gli servivano, non da ultimo per mantenere qualche vizio. Le forze dell’ordine pare gli avessero messo gli occhi addosso anche per alcuni furtarelli commessi in zona.
La colluttazione, avvenuta in due riprese tra la cucina e il soggiorno finisce con l’estrazione di un coltello a farfalla che Sphend con un colpo secco avrebbe conficcato sotto l’ascella del fratello. Il ragazzo muore in pochi minuti, sotto gli occhi del padre che avrebbe detto di essersi accorto troppo tardi della gravità di quanto stava avvenendo.
Da ieri, intanto, c’è il nulla osta del magistrato per la salma. I familiari stanno provvedendo ad organizzare le esequie complicate, dal punto di vista economico e logistico, per l’intenzione di riportare in patria il corpo del giovane Liridon. Già, la Macedonia. Quel viaggio maledetto all’origine delle lite violenta tra fratelli, Liridon lo farà. Ma non per riabbracciare la madre, la sorella o il nipotino bensì per trovare pace e sepoltura alla fine di una vita troppo breve.
(La foto in home è di repertorio)